Lazionews24
·7 novembre 2024
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Intervenuto ai microfoni del portale portoghese zerozero.pt, Bruno Jordao, attuale giocatore del Radomiak Radom in Polonia, ha parlato così della sua esperienza alla Lazio:
PAROLE – «Il mio trasferimento alla Lazio è stata una pietra miliare, sia nella mia vita professionale che in quella personale. Come si dice: era uno di quei treni che passano una volta sola. Non potevo dire di no. Al Braga stavo bene, il club stava crescendo molto, ero già alle porte della prima squadra e avevo anche un buono stipendio, ma non potevo rifiutare. Non mi aspettavo la chiamata della Lazio. All’epoca mi ricordo che mi stavo allenando con la Nazionale e che mi arrivò un messaggio dal mio manager che mi diceva di chiamarlo dopo l’allenamento. Ero ansioso, naturalmente, perché eravamo nella fase finale del mercato. La proposta riguardava la Lazio. Mi ha fatto vedere il contratto e le condizioni, è stato uno shock. Era tutto nuovo per me, dovevo cambiare paese, realtà, tipo di calcio e dovevo dare una risposta praticamente sul momento. Ma è stato facile decidere. Mio padre non era molto d’accordo, ma io ho colto l’opportunità e non me ne pento.
Del mio arrivo in coppia con Pedro Neto se ne è parlato a lungo, soprattutto perché si trattava di cifre alte. Pedro Neto mi aiutato tanto ad adattarmi lì alla Lazio: a Braga abbiamo creato un legame molto forte, ha persino vissuto a casa mia durante il precampionato. Eravamo quasi sempre insieme. Non ho rimpianti sulla mia scelta di andare a Roma. Forse non è stata la scelta migliore dal punto di vista sportivo/professionale, perché in questi due anni né io né Pedro Neto abbiamo avuto molto tempo per giocare, ma la verità è che un giocatore cresce con l’esperienza, con i minuti, con gli errori e noi non abbiamo avuto molte di queste opportunità. Ma considero questi anni come anni di apprendimento e di crescita. Ho lavorato con alcuni giocatori di livello mondiale, come Lucas Leiva, Immobile, Felipe Anderson, Nani, ecc. Tutti ci hanno trattato molto bene in squadra ed è stato davvero importante, almeno per me, ovviamente.
I tifosi della Lazio sono pazzi, completamente malati (ride, ndr.). Vivono la squadra in modo incredibile. Il derby di Roma, per esempio, è impressionante: 80.000 persone allo stadio che cantano, è davvero uno spettacolo bellissimo da vedere. Ho vissuto ambienti pazzeschi in Inghilterra, ma non nessuno si è mai avvicinato al livello della Lazio. Nel primo anno le strutture erano un po’ vecchie, ma poi hanno ristrutturato e rinnovato quasi tutto. Oggi è impeccabile. Gli spazi sono gli stessi, ma con un tocco più moderno. Ovviamente, quando sono arrivato alla Lazio non mi aspettavo di giocare subito: nella mia testa pensavo a lavorare tanto per avere delle opportunità. Ci sono state fasi molto complicate, come non giocare e finire in Primavera. Sentivo, dentro di me, che ero pronto almeno per fare qualche minuto piano piano. Lo staff tecnico mi aveva dato anche segnali molto positivi. È arrivato un periodo però in cui la mia voglia di allenarsi, a volte, era davvero poca. Anche Pedro Neto non ha avuto molte opportunità e poteva giocare benissimo in Italia: era veloce, esplosivo… E se avessi avuto anch’io qualche occasione, sicuramente il percorso sarebbe stato diverso. Sia io che lui abbiamo dimostrato di essere preparati, ma nemmeno in coppa ci sono stati dati molti minuti. Non sono mai stato uno che parlava con gli allenatori e, quindi, non ho mai chiesto spiegazioni. Faceva parte della mia crescita».
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