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·1 maggio 2024
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Davide Gavazzi ha giocato tanti anni in Serie B, con le maglie di Vicenza, Ternana, Avellino e Pordenone, ed è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni per parlare delle sue esperienze in cadetteria. Di seguito l’intervista completa:
Il Vicenza crede tanto in te, che giocavi al Renate in Serie D, e ti porta in Serie B. In Veneto rimani poi per ben 4 anni. Ci racconti dell’esperienza con i biancorossi, dall’esordio in cadetteria al brutto infortunio al crociato?
“È stata una sorpresa rimanere a Vicenza, c’era stato un accordo con il club in cui sarei andato in ritiro con la prima squadra e avrebbero valutato se tenermi o mandarmi in prestito. Ho approcciato molto bene con tutti, compreso il mister Rolando Maran, e da lì è iniziato tutto. Ho giocato molte partite da titolare e ho iniziato un percorso che mi ha portato anche in Serie A. Sono sempre grato a quei colori e quando ci penso mi vengono in mente sempre i momenti positivi. Ho avuto anche un brutto infortunio, ma sono riuscito a recuperarlo sia mentalmente che fisicamente”.
Rolando Maran è stato il tuo primo allenatore tra i professionisti. Che allenatore è e cosa ti ricordi di lui?
“Posso solo augurare il meglio a Maran, perché devo tanto di quello che ho fatto a lui. È un allenatore che chiede tanto, però con il giusto impegno si riesce a migliorare e cambiare come giocatori. Con lui ho avuto un rapporto genuino”.
A gennaio 2013 approdi in Serie A alla Sampdoria, che ti aiuta nel recupero dall’infortunio al crociato, e con i blucerchiati fai il tuo esordio nella massima serie italiana. L’anno dopo vai invece in prestito in B alla Ternana, che rappresenta il momento della ripartenza vera e propria dopo il problema al ginocchio. Quanto devi a queste due squadre?
“Sicuramente la Serie A è un altro mondo, si percepisce un’aria diversa. Ho cercato di fare il massimo e sono riuscito a togliermi qualche soddisfazione. Ero giovane e, di comune accordo con la società, ho deciso di andare in prestito in Serie B. Come società, la Sampdoria era bella ed un gradino più alto rispetto a dove ero stato prima, ma c’erano grandi rapporti umani. Si sentiva la fiducia delle persone che mi giravano attorno. A Terni mi sono trovato benissimo. Sono sempre stato bene, in una piazza calda che ti fa sentire tutto il proprio affetto e il proprio calore. Nella mia carriera sono stato in grandi squadre e con sostenitori che danno una grande carica. L’affetto dei tifosi è importante e la propria tifoseria ti dà una spinta in più e tanta adrenalina”.
Ad Avellino un altro brutto problema al ginocchio, ma la società biancoverde ti ha aspettato e anche in questo caso sei riuscito a tornare sulla breccia. Quanto è importante per un calciatore avere il sostegno del proprio club?
“Purtroppo non sono riuscito ad esprimermi al massimo, ho fatto un periodo positivo all’inizio, ma ho avuto sempre piccole ricadute. Non sono dunque riuscito a dare quello che volevo e quello che meritava la società. Mi è rimasto un po’ il rammarico. Il primo anno ho sempre giocato, ma nelle altre due stagioni ho fatto poche presenze. Sicuramente ho sentito affetto, ma a dir la verità ho sofferto il fatto di non poter giocare tanto”.
Il tuo allenatore all’Avellino è stato Domenico Toscano, autore di una straordinaria stagione, culminata con la promozione in Serie B, con il Cesena…
“Ci siamo vissuti poco, perché mi sono infortunato e non ho fatto molte presenze. Crede fortemente nel lavoro e nel sacrificio e ha sempre fatto buonissimi campionati e salti di categoria”.
A Pordenone hai vissuto momenti bellissimi, come la storica promozione in Serie B nella stagione 2018/2019 e l’anno dopo il quarto posto in cadetteria. Ci racconti della parentesi neroverde?
“È stata un’altra rinascita per me, dopo gli anni sfortunati ad Avellino a causa dell’infortunio. Ho fatto bene lì, credo che abbia giocato il mio migliore campionato di Serie B e anche in Serie C siamo stati stati in testa quasi tutto il campionato. Sono stati sicuramente degli anni bellissimi”.
Sulla corsa per la promozione diretta in Serie A e sulla lotta salvezza nel campionato di Serie B…
“Il Como è la squadra che mi ha impressionato di più. È difficile esprimere un giudizio, perché ci sono 3 squadre molto forti, Como, Venezia e Cremonese. Il Como ha fatto grandi acquisti sia in estate che a gennaio e ha la rosa forse un pochettino più pronta al momento, ma anche le altre sono vicine sotto questo punto di vista. Per la lotta salvezza i punti di distacco tra le squadre sono poche ed ogni giornata può cambiare tutto”.
Hai giocato tanti anni in Serie B e sei sceso in campo in grandi stadi. Che emozioni ti dà questo campionato?
“È un campionato lungo e difficile in cui fanno la differenza la qualità e la costanza di ogni squadra. Ci sono tante partite e bisogna avere una rosa competitiva e adatta. Alla fine vince sempre il gruppo migliore. Ci sono sempre grandi piazze e stadi, anche ai miei tempi la media di pubblico era elevata. È un campionato fatto anche di tanti giovani forti, che cercano il trampolino per fare il salto, e di gente più esperta. È un mix molto interessante. Forse sono di parte, ma è una serie bellissima”.
Sei partito dalla Serie D e sei arrivato alla Serie B e al massimo campionato italiano. Oggi sempre più giocatori fanno questa gavetta partendo dai dilettanti e arrivando poi nei professionisti. Quanto è formativo questo percorso?
“Sicuramente quando esci dal settore giovanile è un altro mondo. Anche in Serie D, per la mia esperienza, ti confronti con Presidenti che vogliono vincere e capisci che c’è qualcosa di più di un gioco. Le partite hanno un sapore diverso rispetto a quelle della Primavera. Dal punto di vista del carattere ti forma tantissimo e ti fa subito crescere. Dipende da società e mister, ma c’è anche una bella tipologia di calcio nelle leghe dilettantistiche”.