Balotelli: «In finale di Champions nel 2010 avrei segnato quasi sicuramente. Mou mi lasciò in panchina» | OneFootball

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·10 dicembre 2025

Balotelli: «In finale di Champions nel 2010 avrei segnato quasi sicuramente. Mou mi lasciò in panchina»

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Mario Balotelli, attaccante attualmente svincolato, è il protagonista dell’intervista esclusiva per Prime Video, condotta da Clarence Seedorf, che come lui ha vestito le maglie sia dell’Inter che del Milan e che ha allenato lo stesso Balotelli nella sua avventura sulla panchina rossonera. Una lunga chiacchierata in cui l’attaccante classe 1990 ha ripercorso la sua carriera e posto nuovi obiettivi per il suo futuro da calciatore.

«Mi sto allenando con una squadra locale – ha esordito Balotelli –. Mi aspettavo di giocare ancora in Serie A, ma dato che sono in attesa da un po’ troppo tempo, da gennaio valuterò offerte anche da squadre straniere e sceglierò la migliore. Non sarà il mondo del calcio a farmi smettere. Smetterò quando sarò io a volerlo fare. Il Mondiale? Devo essere oggettivo, non è possibile. Ma è il mio sogno, sempre: giocherei i Mondiali anche se mi convocassero a 50 anni. Non guardo molto calcio. Quando mi capita di guardare una partita, vedo che il calcio è cambiato. I giocatori oggi sono molto fisici, corrono tanto… Penso che si sia persa un po’ di qualità. Io naturalmente corro ancora, e penso di avere comunque più qualità rispetto alla maggior parte dei giocatori che vedo oggi».


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Sul Triplete conquistato con l’Inter: «Tutto funzionava alla perfezione quell’anno. Non era solo una questione di qualità, ma di fiducia reciproca verso i compagni, è uno spirito che puoi arrivare a raggiungere solo se anche fuori dal campo sei amico con gli altri. La finale di Madrid purtroppo Mourinho non mi ha fatto partire titolare. Ero un po’ arrabbiato perché, durante la settimana in cui ci siamo allenati a Madrid, ha provato me, Eto’o e Milito. Poi due giorni prima della partita ha cambiato decisione. Io sono sicuro, non proprio sicuro al 100%, ma diciamo al 98% che avrei segnato. Ma non mi importa, alla fine abbiamo vinto e questa è la cosa più importante. Ha preso la decisione giusta per la squadra».

«Ho capito che quando fisso un obiettivo a breve termine, non commetto errori – analizza Balotelli –. Quando ne fisso uno di lungo termine mi perdo un po’ per strada. È successo tante volte durante la mia carriera che giocassi due, tre partite, in cui segnavo e giocavo bene e poi nella quarta ti chiedevi: “Ma Mario sta giocando?” In realtà dentro di me avevo la stessa voglia di segnare, di giocare bene, ma non ci riuscivo. C’era la pausa Nazionale e pensavo: “Prima della pausa devo segnare questi goal, voglio giocare queste partite”. Ma questo diventava un obiettivo di lungo termine, forse avrei dovuto ragionare di più settimana per settimana. Quando l’ho fatto, non ricordo una sola partita in cui ho giocato male. Se solo avessi mantenuto lo stesso livello, sicuramente avrei avuto più presenze in Nazionale e sicuramente avrei segnato più gol».

Balotelli arriva in prima squadra all’Inter direttamente dalla Primavera: «Mi viene in mente il primo allenamento al Genoa vado in infermeria perché dovevo parlare per la prima volta col dottore e c’erano quattro o cinque lettini, di cui tre occupati da giocatori giovani. E ho pensato: “Non sapete quanto siete fortunati a stare lì”. Ho esordito per la prima volta a 16 anni e penso di aver ricevuto il primo massaggio a 20. Anche quando mi sono infortunato o mi sono operato non mi facevano i massaggi. Dovevo andare in orari diversi rispetto a Materazzi o Ibrahimovic, non mi permettevano di farli quando c’erano loro. Forse così era un po’ troppo, ma col mio carattere l’ho sempre presa bene.  Mi dicevo: “Ok, hanno ragione sono forte, non mi servono».

Sul confronto Serie A e la Premier League, vinta da Balotelli con la maglia del Manchester City: «La Serie A è più tattica, il campionato inglese più fisico e le azioni sono più veloci, se sai come si fa gol, in Inghilterra segni tanto. La differenza più grande sta nei metodi di allenamento. Spazi ridotti, rapidità, intensità. In Italia anche, ma magari a volte fai solo tattica, guardi filmati lunghissimi. Al City ci allenavamo un’ora, cinquanta minuti ma io venivo dall’Inter. Ricordo che al primo allenamento mi veniva da vomitare. Perché non c’era un secondo di tecnica, tutti facevano scivolate, correvano senza sosta. Neanche una pausa per bere, non hai il tempo materiale. Se ti fermi devi subito ricominciare. Era tutto così veloce».

«Non penso ci siano stati allenatori che non hanno provato a spingermi, ma penso che specialmente quando ero giovane, la maggior parte delle volte lo abbiano fatto nel modo sbagliato – conclude Balotelli –. Si pensa sempre al calciatore, ma spesso ci si scorda che c’è anche un lato umano. Se arrivi a conoscere la persona, forse riesci a spingere meglio il calciatore. Ed è una cosa che mi è successa con Clarence Seedorf, perché ha rispettato innanzitutto il mio lato umano. Posso dire la stessa cosa di Lucien Favre a Nizza, Vincenzo Montella e Roberto Mancini».

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