Inter News 24
·26 dicembre 2025
De Rossi a DAZN: «Spalletti è geniale, c’è sempre un motivo in quello che chiede. Fabregas non è più una sorpresa. Chivu…»

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·26 dicembre 2025

Nel corso di una lunga intervista rilasciata a DAZN a Massimo Ambrosini, Daniele De Rossi è tornato a parlare del suo percorso da allenatore, soffermandosi sui tecnici che più lo hanno influenzato, sul lavoro dei colleghi in Serie A e sul rapporto mai davvero chiuso con la Roma. Dalle parole emerge un racconto molto personale, fatto di stima, studio continuo e senso di incompiutezza.
SPALLETTI COME RIFERIMENTO – «Spalletti è geniale, c’è sempre un motivo in quello che chiede. Ti sa dire sempre perché: anche se era una soluzione che poteva essere sbagliata, era sempre un modo per far giocare la squadra. Io la riunione di Spalletti l’assorbivo con gli occhi, mi sono affezionato alla persona ed è stato illuminante per me, ha cambiato il mio approccio».
LA CURIOSITÀ DA ALLENATORE – «Guardavo tanto anche quando non allenavo. Abbiamo guardato Maresca, c’è sempre la curiosità dietro questo. Poi non smetto di guardare Spalletti, Gasperini, Conte. Poi c’è Italiano, che è quello che sta facendo meglio da più anni di seguito: mi incuriosisce molto».
FABREGAS E LE NUOVE IDEE – «Fabregas non è più una sorpresa, ma è sempre una bella scoperta. Regala spunti, ti impegna. Sono sicuro che contro di lui sarà una settimana faticosa, perché fa sempre qualcosa di particolare».
CHIVU E L’INTER – «Chivu ha dato continuità a un lavoro svolto molto bene da Inzaghi, ma ci ha messo qualcosa di suo, continuando a dare qualità a una squadra già forte nei singoli».
LA STIMA PER ALLEGRI – «Magari fa un calcio un po’ diverso, ma te la vuoi fare una domanda se quello sta sempre lì su? Vorresti copiare i suoi risultati. Ci sono allenatori che, anche se non fanno il calcio che vorresti, fanno i punti che vorresti».
GUARDIOLA COME IDOLO – «Se mi chiedi chi è il mio idolo è sempre Guardiola. Il più forte per me è lui. Non è tanto andare a vedere i suoi allenamenti, ma parlarci, andarci a cena».
LA ROMA NEL CUORE – «Quello che rimane della Roma è il senso di incompiutezza, quel “lasciami fare che la sistemo” che ogni tanto riviene fuori. Fa sorridere che per una settimana dovrò lavorare per far perdere la Roma, quando per tutta la vita ho desiderato che vincesse».
IL RITORNO MAI CONCRETIZZATO – «Il mio nome accostato alla Roma funziona sempre, ma non è mai stato fatto il passo giusto. Sarei tornato, perché credo nella squadra e nei calciatori».









































