Campedelli racconta: «L’Inter è la squadra che ho sempre tifato. Per un periodo ho smesso di seguirla perché» | OneFootball

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·12 dicembre 2025

Campedelli racconta: «L’Inter è la squadra che ho sempre tifato. Per un periodo ho smesso di seguirla perché»

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Campedelli, tra passione, dolore e battaglie personali: il racconto dell’ex presidente ripercorre il miracolo sportivo del Chievo Verona

La storia del Chievo è una delle più affascinanti e controverse del calcio italiano recente, e porta inevitabilmente il nome di Luca Campedelli, ex presidente e imprenditore veronese. La squadra della sua famiglia, capace di trasformarsi da realtà di quartiere a simbolo di un autentico miracolo sportivo, è poi scomparsa nel giro di pochi mesi, lasciando dietro di sé interrogativi, polemiche e ferite ancora aperte.

Campedelli ha scelto di raccontare la propria verità nel libro «Chievo, un delitto perfetto», nel quale ripercorre le tappe dell’ascesa e del crollo del club, denunciando quelle che ritiene gravi ingiustizie subite dentro e fuori dal campo. Un racconto intimo e duro, che va oltre il calcio e tocca la sfera personale: l’ex presidente non nasconde il peso psicologico vissuto negli anni più bui, arrivando a confessare di essere stato vicino al suicidio.


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Nell’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport, Campedelli spiega come, nonostante tutto, il legame con il Chievo non si sia mai spezzato. Il sogno, oggi, resta quello di poter un giorno ridare vita a quel progetto sportivo che ha fatto innamorare un’intera città e segnato un’epoca del calcio italiano. Un’idea che convive con il dolore, ma anche con la determinazione di chi non vuole cancellare la propria storia. Inoltre, il businessman racconta del suo amore per l’Inter, squadra per cui ha sempre tifato.

IL LIBRO OGGI – «Perché era giusto ristabilire la verità dopo tante falsità. Lo dovevo a mio padre, senza cui il Chievo non sarebbe mai esistito, alla mia famiglia, a me stesso e alla storia del club».

IL MOMENTO PIU’ DURO«Novembre 2021, quando ho tentato il suicidio. Mi sentivo un peso, con addosso tutte le colpe del mondo. Non vedevo vie d’uscita. Avevo perso ogni briciolo di speranza, ora un po’ l’ho ritrovata. Il calcio è la mia vita, ma adesso preferisco quello dilettantistico, non inquinato dalla tecnologia. Sono stato solo qualche volta a vedere il Monza. Ho smesso anche di seguire l’Inter, squadra per la quale tifavo: da quando non c’è più Moratti ha perso la magia. Lui è stato uno dei pochi, insieme a Preziosi, a starmi vicino. È stato un colpo duro da assorbire, a cui si è aggiunto il fallimento della Paluani. Ma non è stato il pallone a mangiarsi il panettone: dal 2008 l’azienda di famiglia non metteva più soldi nella società. Le due cose sono assolutamente scollegate».

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