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·27 agosto 2025

Cassazione sul caso Astori: “La morte poteva essere evitata con adeguati esami diagnostici”

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Pubblicate le motivazioni della condanna a un anno per Giorgio Galanti, ex direttore di Medicina dello Sport dell’ospedale di Careggi, accusato di omicidio colposo per la scomparsa di Davide Astori.

Cassazione sul caso Astori: “La morte poteva essere evitata con adeguati esami diagnostici”

La Suprema Corte di Cassazione ha reso note le motivazioni che confermano la condanna a un anno di reclusione per Giorgio Galanti, ex direttore di Medicina dello Sport dell’ospedale di Careggi di Firenze, in relazione alla morte di Davide Astori, avvenuta il 4 marzo 2018. L’ex capitano della Fiorentina fu trovato senza vita nella sua camera d’albergo a Udine, poche ore prima di una partita di campionato, a causa di una fibrillazione ventricolare provocata da una cardiomiopatia aritmogena mai diagnosticata.


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«Il decesso sarebbe stato evitabile con esami adeguati»

Secondo quanto riportato nelle motivazioni, «il decesso di Davide Astori sarebbe stato evitato o, quantomeno, posticipato ad epoca significativamente successiva» se il professor Galanti «avesse prescritto gli esami necessari, consentendo una diagnosi corretta della patologia».

La Corte ha sottolineato come le aritmie riscontrate nel 2014, e nuovamente osservate nel 2016 e 2017, avrebbero dovuto spingere a ulteriori indagini: «In un atleta professionista sottoposto quotidianamente a intensi sforzi fisici, la presenza di queste extrasistolie avrebbe dovuto comportare, secondo le buone pratiche cliniche, l’esecuzione di esami approfonditi come l’Holter nelle 24 ore e la risonanza magnetica cardiaca».

Una condotta in contrasto con le linee guida

Galanti, invece, rilasciò due distinti certificati senza prescrivere ulteriori accertamenti, ritenendoli superflui. Tale comportamento, secondo la Cassazione, «si è discostato dalle linee guida vigenti all’epoca, omettendo esami diagnostici fondamentali per la sicurezza del paziente».

La sentenza evidenzia che «l’omissione, reiterata in due occasioni, ha impedito la diagnosi di una patologia potenzialmente letale in un giovane atleta professionista, con le drammatiche conseguenze note».

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