Calcio e Finanza
·22 marzo 2025
Convegno PwC-CF: perché gli stadi sono grandi opportunità ma impongono nuove competenze ai club

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·22 marzo 2025
Il processo di costruzione di nuovi stadi, quanto mai necessario e sostenuto dalla nuova riforma del governo pronta al varo, che l’Italia deve obbligatoriamente affrontare come Paese non solo per consentire ai club maggiori entrare ma anche per una questione di sicurezza pubblica (l’età media degli stadi italiani di Serie A sfiora i 70 anni) sarà sicuramente una grande opportunità per tutti gli stakeholder del sistema calcio, ma non sarà per nulla scevra di ostacoli. Le società sportive che vorranno costruire nuovi impianti dovranno necessariamente dotarsi di competenze aziendali, anche complesse e dall’alto livello tecnico, senza le quali nessun passo in avanti potrà essere compiuto. Pena il pericolo di incorrere in grosse trappole dal punto di vista economico e legale. Anche perché i nuovi impianti non solo dovranno essere sostenibili a livello economico e avvicinarsi all’impatto zero in termini ambientali, ma dovranno anche essere spunto di qualificazione (o riqualificazione) di interi quartieri urbani. Insomma se le opportunità saranno molte, non sarà però un pasto gratis, perché le tematiche legate alla costruzione di un nuovo stadio sono molto complesse.
È questo il messaggio emerso con estrema chiarezza dall’evento “Infrastrutture e Sport: una ricchezza per il Paese. Profili finanziari e legali tra rischi e opportunità” organizzato da PwC Italia, organizzazione che offre servizi professionali alle imprese in collaborazione con Calcio e Finanza in qualità di media partner. L’evento, che si è tenuto martedì 18 marzo alla Torre PwC di Milano, ha avuto il patrocino della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) e ha visto sul palco quali relatori, tra gli altri, il presidente della Lega Serie A Ezio Simonelli, i presidenti di Inter e Milan Giuseppe Marotta e Paolo Scaroni, il Facilities Management Director della Juventus (nonché Presidente dell’ESSMA – European Stadium and Safety Management Association) Francesco Gianello e il vice presidente dell’Udinese Stefano Campoccia oltre svariati manager (di FIGC e PwC), esperti legali e dirigenti di società infrastrutturali.
Nel dettaglio l’evento è iniziato con i saluti dei padroni di casa di PwC con le parole di benvenuto del partner Alessandro Grandinetti, e poi è proseguito con l’intervento di Niccolò Donna, Responsabile Centro Studi della FIGC, in rappresentanza della istituzione presieduta da Gabriele Gravina.
Per capire il quadro d’insieme numerico e gli impatti economici e sociali del tema infrastrutture sportive la palla è poi passata al Partner PwC Cristian Celoria il quale ha messo in evidenza come «lo sport nel nostro Paese ha generato un valore aggiunto di quasi 25 miliardi di euro nel 2022, con un contributo al PIL pari all’1,4%. Inoltre oltre 400mila persone lavorano stabilmente nel settore». In questo quadro, ha proseguito Celoria, «un elemento strutturale è che oltre il 70% delle infrastrutture è di proprietà pubblica, anche se la gestione viene spesso affidata a privati e questo aspetto ha molte conseguenze, alcune delle quali rappresentano vincoli per lo sviluppo del settore».
«Le infrastrutture sportive inoltre generano impatti che vanno oltre l’aspetto economico. Un dato importante è il Social Return on Investment, cioè il ritorno sociale degli investimenti: ogni euro investito in infrastrutture sportive genera un ritorno sociale di 4,5 euro. Ciò significa che a fronte di 1,7 miliardi di investimenti, il beneficio sociale stimato è di quasi 8 miliardi. Investire in infrastrutture sportive – ha spiegato Celoria –, tuttavia non è semplice. Il settore ha subito un rallentamento a causa di diversi fattori: il gap energetico, con un fabbisogno stimato di circa 3 miliardi per la riqualificazione delle strutture; l’inflazione, che ha fatto aumentare i costi del 30%; i tassi di interesse più elevati, che hanno reso più oneroso l’accesso ai finanziamenti; e il cambiamento climatico, che ha avuto un forte impatto su alcuni sport».
«Se ci focalizziamo sugli stadi – ha proseguito –, vediamo che l’età media degli stadi di Serie A e Serie B supera i 60 anni, mentre in paesi come Inghilterra e Germania si aggira tra i 35 e i 38 anni. Negli ultimi anni, in Italia sono stati realizzati solo cinque nuovi stadi di Serie A, contro i 12 della Francia e i 13 dell’Inghilterra. La scarsa modernizzazione incide sulla competitività del sistema: stadi obsoleti comportano maggiori costi di manutenzione, minore efficienza operativa e minori ricavi. Tuttavia, dove sono stati fatti investimenti, i risultati sono evidenti: gli stadi ammodernati hanno visto aumentare l’affluenza di oltre il 50% e i ricavi di oltre il 100%. Guardando al futuro, sono stati mappati 31 nuovi progetti con investimenti potenziali per quasi 5 miliardi di euro, che vedono l’Italia seconda solo all’Inghilterra per numero di nuove infrastrutture previste. I nuovi stadi sono pensati come spazi multifunzionali, tecnologicamente avanzati e sostenibili, capaci di ospitare eventi di vario genere e di generare valore per i territori. Un esempio è il nuovo stadio del Tottenham, che ha triplicato il valore aggiunto sul quartiere e ha creato migliaia di nuovi posti di lavoro».
«Investire in infrastrutture sportive in Italia è quindi essenziale per la rigenerazione dei territori e delle comunità. Tuttavia, bisogna considerare alcune complessità strutturali, come la forte incidenza della proprietà pubblica, che impone vincoli burocratici e amministrativi, l’alto costo degli investimenti, che richiedono una combinazione di risorse pubbliche e private, e la necessità di una gestione efficiente delle strutture per massimizzarne il rendimento economico e sociale. Solo affrontando queste sfide sarà possibile rendere lo sport un volano di sviluppo per il Paese», ha concluso.
Sulla base di questi dati, il primo panel, “Gestire la complessità degli investimenti in infrastrutture sportive: una visione olistica tra quadro normativo, strumenti finanziari, permitting e processo di realizzazione e gestione degli asset” ha avuto una caratterizzazione di alto livello tecnico con la partecipazione di manager di società di ingegneria e impiantistica e avvocati di studi legali specializzati in diritti amministrativo e penale.
Nel dettaglio i relatori erano:
«In Italia il principale ostacolo resta la lentezza del processo autorizzativo. Il sistema attuale non è sostenibile, e per questo il Ministero dello Sport sta lavorando alla creazione di centri di competenza centralizzati», ha esordito il Partner di PwC Italia Riccardo Maria Togni. «L’obiettivo ora è sviluppare un know-how specifico attraverso professionisti con esperienza nella gestione di più progetti, non solo di un singolo stadio. Un approccio integrato che unisca competenze giuridico-amministrative, economiche e di analisi costi-benefici, è essenziale per garantire il successo nella realizzazione degli impianti con un impatto positivo sul territorio».
Luca Stabile, Director di Arup, ha portato il suo punto di vista sugli aspetti strutturali e non solo, lanciando anche l’idea di stadi “prefabbricati e mobili” in cui le squadre, soprattutto quelle con impianti di media dimensione potrebbero giocare nel mentre lo stadio vero e proprio ospita i lavori. «In progetti complessi come quello dello stadio di Firenze a cui ho partecipato, la partecipazione è fondamentale per facilitare il dialogo con squadre, amministrazioni e cittadini», le sue parole durante l’evento. «In Italia, gli stadi sono per lo più pubblici, quindi è essenziale anche supportare chi affronta per la prima volta progetti di questa portata anche perché la sfida di preservare il patrimonio artistico è rilevante nel nostro Paese». «In questo quadro», ha continuato Stabile, «il rinnovamento degli stadi esistenti richiede tempo e soluzioni innovative, come stadi temporanei mobili e sostenibili, possono accelerare i lavori», ha concluso.
I rischi sulla gestione e costruzione dei nuovi impianti non mancano nemmeno da un punto di vista legale. «Fare business comporta rischi, soprattutto nella costruzione di infrastrutture, dove aumenta il numero di terze parti coinvolte, come fornitori e subappaltatori – l’opinione di Armando Simbari (Founding Partner Simbari Avvocati Penalisti) –. Le società devono prestare maggiore attenzione alla loro affidabilità non solo commerciale, ma anche legale, poiché le autorità giudiziarie monitorano la conformità fiscale e previdenziale dei fornitori, imponendo responsabilità anche ai committenti. Inoltre le misure preventive sono sempre più invasive, e fenomeni come il caporalato, soprattutto nei settori ad alta manodopera, possono coinvolgere le imprese, rischiando sanzioni o commissariamenti. Le aziende quindi devono dotarsi di professionisti capaci di identificare segnali di allarme nei bilanci e nelle pratiche fiscali dei fornitori. L’aumento delle competenze interne alle società sportive è quindi fondamentale per svolgere controlli efficaci, soprattutto perché lo Stato spesso delega alle imprese il compito di monitorare la conformità alle normative. Per altro – ha proseguito Simbari –, per quanto riguarda il tema della legislazione, il nostro legislatore, anche quello penale, non brilla per chiarezza. Le società committenti di appalto hanno responsabilità specifiche e devono evitare fenomeni illeciti lungo la catena di fornitura, ma non vengono indicate le best practice da seguire».
Al centro degli aspetti legali legati alla costruzione e gestione degli stadi in Italia c’è il decreto legislativo 38 del 2021, su cui si è concentrato Enrico Lubrano (Avvocato Studio Legale Lubrano e Associati). «Il decreto riguarda la disciplina del settore sportivo, con un focus sulla realizzazione degli impianti. Le infrastrutture sportive, pur non essendo considerate “strategiche” nel diritto processuale, hanno una peculiarità che le rende fondamentali per il rapporto tra economia e società, pubblico e privato e il decreto a mio modo di vedere risponde alle esigenze del settore mirando a disciplinarlo con un corpo normativo unico e comprende sia stadi di vertice che impianti minori». Invece sulla riforma che il governo sta per varare Lubrano ha spiegato: «L’imprenditore deve capire che si tratta di un settore speciale, con ricadute sociali, e non possono esserci solo logiche imprenditoriali. Quindi l’amministrazione deve capire che l’interesse pubblico coincide con quello dell’imprenditore, se orientato in sinergia, in un equilibrio naturale nel nostro diritto amministrativo».
La seconda parte della giornata, più prettamente sportiva, è stata inaugurata dal presidente della Lega Serie A Ezio Simonelli il quale ha sottolineato l’urgenza necessaria sul fronte degli impianti. «La creazione di nuove infrastrutture è inderogabile, abbiamo due squadre a Milano che stanno provando ad avere un nuovo stadio da troppo tempo. Abbiamo bellissimi plastici che vorremmo vedere diventino reali. Che gli stadi siano obsoleti lo dicono i numeri, San Siro quello era e quello è rimasto. Siamo in una situazione che va risolta – le parole del numero uno della Serie A –. Da tutti i punti di vista è necessario snellire la procedura, il ministro Abodi ci ha promesso di fare un intervento su una commissione di commissari che avrà potere su tutte le amministrazioni locali. Se ci sono certezze nel costruire, si trovano anche gli investitori. Ma lo Stato deve fare la sua parte, quindi abbiamo chiesto creazione di un fondo per gli stadi, abbiamo dato un paio di idee da cui attingere come la percentuale sullo scommesse e un’altra che stanno valutando», ha concluso.
Il focus per Inter e Milan, invece, ha riguardato principalmente la situazione legata a San Siro, con il progetto del nuovo impianto nell’area accanto all’attuale Meazza. «Oaktree da subito si è dimostrata attenta e si è focalizzata a creare patrimonio e cogliere una opportunità di proseguire in un progetto. Si è agganciata al lavoro splendido fatto dal Milan nella persona di Paolo Scaroni. Ha ritenuto che il focus fosse quello di guardare allo stadio. Ha supportato l’attività iniziale del Milan fino alla “consacrazione” di martedì scorso con il deposito della proposta di acquisto di San Siro che delle aree limitrofe – le parole del presidente dell’Inter Giuseppe Marotta –. È veramente qualcosa di straordinario. Paolo (Scaroni, ndr) lo sta vivendo in modo più intenso rispetto a me, ma credo sia una grandissima esigenza non solo per le due squadre ma per una città come Milano».
«Abbiamo mandato il Docfap martedì scorso, il Comune dovrebbe recepirlo, partire con una procedura di assegnazione e convocare una prima conferenza dei servizi. Mi auguro avvenga presto perché abbiamo una scadenza sul vincolo e questo diventerebbe più complicato. L’intendimento è che ci compriamo lo stadio e le aree entro l’estate, quindi siamo positivi – il commento del presidente del Milan Paolo Scaroni –. Non è il momento di fare polemiche, ma ho partecipato a un gioco dell’oca: sul progetto a San Siro siamo tornati al progetto iniziale, che evidentemente non era poi così improbabile. Ci sono una serie di motivi, di cui abbiamo parlato già nel recente passato, ma visto che ci troviamo di fronte a una platea che si occupa principalmente di business vi dico che tra di essi c’è sicuramente anche l’aspetto finanziario: così i conti tornano».
Il tema infrastrutturale è da sempre caro anche alla Juventus, che dopo la realizzazione dell’Allianz Stadium ora guarda al futuro, ma senza ampliamento: «Non stiamo lavorando per ampliare la capienza dello stadio, ma stiamo ragionando sull’evoluzione di uno stadio di nuova generazione. Gli stadi di una generazione precedente non sono cambiati per decine di anni, quelli di nuova generazione dovranno essere necessariamente aggiornati perché cambia il pubblico – ha spiegato il Facilities Management Director del club bianconero (nonché Presidente dell’ESSMA – European Stadium and Safety Management Association) Francesco Gianello –. Stiamo lavorando per arrivare a sfruttare lo stadio per fare eventi diversi da concerti e dal calcio. Tutto questo ci permette di portare avanti considerazioni aziendali su come sfruttare l’asset stadio. Non solo la parte commerciale ci porta idee, ma il grosso del lavoro è rendere sostenibile l’evento massimizzando il ricavo e ottimizzando i costi. Senza inoltre mai compromettere la qualità del nostro stadio per il core business, ovverosia il calcio»
Il vicepresidente dell’Udinese Stefano Campoccia ha infine raccontato il suo punto di vista, partendo dall’esperienza del Bluenergy Stadium. «Certamente l’invenzione di Giampaolo Pozzo è quella di vederlo come un centro di ricavi e non di costo, lo è diventato in maniera molto concreto – ha spiegato –. Ci ha portato a considerarlo come una azienda, noi siamo una piccola società che ha stabilità da 30 anni grazie alla permanenza in Serie A, fatturiamo 80 milioni e su questo abbiamo iniziato a ragionare in termini industriali. Abbiamo considerato lo stadio come oggetto in chiave industriale. L’ultima fase è quella di puntare anche alla carbon neutrality, con fotovoltaico sul tetto che tra l’altro ci ha portato non pochi problemi. È il centro di tante attività, organizziamo 110 eventi e viene vista come business unit in cui costi e ricavi devono avere un loro equilibrio», ha concluso.