Coppa d’Africa: Alle origini del gol, parte III | OneFootball

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·18 giugno 2019

Coppa d’Africa: Alle origini del gol, parte III

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Dal 1957 ad oggi, in più di sessant’anni di gare, in Coppa d’Africa sono state segnate la bellezza di 1567 reti, la maggior parte delle quali a partire dagli anni Novanta, come logica conseguenza del progressivo allargamento del format: l’edizione più prolifica di sempre, con 99 reti realizzate in 32 incontri, è stata quella del 2008. Le 24 (in realtà 21, 3 sono debuttanti assolute) squadre presenti ai nastri di partenza di Egitto 2019, ovviamente, sono state quelle ad aver bucato la porta con maggiore regolarità, essendo anche le nazionali con più partecipazioni alla Coppa d’Africa: insieme, infatti, hanno messo insieme un bottino complessivo di 1277 gol, circa l’80% del totale.

Molti sono stati gol insignificanti, o buoni soltanto per ingrossare gli annali delle statistiche, pochi invece quelli iconici e significativi, celebrativi di un trionfo o storici nel senso più pionieristico della parola. Indimenticabili non perché belli in modo particolare, né tantomeno perché pesanti e decisivi per una vittoria, ma solo per il fatto stesso di essere arrivati per primi, anticipando tutti gli altri in una sorta di battesimo del gol di una nazionale in Coppa d’Africa.


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Reti magari anonime, segnate da carneadi sconosciuti o personaggi insospettabili, a cui la primigenitura ha fatto dono dell’immortalità, imprigionandole in lancette destinate a rimanere inchiodate per l’eternità proprio per il momento in cui sono state realizzate: prima di tutte le altre. Vediamoli insieme, edizione per edizione, gol dopo gol. Dopo i primi due episodi, in cui abbiamo scoperto i pionieri del gol di Egitto, Tunisia, Uganda, Ghana, Nigeria, Costa d’Avorio, RD Congo e Senegal, Algeria, Camerun, Guinea, Kenya, Mali e Marocco, oggi è il turno di Tanzania, Sudafrica, Angola, Namibia, Zimbabwe, Benin e Guinea Bissau.

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1980

TANZANIA

Nel 1980, dopo svariati tentativi andati a vuoto, finalmente la Tanzania vola in Coppa d’Africa, superando lo Zambia in un barrage memorabile: 1-0 per le Taifa Stars a Dar es Salaam, 1-1 nel secondo round a Ndola, con gol della storica qualificazione tanzaniana realizzato da Tino a sei giri di lancette dal triplice fischio finale: “Quello è stato un momento indescrivibile“, ha ricordato Jela Mtagwa, uno dei pilastri di quella spedizione, in un’intervista concessa a The Citizen.

Mtagwa era il capitano delle Taifa Stars del 1980,  e forse assieme al portiere Juma Pondamali il giocatore più celebre di quella nazionale composta prevalentemente da giocatori di Simba e Young Africans (ancora oggi serbatoi d’elezioni della Tanzania), ma non è stato lui a mettere il timbro sul primo, storico gol delle Taifa Stars in Coppa d’Africa. A quello ci ha pensato Juma Mkambi, un robusto centrocampista dello Young Africans, nella gara d’esordio con i padroni di casa, anche se la sua rete è servita solamente a mitigare la sconfitta (3-1) delle Taifa Stars.

Un gol ininfluente ai fini del risultato, ma capace di renderlo immortale, come testimoniano le centinaia di persone, tra cui numerose autorità politiche, recatesi a Dar es Salaam nel 2010 al funerale del centrocampista, molto attivo anche nel pugilato: “Il suo contributo è stato prezioso per la crescita del pugilato in Tanzania“, ha spiegato Emmanuel Mlundwa, l’allora presidente del sindacato pugilistico tanzaniano.

1996

SUDAFRICA

Negli anni Novanta, con l’allargamento del format, la Coppa d’Africa diventa extra large e aumentano le debuttanti. Nel 1996, ad esempio, fanno il loro esordi otre nazionali diverse, ma l’attenzione di tutti è rivolta in particolar modo verso il Sudafrica.

Nella Nazione Arcobaleno sono successe tante cose e tutte in poco tempo: Nelson Mandela ha finalmente lasciato la prigione di Robben Island; il suo African National Congress è salito al potere nelle elezioni del 1994 e ha cominciato ad abbattere i muri dell’Apartheid predicando la riconciliazione nazionale e la fratellanza universale per ricostruire la stagnante economia del Paese. Da tutto questo ci guadagnano anche i Bafana Bafana, letteralmente “i nostri ragazzi” in lingua zulu, come sono conosciuti affettuosamente i calciatori della nazionale sudafricana. La FIFA, infatti, nel 1991 ha posto fine all’isolamento a cui aveva confinato il Sudafrica per via del regime segregazionista, regalandogli l’opportunità di confrontarsi nuovamente in ambito internazionale.

La selezione del 1996, affidata a Clive Barker, uno dei primi bianchi ad aver allenato una squadra composta totalmente da neri, riflette in controluce i complessi stravolgimenti politico-sociali della Rainbow Nation ed è la più fedele espressione della nuova società multirazziale: in squadra ci sono neri, meticci discendenti degli schiavi trapiantati dagli olandesi come il portiere Andre Arendse e l’attaccante Shaun Bartlett; ma anche bianchi come l’ex meteora laziale Mark Fish e il capitano Neil Tovey. A segnare contro il Camerun primo gol di una cavalcata trionfale, culminata con la Coppa d’Africa sollevata da Nelson Mandela davanti al pubblico festante di Johannesburg, però, è il compianto Phil Masinga.

L’ex attaccante di Bari e Salernitana, scomparso lo scorso gennaio, di gol pesanti con i Bafana Bafana ne avrebbe segnati tanti altri. Uno su tutti, quello realizzato al Congo poco più di un anno più tardi, quando Masinga ha buttato giù lo porta con una fucilata dai venti metri, sigillando la prima, storica qualificazione del Sudafrica ad un Mondiale (Francia ’98).

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ANGOLA

Due giorni più tardi, Quinzinho ha gonfiato la rete dell’Egitto, dando l’avvio al pallottoliere dell’Angola in Coppa d’Africa, anche se non è bastata a scongiurare la sconfitta delle Palancas Negras all’esordio: la doppietta di Ahmed El Kass dava ragione ai Faraoni. L’Angola avrebbe concluso all’ultimo posto, racimolando solamente un punto, ma grazie alla vetrina della Coppa d’Africa Quinzinho sarebbe stato notato dal Porto, accasandosi alla corte dell’inglese Bobby Robson. In realtà, l’attaccante scomparso lo scorso aprile, era stato notato dai Dragões durante un’amichevole di preparazione alla Coppa d’Africa proprio tra Angola e Porto. Lui stesso, prima che un attacco cardiaco se lo portasse via all’età di 45 anni, aveva raccontato quest’aneddoto a Mais Futebol: “Ho segnato un gol e giocato una grande partita contro il Porto. Alla fine Robson mi ha preso per un braccio e in un orecchio mi ha sussurato – Tu resti qui con noi – “.

1998 NAMIBIA

Eliphas Shivute è stato il primo giocatore namibiano a giocare a buon livello in Europa, tra Germania e Scozia, ma nel cuore del popolo namibiano c’è entrato grazie alle prodezze con la nazionale, trascinata per due volta in finale di COSAFA CUP (1997, 1999): è stato, per dire, il primo marcatore internazionale dei Guerrieri Coraggiosi, affiliati alla CAF soltanto nel 1992 – due anni dopo la travagliata indipendenza ottenuta dal Sudafrica – venendo premiato come sportivo namibiano dell’anno nel 1997. Il meglio di sé, però, l’ha dato l’anno dopo, quando la Namibia ha partecipato per la prima, storica volta alla Coppa.

Quella nazionale, di cui faceva parte anche l’attuale tecnico Ricardo Mannetti, è stata eliminata al primo turno, ma non è comunque passata inosservata, segnando sette gol in tre partite. Tra questi il primo in assoluto dei Brave Warriors in Coppa d’Africa, realizzato con un colpo di testa da Eliphas Shivute in una rocambolesca partita persa 4-3 con la Costa d’Avorio. Una rete ininfluente, ma a suo modo comunque storica, come il punto conquistato nella gara successiva con l’Angola, in un’altra partita da fuochi d’artificio terminata 3-3.

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2004

ZIMBABWE

Non poteva che essere Peter Ndlovu, il giocatore zimbabwiano più famoso di sempre assieme a Bruce Grobbelaar, a mettere la firma sul primo, storico gol dei Warriors in Coppa d’Africa. Dieci anni prima lo Zim’s Dream Team, a cui si era unito per la prima anche Bruce Grobbelaar, che in gioventù aveva combattuto tra le fila dell’esercito rhodesiano contro lo ZANU del futuro padre padrone Robert Mugabe, aveva sfiorato una miracolosa qualificazione ai Mondiali di USA ’94, ma stavolta invece le cose erano andate per il verso giusto: lo Zimbabwe, attraversato da una delle stagioni economicamente più disastrose della sua storia, partecipava per la prima volta alla Coppa d’Africa.

L’esordio non era di quelli più semplici: di fronte c’era l’Egitto, come peraltro accadrà tra qualche giorno nella gara inaugurale della Coppa d’Africa ormai alle porte. I Faraoni, come prevedibile, si imposero 2-1, ma lo fecero in rimonta. A sbloccare il risultato, segnando il primo gol dei  Warriors in Coppa d’Africa, era stato infatti il leggendario Peter Ndlovu, o King Peter se volete, il primo giocatore africano a giocare nella nuova Premier league. Merito di John Stillet, il manager del Coventry City, che l’aveva scovato durante una tournée a Bulawayo, la seconda città dello Zimbabwe, nel cuore del Matabeleland, la culla del popolo ndebele oggetto di una brutale repressione in quanto quartier generale dello ZAPU, una formazione rivale dello ZANU di Mugabe.

In Inghilterra avrebbe segnato valanghe di goal, ma i 38 a cui è più affezionato sono quelli realizzati con la maglia dei Warriors zimbabwiani, tra cui quello della qualificazione a Tunisia 2004 segnato all’Eritrea davanti ad una folla osannante: “Questa è la maglia della nazionale che ho indossato con orgoglio. Ogni volta che ce l’avevo addosso tremavo, avevo i brividi, perché in quel momento c’è una nazione che ti guarda, che dipende da te“, ha spiegato solennemente in un’intervista alla BBC, prima di regalare quel cimelio a Robert Mugabe, il presidente dello Zimbabwe deposto nel 2017 dopo oltre trent’anni al potere dal Colpo di Stato “correttivo” del suo ex vice-presidente Emmerson Mnangagwa.

BENIN

Una settimana più tardi, al novantesimo della gara con la Nigeria, sul punteggio di 2-0 per le Super Aquile e con il Benin già aritmeticamente eliminato dalla Coppa d’Africa del 2004, Moussa Latoundji ha segnato un gol ininfluente ma allo stesso tempo storico: il primo degli Scoiattoli nel più prestigioso torneo calcistico per nazionali del continente africano.

La storia, però, Latoundji, passato anche per Metz B ed Energie Cottbus, l’aveva scritta un decennio prima, semplicemente entrando in campo in un’amichevole con la Tunisia. Il 17 gennaio 1993, quando ha vestito per la prima volta la maglia della nazionale beninese, infatti, Moussa Latoundji aveva solamente 14 anni, 5 mesi e 7 giorni: è diventato, così, il più giovane esordiente con una nazionale dell’intera storia del calcio. In futuro questo primato sarebbe stato infranto dal birmano Aung Kyaw Tun e da Lucas Kneght, un giocatore dell’Isole Marianne Settentrionali, ma ancora oggi resiste per quanto riguarda l’Africa.

Ora, dopo essere tornato a casa ed aver chiuso la carriera con i Dragons de l’Oueme, lo storico club di Porto-Novo in cui ha giocato anche il leggendario Abedi Pelé, Latoundji ha sfruttato le competenze tattiche apprese in Europa (è in possesso del patentito Uefa B) per riciclarsi come assistente tecnico, arruolato anche nello staff del commissario tecnico francese Michel Dussuyer: “Ho scelto di lavore con Latoundji dopo aver conosciuto i suoi metodi di ricerca e coaching durante la prima esperienza sulla panchina del Benin”, ha spiegato l’ex portiere del Nizza, da questa estate nuovamente al timone degli Scoiattoli.

GUINEA-BISSAU La Guinea-Bissau di Baciro Candé, che in Egitto sarà l’allenatore più anziano del torneo, si qualifica per la prima, storica volta alla Coppa d’Africa superando con un pirotecnico 3-2 lo Zambia allo Stadio Nacional 24 de Setembro della capitale.

Nel 2017 i Djurtus, come sono soprannominati prendendo in prestito il nome di un canide primitivo molto diffuso nelle foreste dell’Africa Occidentale, sono una squadra assemblata in fretta e furia e con poche o nessuna velleità di passaggio del turno. Le migliori intuizioni di Candé sono nate sulla spinta dell’improvvisazione, della necessità, dell’urgenza: tra i portieri convocati, ad esempio, c’è Papa Mbayè Masse Fall, uno che non indossa i guanti da parecchio tempo e che adesso i portieri li allena.

La Guinea-Bissau non sembra avere obiettivi se non quello di diventare la squadra simpatia del torneo, ma il 14 gennaio 2017 si toglie uno sfizio mica da ridere, inchiodando al pari il Gabon di Aubameyang padrone di casa nella gara inaugurale del torneo: il gol, in mischia al 91′, lo segna con la classica incornata della disperazione il carismatico capitano Juary, difensore roccioso con diversi trascorsi nel calcio portoghese come la stragrande maggioranza dei giocatori guineensi.

Credits Copertina ©These Football Times Foto 1 ©Bongo5.com Foto 2 ©Tertius Pickard/Gallo Images Foto 3 ©Bulawayo24.com

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