Milannews24
·11 dicembre 2025
Galli sicuro: «Allegri un fenomeno assoluto. Su Pulisic e il paragone con Van Basten…»

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L’ex portiere del Milan, Giovanni Galli, è stato ospite sul canale YouTube di Carlo Pellegatti, ripercorrendo i momenti salienti della sua carriera rossonera sotto la presidenza di Silvio Berlusconi e la guida di Arrigo Sacchi.
Galli ha immediatamente espresso la sua ammirazione per il fondatore del Milan vincente: «Chi ha avuto il piacere di conoscerlo nel mondo dell’imprenditoria già sapeva con chi aveva a che fare. Quando un personaggio del genere entra nel mondo del calcio, tutti arrivano con grandi proclami, e poi alla fine in pochi ci riescono». Galli definisce Berlusconi un genio anticipatore: «Il presidente era venti anni avanti a tutti, vedeva già oltre», citando un famoso detto di Ciccio Graziani: «Berlusconi era questo».
Galli ha ricordato la sua decisione di accettare il Milan pur di affrontare una sfida: «A Firenze stavo bene, arrivai al Milan con un presidente nuovo, con una storia recente difficile dei rossoneri. Accetto la sfida, ho accettato la sfida avendo lo stesso ingaggio di Firenze. Ma dissi ‘se deve essere una sfida, che lo sia fino in fondo’».
«Non voglio prendermi meriti che non credo di avere, è stata una sfida lanciata a me stesso. Decisi con il mio procuratore di mettermi un premio personale per ogni trofeo che avremmo vinto. Non mi interessavano i soldi, l’importante era vincere le sfide». Galli ricorda l’ultima gara con la Fiorentina (vittoria contro il Pisa nell’85/86) che portò i viola in Coppa UEFA, lasciando il Milan fuori.
Galli ha rivelato la sua predisposizione al gioco di Sacchi: «Avevo già una certa predisposizione, mi conosceva perché era stato un anno nella Primavera della Fiorentina». Il portiere doveva essere estremamente attento: «Sapeva che spesso stavo fuori dall’area di rigore, con Arrigo dovevi stare attento e concentrato perché un rinvio lungo avversario poteva diventare pericoloso».
«Era una difesa in crescita, Costacurta aveva 19 anni, Maldini anche, circa. Ragazzi che stavano crescendo, maturando. Facile giocare con quella difesa? Sì, se guarda la carriera che hanno fatto, ma all’inizio dovevamo imparare qualcosa di nuovo». Galli ha elogiato il lavoro di Sacchi sul gruppo e sui singoli: «Arrigo lavorava per il gruppo, in funzione della squadra ma con un’applicazione sui singoli e sul reparto».
Galli ricorda la parata su Rush in cui era «preparato a chiudere lo specchio» e la parata su Careca, dove era «in ginocchio e rilancio immediatamente, questo era quello che voleva Arrigo». «Eravamo una grande squadra difensiva del Mondo, difendevamo 20 metri lontani dall’area di rigore. Arrigo ci ha spostato avanti, rimanendo compatti, corti, recuperando palla e ripartendo in velocità».
«La consapevolezza che ce la potevamo giocare anche a livello europeo, nell’estate dopo la vittoria del campionato». Galli sottolinea la differenza tra Campionato ed Europa: «Ora la domenica e il mercoledì devi sempre resettare il cervello, un conto è il campionato e un conto è l’Europa». Galli spiega le difficoltà della Coppa: «Perdere dopo la Champions era più facile perché ti portava via tante energie, dormivi poco, c’erano tante difficoltà. Era più difficile ricaricare le batterie dopo la Coppa».
Galli indica due partite fondamentali: «Due ce ne sono state, anche la partita di Belgrado contro la Stella Rossa. Quella partita fu uno spartiacque, se fossimo andati fuori la leggenda del Milan non sarebbe mai nata».
«Eravamo un gruppo di uomini veri, uomini di parola. Ruud aveva avuto un infortunio, quando arrivò nello spogliatoio gli dissi che doveva solo recuperare che l’avrei portato io in finale e lui me l’avrebbe fatta vincere». Quell’abbraccio fu un gesto di grande affetto, in un momento in cui Gullit «capì il mio stato d’animo» sapendo del futuro di Galli.
«Penso che sia un fenomeno, sento tanti detrattori, questi filosofi che parlando di bellezza del calcio, come se fosse legato solo alla bellezza. È solo una delle componenti, non quella fondamentale». Galli abbraccia il pragmatismo: «Se ci fosse uno stile di gioco per vincere, tutti lo seguirebbero. Conta capire i tuoi calciatori e metterli nei ruoli in cui possono darti il contributo, senza forzature tattiche».
«La velocità di esecuzione, la differenza è che Pulisic è un giocatore tutto offensivo, puoi farlo giocare ovunque, sa interpretare il ruolo ed è rapido nelle scelte». Pur paragonando l’esecuzione in area: «Pulisic sta diventando un cecchino come lo era Marco nelle esecuzioni in area di rigore. Ma anche se la forma è simile, uno era un panettone e l’altro è pandoro».









































