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·11 settembre 2025

Agostinelli: «La mia è una tragedia che vivrà per sempre. Sul mio periodo alla Lazio…»

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Andrea Agostinelli si racconta: tra dolore personale e i ricordi alla Lazio

In una toccante intervista concessa al Corriere della Sera, Andrea Agostinelli, ex centrocampista e allenatore, ha ripercorso momenti intensi della sua vita privata e professionale. Dalla drammatica perdita del figlio all’esperienza vissuta nello spogliatoio della Lazio, Agostinelli ha aperto il cuore, mostrando il lato più umano e fragile di chi ha vissuto il calcio non solo come sport, ma come parte profonda della propria esistenza.

Il dolore della perdita e il peso dei rimpianti

«Quando vivi una tragedia simile, per metà muori anche tu», ha detto Agostinelli, riferendosi alla morte del figlio a soli 33 anni. «Non ti risollevi più». L’ex allenatore ha raccontato che tutto ebbe inizio nel 2003, quando allenava il Napoli, e suo figlio cominciò a fare uso di sostanze. «A casa nostra non era mai entrata nemmeno una sigaretta», ha spiegato, sottolineando lo shock per un dramma così inaspettato. Il rimorso lo accompagna ancora oggi: «Più volte mi sono chiesto cosa sarebbe successo se non lo avessi lasciato solo quel giorno. Dovevamo trasferirci a Pistoia, avevamo appuntamento con un’agenzia immobiliare… Ora fatico a tornarci».


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Lazio, lo spogliatoio più folle della sua carriera

Nonostante il dolore personale, Agostinelli ha voluto anche condividere ricordi più leggeri, legati alla sua lunga carriera nel calcio. In particolare, ha descritto con ironia e affetto l’ambiente vissuto durante gli anni alla Lazio: «Una vera gabbia di matti», ha raccontato sorridendo. «Mai un giorno normale, c’era sempre qualcosa di assurdo».

Un aneddoto emblematico riguarda una trasferta in pullman con i compagni biancocelesti: «Alcuni iniziarono a caricare delle armi giocattolo e a sparare in aria. Mi chiesi: “Ma dove stiamo andando, in guerra?”». Guardando fuori dal finestrino, Agostinelli vide un piccolo aereo che sorvolava il bus: «Era Gigi Martini, che oltre a essere un calciatore, era anche pilota. Quello era lo spirito della Lazio: folle, ma unico».

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