🎙️ Confessioni 😳 di Luis Alberto: “Lazio? Dopo tre mesi volevo smettere. Via anche a causa di Lotito. Su un possibile ritorno…” | OneFootball

🎙️ Confessioni 😳 di Luis Alberto: “Lazio? Dopo tre mesi volevo smettere. Via anche a causa di Lotito. Su un possibile ritorno…” | OneFootball

In partnership with

Yahoo sports
Icon: PianetaChampions

PianetaChampions

·24 dicembre 2025

🎙️ Confessioni 😳 di Luis Alberto: “Lazio? Dopo tre mesi volevo smettere. Via anche a causa di Lotito. Su un possibile ritorno…”

Immagine dell'articolo:🎙️ Confessioni 😳 di Luis Alberto: “Lazio? Dopo tre mesi volevo smettere. Via anche a causa di Lotito. Su un possibile ritorno…”

Luis Alberto, che in Italia ha incantato con la maglia della Lazio, oggi è impegnato con l’Al Duhail in Qatar. Nell’ultima intervista rilasciata, è tornato a parlare proprio dei suoi anni italiani. Offerte a Fanpage, riprendiamo le sue parole da calciomercato.com:

Trasferimento – “Ricordo che ero a Liverpool, avevamo fatto il trasloco da La Coruña, dove avevo trascorso un anno. Ero con un compagno, Alberto Moreno e a un certo punto era arrivato il camion con tutte le cose. In quel momento stavo andando in macchina a casa di un mio amico quando mi ha chiamato il procuratore. Era l’ultimo giorno di mercato o mancava un giorno, dovevamo decidere velocemente perché era una questione di 24 ore“.


OneFootball Video


Consigli dei propri cari – “Gli dissi di aspettare cinque minuti, che sarei arrivato a casa del mio amico. Parlai anche con i suoi genitori, con cui ho un bellissimo rapporto. Chiamai mia moglie, parlai con un po’ di gente e in cinque minuti decidemmo che la cosa migliore per me era andare alla Lazio e provare questa esperienza. È stata una sorpresa, anche se mi prese un po’ alla sprovvista. Ricordo poi di aver preso l’aereo e di essere arrivato a Roma da Liverpool poi a Vienna. Il primo giorno ero un po’ con la testa persa, perché era successo tutto così velocemente“.

Inizi – “In realtà ero stato presentato come esterno destro. Era tutto nuovo ed è stato tutto molto veloce. I primi quattro o cinque mesi sono stati devastanti per me, perché non capivo niente. È vero che non giocavo, ma poi è cambiato tutto, soprattutto la cosa più importante: la mia mentalità e il mio lavoro. Lì ho fatto vedere a Simone Inzaghi che dovevo giocare“.

Difficoltà – “È successo tutto così in fretta. Chiamai subito Patric perché avevo giocato con lui nel Barcellona B. È stato il primo a presentarmi a tutti. Poi è arrivato anche Lucas Biglia, che parlava la mia stessa lingua. Ricordo che ero seduto e mi disse: ‘Ma tu che c***o fai qua?’. Io risposi: ‘Non lo so neanche io in questo momento’. C’era un bel gruppo, un allenatore nuovo ma simpatico, che sapeva come portare avanti un gruppo. È stato tutto molto facile“.

Svolta – “Quell’anno ho giocato pochissimo, forse le ultime tre o quattro partite. A gennaio avevo giocato due partite in sostituzione di uno squalificato e un altro giocatore convocato in Coppa d’Africa. Ma in generale a gennaio era cambiata la mia mentalità. Ne parlavo anche l’altro giorno con Igli Tare: mi disse che quello era il giocatore che aveva preso, non quello di prima. Prima mi massacrava perché non stavo dando il 100%, ed era vero. Ho iniziato a lavorare anche con il mental coach e da quel momento ho sentito un rapporto diverso con lo staff, mi sentivo più dentro al gruppo“.

Crescita – “Poi c’è stato il ritiro ad Auronzo, quando Inzaghi mi ha detto che quello sarebbe stato il mio ruolo. Ho giocato 90 minuti la finale contro la Juventus, vinta per 3-2, per poi disputare da titolare praticamente tutto l’anno. È stato un bel campionato, con tanti goal e assist“.

Sogno scudetto nel 2020 – “Quell’anno, per mentalità e per come giocavamo, era difficile non arrivare fino alla fine per vincere lo Scudetto. Era una squadra che giocava a occhi chiusi. All’Olimpico spesso vincevamo già nel primo tempo. Per sei-sette mesi non c’era sofferenza in campo. Anche quando andavamo sotto, vincevamo al 90’, 92’, 93’. Si percepiva che in pochi secondi potevamo fare uno o due goal. In campo eravamo felici, ci divertivamo. Senza il Covid, secondo me, fino alla fine ce la saremmo giocata per lo Scudetto“.

Ambiente – “Sì, c’è gente lì dentro che non capisce di calcio e lo dirò sempre. Eravamo un gruppo sano, con un allenatore amico e un direttore sportivo che sapeva quando mettere pressione e quando no. Poi è arrivato Sarri, che è un maestro. Quando è andato via sapevo che la Lazio non sarebbe andata da nessuna parte“.

Inzaghi – “Sembrava nervoso sia in allenamento che in partita ma in realtà non era così. Capiva il calciatore perché aveva smesso da poco di esserlo. A volte devi essere un sergente di ferro, ma devi anche lasciare i giocatori sereni. Quando tutti giocano felici, si rende di più. Portarmi all’Inter? “No, mai. E non credo sarebbe stato giusto“.

Lotito – “Sì, è uno dei motivi. Ho litigato tante volte con lui. Lo conosciamo tutti, sappiamo com’è. Fortunatamente non è più il mio presidente. Non c’è nessun rapporto d’amicizia e non ci sentiamo più”.

Ritorno – “Non si sa mai. In Qatar mi volevano già l’anno prima. Dopo quella stagione in cui arrivammo secondi parlai di quell’offerta, ma Sarri mi disse di no. Gli avevo detto che sarei rimasto lì per lui. Quando però è andato via, sapevo che non aveva più senso restare, dovevo cambiare. Dopo due o tre mesi in Qatar ho trovato tranquillità. È un’altra vita e siamo felici. Penso di aver fatto la scelta giusta“.

Dubbi – “Quando volevo smettere dopo essere arrivato alla Lazio, erano trascorsi solo tre mesi. Vedevo tutto nero, ero completamente bloccato. Sono stato molto felice di aver vissuto otto anni alla Lazio. Di aver conosciuto tante persone, Simone, che devo ringraziare, e anche Sarri e Tare. Ringrazio tutta la tifoseria, la curva che mi ha sempre sostenuto e supportato. Grazie a tutte le persone che ho conosciuto fuori dal campo, con cui sono ancora in contatto che ho rivisto quando sono tornato a Roma. Per me è importante la persona, solo dopo viene il personaggio Luis Alberto“.

Visualizza l' imprint del creator