Caso plusvalenze, decisa la data per l’udienza di Agnelli alla Corte UE contro la giustizia sportiva | OneFootball

Caso plusvalenze, decisa la data per l’udienza di Agnelli alla Corte UE contro la giustizia sportiva | OneFootball

In partnership with

Yahoo sports
Icon: Calcio e Finanza

Calcio e Finanza

·5 settembre 2025

Caso plusvalenze, decisa la data per l’udienza di Agnelli alla Corte UE contro la giustizia sportiva

Immagine dell'articolo:Caso plusvalenze, decisa la data per l’udienza di Agnelli alla Corte UE contro la giustizia sportiva

Il ricorso di Andrea Agnelli al TAR contro la squalifica per il caso plusvalenze (e contro anche il sistema della giustizia sportiva italiana) arriva alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Andrà in scena infatti il prossimo 17 settembre l’udienza per il caso promosso dall’ex presidente della Juventus, che ha chiesto in particolare di arrivare a una valutazione circa la compatibilità dell’ordinamento di giustizia sportiva italiana con la normativa UE dopo la sentenza sul caso plusvalenze, per cui era stato sanzionato con due anni di inibizione dal Tribunale FIGC.


OneFootball Video


Nel giugno 2024, infatti, il TAR del Lazio, discutendo del ricorso di Agnelli contro la squalifica, ha deciso di rivolgersi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. In particolare, il TAR ha deciso di rinviare alla Corte UE tre quesiti pregiudiziali:

  •  Se il diritto dell’Unione ed in particolare gli articoli 6 e 19 TUE, alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione (CDFUE) e [dell’articolo] 6 della CEDU, in relazione al principio della tutela giurisdizionale effettiva, vadano interpretati nel senso che ostano a che: il diritto interno di uno Stato Membro, quale quello di cui all’articolo 2 del decreto-legge 220/2003 convertito in legge 280/2003, come interpretato nel diritto vivente italiano, una volta esauriti i gradi della giustizia sportiva nazionale, escluda il ricorso a una tutela giurisdizionale che preveda il potere del giudice nazionale (nel caso di specie il giudice amministrativo) di annullamento della sanzione disciplinare sportiva e dei suoi effetti futuri, nonché di sospendere in via cautelare l’efficacia delle sanzioni medesime, così limitando il potere del giudice nazionale alla sola tutela risarcitoria per equivalente, laddove risulti che l’esercizio del potere disciplinare è stato in concreto illegittimo.
  • Se il diritto dell’Unione ed in particolare gli articoli 6 e 19 del TUE, interpretati alla luce degli articoli 47, 48 e 49 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea e 6 e 7 della CEDU devono essere interpretati nel senso che, al fine di assicurare il rispetto dei principi di legalità, di tassatività e di sufficiente determinatezza delle fattispecie incriminatrici, nonché del giusto processo, ostano a che: una normativa nazionale, quale quella di cui all’articolo 2 del decreto-legge 220/2003, convertito dalla legge n. 280/2003 come interpretata nel diritto vivente italiano – che, in applicazione del principio di autonomia dell’ordinamento sportivo come sancito dalla legge nazionale ed interpretato nel diritto vivente italiano, consenta agli organi dell’ordinamento sportivo di irrogare ad un dirigente sportivo una sanzione disciplinare a carattere inibitorio dell’attività professionale in conseguenza della violazione di una disposizione dell’ordinamento federale (articolo 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva FGCI), la quale stabilisce, con una clausola generale a carattere indeterminato, che tutti i tesserati e dirigenti sono tenuti ad osservare, oltre che lo Statuto e le altre norme federali, i principi di lealtà, correttezza e probità;
  • Se il diritto dell’Unione ed in particolare gli articoli, 45, 49 e 56, 101 e 102 del TFUE e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea vadano interpretati nel senso che ostano a che: la normativa nazionale, quale quella di cui all’articolo 2 del decreto-legge n. 220/2003, convertito dalla legge n. 280/2003, consenta l’irrogazione da parte degli organi sportivi di una sanzione disciplinare interdittiva, per effetto della quale è inibito ad un dirigente apicale di società sportiva di livello internazionale lo svolgimento dell’attività professionale per 24 mesi in ambito nazionale e sovranazionale.

In particolare, Andrea Agnelli chiedeva di annullare la sanzione di «inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA» comminatagli dalla giustizia sportiva italiana, chiedendo inoltre anche una «condanna al risarcimento e/o all’indennizzo del danno». Nel dettaglio, Agnelli, dimessosi dalla presidenza del club bianconero «per escludere in radice qualsiasi dubbio di condizionamento nella gestione da parte della società dei procedimenti contenziosi in essere legati al ruolo da lui ricoperto nella Società e che vedevano coinvolto anche il club», lamentava di essere esposto «ad un danno enorme tanto economico e professionale quanto di immagine e reputazione». Il ricorso di Agnelli puntava particolarmente sul tema delle vilolazioni per quanto riguarda l’eccesso di potere e straripamento di potere, oltre che del difetto di motivazione.

«Il ricorrente rileva con ampia motivazione il contrasto della legge nazionale e delle citate deliberazioni del giudice sportivo con i principi e le disposizioni unionali», è la posizione dei legali di Agnelli. «La situazione configurata dalla legge italiana n. 280 del 2003 – di seguito illustrata – secondo Agnelli è in contrasto con l’art. 102 TFUE in quanto il potere disciplinare conferito alla FIGC non è “collocato in un quadro di criteri sostanziali che sia trasparente, determinato e preciso”. Il dirigente sportivo ricorrente afferma che manca nella legge 280/2003, di conversione del decreto-legge n. 220 del 2003, qualsiasi riferimento ai criteri sostanziali sulla base dei quali la giustizia sportiva sia ammessa all’esercizio del potere disciplinare, laddove esso abbia l’effetto di limitare la concorrenza ai sensi dell’art. 102 TFUE». Inoltre, il «ricorrente afferma che il potere di cui si trova investita la giustizia sportiva, e quindi anche la FIGC, è un potere di fatto privo di alcuna limitazione quanto al suo oggetto e ai suoi criteri di applicazione».

In conclusione, Andrea Agnelli «afferma che gli sono state contestate condotte poste in essere in asserita violazione di regole puramente contabili e di bilancio, senza che venga in rilievo alcuna inerenza con l’attività sportiva. Le decisioni dei giudici sportivi sono secondo il dirigente sostanzialmente illegittime. La decisione di irrogare la sanzione disciplinare, in relazione a pretese violazioni di natura puramente contabile o di bilancio – assunta dalla Corte d’Appello FIGC e confermata dal Collegio di Garanzia del CONI, con le decisioni qui impugnate – è secondo il ricorrente una decisione estranea all’attività sportiva, che il giudice sportivo non aveva il potere di assumere. Pertanto va affermato il potere del giudice amministrativo di annullamento della sanzione disciplinare irrogata in quanto illegittima».

Visualizza l' imprint del creator