Calcionews24
·19 agosto 2025
Bergomi: «Trap mi voleva alla Juve. Zoff convinse Bearzot. Per Radice ho pianto, grande stima per Simoni. Matthäus un leader unico, mi disse “Ora segno io” e lo fece»

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·19 agosto 2025
“Ragazzo, scaldati”. Con queste due parole, a 18 anni, è iniziata la sua leggenda. Beppe Bergomi non è stato solo un calciatore, ma un pezzo di storia del calcio italiano, un’icona che ha attraversato vent’anni di Inter e ha alzato al cielo una Coppa del Mondo quando era ancora un ragazzino con i baffi. “Lo Zio” è una delle ultime, vere bandiere, un uomo la cui serietà e il cui carisma lo hanno reso un punto di riferimento per generazioni. Oggi, da apprezzato e lucidissimo opinionista di Sky, continua a raccontare il calcio con la competenza di chi lo ha vissuto da protagonista assoluto. Su La Gazzetta dello Sport, Bergomi apre l’album dei suoi ricordi, un viaggio che parte dai campetti dell’oratorio e arriva alla notte magica del Bernabéu, passando per i maestri che lo hanno formato, i campioni con cui ha giocato e quel legame indissolubile con l’Inter, la sua unica, grande famiglia.
DINO È ZOFF, IL CAPITANO – «Aveva 40 anni, io 18. Non gli davo del lei, ma era un leader, bastavano due parole. Nelle prime partitelle mi disse subito: “Non stare sulla linea, vai a marcare in area”. Credo che Zoff sia dietro anche al resto del mio Mondiale. Dopo il Brasile pensavo di giocare, ma Bearzot mi fa: “Con la Polonia sei in panchina, hanno una punta sola”. Lo ringrazio, si figuri mister, sono già contento, gli dico. Passa Zoff: “Beppe, i rinvii lunghi domani li fai tu, ho un dolorino”. Io? Ma se non gioco? Alla riunione tecnica sono in formazione… Bearzot si confrontava sempre con Dino».
I SUOI ALLENATORI – «Radice è l’unico per cui ho pianto quando scoprii che sarebbe andato via. Con Trap i cinque anni più belli all’Inter. Grande motivatore. Arriva e mi fa: “Beppe, ora basta andare con il culo per terra”. Mi voleva alla Juve. Avevo vent’anni, prima di un Juve-Inter entro a riscaldarmi, mi incrocia e fa: “Verresti alla Juve?”. E io: “Veramente sto bene all’Inter…”. Lui: “Fai bene, Beppe”. Aveva capito».
ORRICO, BAGNOLI E SIMONI – «Con Orrico eravamo pronti ad accettare il cambiamento: non riuscimmo. Bagnoli faceva il calcio di oggi nel ’92, difesa a tre pura. Mi volevano Roma e Lazio: “Ma ti dove voeuri andà?”. Simoni arrivò che avevo 35 anni, indicò il campo e disse: “Siete tutti uguali. Chi merita gioca”. Riconquistai la Nazionale, gli sarò sempre grato, è nel mio cuore».
I PIÙ FORTI CON CUI HA GIOCATO? – «Ronaldo aveva tecnica in velocità senza eguali. Matthäus un leader unico. Perdiamo 1-0 dopo il primo tempo, ho la testa tra le mani: “Ehi, che c’è? Ora segno io. Segnò”. Non studiava il calendario: “Dove siamo domenica? Ah, a Lecce? Vinciamo!”. Finì 3-0»