Calcio e Finanza
·7 novembre 2025
Carey (Goldman Sachs): «La Serie A ha grandi potenzialità, ma i ritardi infrastrutturali limitano la crescita»

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·7 novembre 2025

«Ogni progetto è unico, e ogni progetto è locale». Ha esordito così Greg Carey, Co-Head of Sports Franchise di Goldman Sachs, intervenuto durante il Football Business Forum organizzato da SDA Bocconi. «Il primo elemento fondamentale è il coinvolgimento delle autorità municipali. Ogni progetto di stadio moderno è, in qualche forma, una public-private partnership: la collaborazione con il Comune è la prima pietra su cui costruire tutto il resto. Senza il sostegno politico e amministrativo – per quanto riguarda accessi, trasporti e servizi – è impossibile creare valore duraturo». Carey ha ricordato di aver lavorato per anni su progetti complessi in Italia, come quello dello stadio della Roma, «passando attraverso nuove leggi e trattative con diversi attori privati». Ma la chiave, ha ribadito, resta sempre la stessa: «Serve che il Comune creda nel progetto e lo accompagni».
Carey ha sottolineato come oggi, in tutti i progetti a cui Goldman Sachs partecipa, la parte più importante non sia più solo lo stadio in sé, ma lo sviluppo immobiliare e commerciale circostante: «In ogni progetto moderno, il valore si genera attraverso il distretto che si crea intorno all’arena. Guardate a Barcellona: il Camp Nou, solo con i tour e il museo, genera circa 75 milioni di euro l’anno, accogliendo oltre tre milioni di visitatori. Eppure, per anni, quel museo era poco più che una sala trofei. Oggi invece è un’esperienza completa, capace di creare un flusso continuo di pubblico anche fuori dalle partite».
Da qui la lezione per l’Italia: «A San Siro, ad esempio, tutti i food truck sono all’esterno e i club non guadagnano nulla da loro. E non c’è neanche una cucina all’interno dello stadio. È una perdita di valore diretta. Gli stadi di nuova generazione – quello che chiamiamo Stadium 3.0 – devono essere concepiti come piattaforme economiche permanenti, capaci di generare ricavi 365 giorni l’anno».
L’Italia e la Serie A, ha aggiunto, «ha enormi potenzialità, ma soffre per la mancanza di investimenti strutturali. Vent’anni fa la Serie A era il campionato più importante al mondo. Oggi sconta ritardi infrastrutturali e burocratici che ne limitano la crescita. Il capitale attrae capitale: se non si investe negli stadi, i club non potranno mai competere alla pari con Premier League o Liga».
Carey ha anche accennato al difficile equilibrio tra tifosi e sostenibilità economica: «In Europa i tifosi si sentono proprietari del club, ma in realtà non lo sono. Ogni volta che si alzano i prezzi dei biglietti, come accaduto a Liverpool, scattano proteste. Tuttavia, bisogna capire che l’80% dei ricavi di uno stadio deriva dal 20% dei posti, cioè dalle aree premium, dagli skybox e dai servizi. È lì che si gioca la sostenibilità finanziaria del sistema».
Nel corso del panel sugli stadi, è intervenuto anche il presidente del Milan, Paolo Scaroni, che ha raccontato il lungo percorso che ha portato al nuovo progetto di stadio condiviso con l’Inter: «È stato un cammino lungo, ma i grandi risultati richiedono tempo. All’inizio la resistenza maggiore veniva dai tifosi: l’attaccamento al vecchio San Siro era comprensibile. Ma oggi tutti hanno capito che serve un impianto moderno e sostenibile».
Scaroni ha spiegato che il nuovo stadio, progettato dallo studio Manica con l’architetto Norman Foster, sarà operativo entro il 2030 e concepito come un polo vivo 365 giorni all’anno, con ristoranti, hotel, attività commerciali e spazi per eventi. «Milano è una capitale del calcio europeo e merita un’infrastruttura all’altezza — ha affermato —. San Siro è iconico, ma non più adeguato agli standard europei. Il nuovo impianto sarà la nostra Wembley italiana».
Un tema su cui si è espresso anche il presidente dell’Inter, Giuseppe Marotta che ha definito la firma del rogito per l’acquisizione di San Siro «un accordo storico per Milano e per il Paese». «San Siro rappresenta la storia e le emozioni del calcio, ma la modernità imponeva un cambiamento. Questa firma è un primo passo, non la prima pietra», ha spiegato.
Marotta ha poi evidenziato la necessità di superare la lentezza burocratica: «Negli ultimi quindici anni in Italia sono stati ristrutturati solo tre stadi: siamo fanalino di coda in Europa. Non è un problema di denaro, ma di procedure e diffidenza verso la modernità. Un impianto nuovo non è solo un’esigenza per i club, ma un vantaggio per tutta la comunità».
In chiusura, Stefano Caselli, Dean della SDA Bocconi School of Management, ha rimarcato la portata globale dell’industria calcistica: «Il calcio è un fenomeno universale. Il private equity può giocare un ruolo chiave nel generare valore nel tempo, con visione e disciplina. Questo forum è l’occasione ideale per riflettere su come la gestione possa valorizzare l’impatto economico e sociale di questo sport».
Image credit: Depositphotos
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