PianetaSerieB
·26 settembre 2025
Fedele al calcio – Cassano sta a Bari come Messi sta a Rosario. Perché dimenticare quanto ci si è amati?

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·26 settembre 2025
La “Trahison des images” (“Il Tradimento delle Immagini”) è una delle più celebri e iconiche opere del policromo René Magritte. La rinomata frase “Ceci n’est pas une pipe” (“questa non è una pipa”), didascalia che accompagna la pipa raffigurata, è una delle tante (e piacevolmente profonde) esemplificazioni del rapporto tra realtà e rappresentazione, argomento che il pittore belga ha spesso approfondito e sviluppato. Il modo in cui descriviamo ciò che vediamo, sottolineava Magritte, correva il rischio di generare una distorta semplificazione, rigida e banale a tal punto da allontanare l’oggettività.
Antonio Cassano è, a detta del sottoscritto, un piacevole e riuscito tentativo di raccordare – per chi avesse ancora qualche dubbio in merito – il calcio con l’arte. Non sarà questa la sede per sviluppare le più variegate argomentazioni sul fantasista nato nell’iconico luglio 1982, bensì per toccare uno dei temi più interessanti – e incredibilmente dimenticati nel corso degli anni dalla stampa – tra i tanti che ne caratterizzano l’intelaiatura: il rapporto con Bari e, soprattutto, con il Bari.
Cassano ha vissuto Bari nei suoi tratti più puri, veri, autentici. La Città Vecchia, come lui chiama quella che tutti noi altri chiamiamo Bari Vecchia, perché anche in questi dettagli si percepisce la differenza tra i nativi e i forestieri. Nascere e crescere in determinate porzioni di mondo – perché il discorso è verosimilmente spendibile in più lande – toglie (spesso, e pericolosamente, tanto) ma dà. Cosa? Sveltezza, riflessi, resilienza, rapidità di pensiero, genuinità. Soffermiamoci su quest’ultimo punto: il personaggio ha spesso coperto la persona, sulla quale è doveroso planare solo superficialmente, ma grattando via tutti i pregiudizi sul calciatore Cassano (che chiaramente – ci mancherebbe – di eccessi ne ha mostrati), Antonio ha spesso – per chi ha desiderato accorgersene – mostrato una rimarcata empatia. Lo si percepisce, in uno dei tanti esempi possibili, quando ricorda Nicola, l’amico d’infanzia affetto da poliomielite: “Veniva escluso, dicevo agli altri che avrei giocato solo se avesse giocato anche lui”.
Quando Cassano parla di Bari, della sua infanzia e delle vicissitudini personali che ha attraversato troppo prematuramente, qualcosa in lui cambia. Lo sguardo si abbassa, le mani cominciano a toccare ciò che c’è intorno per, probabilmente, liberare l’agitazione che ne irrigidisce le parole. La versione da giocherellone viene rapidamente messa in stand-by per mostrare un’altra parte di sé, quella imbevuta di emotività, che pesa ogni fonema e rimpolpa di sensibilità la conversazione.
È senza alcun dubbio vero che, negli anni, Bari (e il Bari) e Cassano, quantomeno in termini di dichiarazioni e condivisione, si siano allontanati. La società non ha un filo diretto con il più talentuoso calciatore della propria storia, che al contempo sta sviluppando in tutt’altra parte d’Italia la propria vita. Ciononostante, Antonio non ha mai negoziato la propria essenza. I suoi picchi di espansività vedono il dialetto al centro di tutto, così da dare espressività, energia e, soprattutto, significato.
Nonostante il tempo trascorso, Bari non è mai uscita da Cassano. È la stessa cosa accaduta, per intenderci, a Lionel Messi con Rosario. L’accento dell’asso argentino, pur essendo passati tanti anni e altrettanta vita, non è mai cambiato. Certe cose non devono farlo.
I parametri per valutare un calciatore sono tanti, eppure viene sempre – costantemente – data priorità alle vittorie conquistate. Discorso legittimo, che non sarà ulteriormente approfondito. Un’aggiunta potrebbe aiutare a smussare parzialmente questo punto di vista: sarebbe (molto) gradevole cominciare a premiare chi ha distribuito emozioni. Cassano, checché se ne dica, ha regalato gioie ovunque è andato e con le sue giocate ha donato sorrisi e momenti da ricordare ai tifosi che ne idolatravano l’estro.
I primi a poter beneficiare di queste pennellate – per chiudere il cerchio aperto nel primo paragrafo – sono stati proprio loro, i baresi, che in un San Nicola stracolmo videro nascere e brillare una stella. Era il 18 dicembre 1999, dopodiché la magia di Antonio è stata disseminata in tutto il mondo. Ora, con tanta acqua passata sotto i ponti, sarebbe magnifico dimostrare nuovamente amore reciproco.
Cassano, in realtà, Bari non l’ha mai lasciata.