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·8 Mei 2025

La nuova Champions League è meglio della Superlega

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Sì, alla fine Čeferin ha trovato la formula ideale per contrattaccare i promotori della Superlega e rinnovare la UEFA Champions League senza tradirne spettacolo e prestigio. E può soltanto migliorare. Era normale che un cambiamento di sistema risultasse difficile da processare. Ma oggi, a competizione quasi conclusa, possiamo sbilanciarci e dire che, probabilmente, non avremo bisogno di alcuna Superlega.

Il girone unico, oltre ad averci permesso di assistere a un elevato numero di big match, ha eliminato la prevedibilità dei gironi, incrementato l’importanza di ogni partita e democratizzato le possibilità di proseguire. Se alcune big come City e Real Madrid sono state costrette a giocarsi la qualificazione ai playoff, è perché il margine di errore si assottiglia di gara in gara, specialmente se la partenza non è delle migliori. Non basta più arrivare a 10 punti per assicurarsi la testa del girone e un sorteggio potenzialmente favorevole: è una guerra di logoramento spietata che fomenta anche il coraggio dei club di terza e quarta fascia. Certo, ci sono stati – come sempre – incontri senza storia (i.e., il 9 a 2 tra Bayern e Dinamo Zagabria), ma eliminare la ridondanza ha garantito maggiori opportunità: basti pensare ai percorsi di Lille e Aston Villa. Il nuovo format ha donato un’atmosfera continentale a un torneo che, ora, sembra più un campionato. Il focus di squadre e tifoserie non è soltanto il proprio gruppo (o quello dei connazionali), ma è ben più olistico.


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Non è tutto rose e fiori, ovviamente. La nuova Champions ha infoltito un calendario già di per sé fitto, aggiungendo due (potenzialmente quattro) partite. Fa bene alle casse e ai telespettatori; non alle condizioni fisiche degli atleti. Otto partite sicure, poi, non restituiscono il senso di urgenza e la necessità di fare punti, ed è difficile valutare i potenziali progressi della propria squadra verso le fasi a eliminazione diretta, almeno inizialmente. Per questo, sarebbe forse utile una migliore distribuzione dei big match, che rischiano altrimenti di perdere quella loro tipica aura di importanza. Magari riservando anche all’ultima giornata la sua dose di partite clou.

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