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·6 ottobre 2024

Dai biglietti alle birre: il bilancio delle creste fatte dagli ultras a San Siro

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L’indagine della Procura di Milano, coadiuvata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha portato alla luce del sole tutti gli affari sommersi del tifo organizzato di Inter e Milan riguardanti l’intera aree di San Siro, dai biglietti ai parcheggi, passando per birre e cibo.

Come riporta l’edizione odierna del Corriere della Sera, si parte da una intercettazione di sei anni fa che vede protagonista Giuseppe Calabrò e un suo emblematico «fanno soldi a palate». Calabrò è una figura chiave delle cosche calabresi in Lombardia e in questo caso si riferiva agli affari legati al mondo della Curva Sud milanista, ma lo stesso discorso poteva applicarsi anche agli ultras dell’Inter. Gli interessi criminali attorno alle curve, infatti, si sono ripetutamente manifestati. In un’altra intercettazione, si parlava delle curve come delle «galline dalle uova d’oro», una fonte continua di guadagni.


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Alcune di queste entrate, sia lecite che illegali, sono emerse nell’inchiesta “Doppia Curva”, che ha rivelato come guadagnassero da bagarinaggio, trasferte, vendite di birra, fanzine e merchandising. Ma c’erano anche entrate extra più difficili da individuare, come esplicitato da un’altra intercettazione: «Sugli spalti vendono di tutto, lì c’è un business incredibile», parole Vittorio Boiocchi, ex leader della Nord assassinato nel 2022.

Gli ultras sembravano veri e propri imprenditori, capaci di trarre profitto da qualsiasi cosa, come dimostrato da Marco Ferdico, uno dei leader del gruppo, che spiegava a Bellocco: «Facciamo 50mila euro al mese con le fanzine, che ci costano solo 600 euro per stamparle. Devo fare i regali, amico mio». Oltre alle fanzine, c’era anche il negozio di merchandising, fonte di ulteriori litigi tra Ferdico, Andrea Beretta e Bellocco, i tre capi della curva. «Quel negozio fa 600mila euro all’anno, tra guadagni leciti e meno leciti», commentava Ferdico, aggiungendo che solo dall’online erano entrati 390mila euro.

Anche il bagarinaggio era una fonte di enormi profitti. Nella stagione 2022/23, Ferdico e Bellocco avevano fatto i conti: «Abbiamo guadagnato 265 mila euro, puliti», aveva detto il primo lo scorso 6 giugno. In quell’anno si era giocata anche la finale di Champions League di Istanbul, ma prima del doppio derby in semifinale. Una occasione così redditizia che le tifoserie di Inter e Milan si erano accordate per spartirsi gli incassi, indipendentemente dall’esito della partita. Ferdico spiegava ai suoi: «Il biglietto lo do a 600 euro, ne costa 80, tu lo rivendi a 800 e ti metti in tasca 20» E ancora: «Quanto mi rimane? 120mila euro solo dalla finale». Anche i ultras del Milan non erano da meno: «Ci siamo presi 100 biglietti, pagati 600 euro l’uno e venduti a 1.000».

Le tessere e i biglietti erano un altro meccanismo per far girare denaro. Ogni partita faceva salire il saldo, con incassi che arrivavano da diverse fonti: i tornelli, i gruppi che entravano dai cancelli di servizio sfruttando la complicità e la paura degli steward, o le tessere rimesse sul mercato a prezzo maggiorato, giustificandolo con la necessità di finanziare le coreografie. Il derby milanese, in particolare, era una vera miniera d’oro. Renato Bosetti, noto come il “mago” dei biglietti, discuteva con Debora Turiello, la contabile: «Ho un secondo arancio per il derby a 150 euro. È un buon prezzo, io l’ho pagato 130 e lo posso vendere tranquillamente a 180». Anche anni prima, Giuseppe Caminiti, re dei parcheggi, correggeva un interlocutore che stimava male gli incassi: «Al derby erano 60 euro a entrata, non 30».

Antonio Bellocco, nuovo del settore, all’inizio commetteva degli errori di valutazione. Ferdico lo rimproverava: «Hai venduto i biglietti del primo rosso a 230 euro, ma io avevo richieste a 280, 380, 480 e anche 500. Così ci siamo persi 3mila euro di guadagno».

Infine, persino la birra rappresentava un’opportunità di guadagno per gli ultras. Avevano provato a entrare nella gestione dei bar dello stadio, ma senza successo. Tuttavia, riuscivano comunque a ottenere birre a prezzi favorevoli per rivenderle a un costo maggiorato sugli spalti. Il danno ai bar ufficiali, secondo le stime della cooperativa vittima dell’estorsione, costava tra i 12mila e i 26mila euro a partita.

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