Gattuso, De Rossi e Cannavaro: uno sarà il Ct dell’Italia. É la scelta gusta? Pro e contro di ognuno di loro | OneFootball

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·11 giugno 2025

Gattuso, De Rossi e Cannavaro: uno sarà il Ct dell’Italia. É la scelta gusta? Pro e contro di ognuno di loro

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Italia, tutto sul nuovo commissario tecnico dopo l’esonero di Spalletti ed il rifiuto di Ranieri con le possibilità Gattuso, De Rossi e Cannavaro

Dopo il passo indietro di Claudio Ranieri, la FIGC si trova di fronte a un bivio che profuma di storia e di nostalgia. La rosa dei candidati per la panchina dell’Italia si restringe a tre eroi del Mondiale 2006: Gennaro Gattuso, Daniele De Rossi e Fabio Cannavaro. Tre uomini che hanno condiviso lo spogliatoio e il trionfo di Berlino, ma che da allenatori rappresentano tre percorsi e tre filosofie profondamente diverse. La scelta non è semplice e divide gli addetti ai lavori, con ogni candidato che porta con sé solide ragioni per essere scelto e altrettanti dubbi.

Gennaro Gattuso: il sergente di ferro tra garanzie e limiti

Pro: La carriera di Gennaro Gattuso allenatore è l’immagine speculare del calciatore che è stato: intensa, pragmatica e basata sulla forza del collettivo. Il suo punto di forza più evidente, certificato da quasi ogni spogliatoio che ha guidato, è la capacità di compattare l’ambiente e creare un “gruppo granitico”. In un contesto come la Nazionale, dove il tempo per lavorare sulla tattica è limitato, avere un motivatore in grado di toccare le corde giuste dei giocatori è un valore aggiunto inestimabile. La vittoria della Coppa Italia con il Napoli nel 2020 è la prova concreta che il suo calcio, pur non essendo spettacolare, può essere tremendamente efficace nelle competizioni a eliminazione diretta. Esperti come Fabio Capello hanno spesso lodato la sua abilità nel trasmettere “fame e appartenenza”, doti che in azzurro sono da sempre considerate fondamentali.Contro: Il principale punto debole di “Ringhio” è il rovescio della medaglia della sua forza. La critica più frequente mossa da analisti e addetti ai lavori riguarda una certa rigidità tattica e una manovra offensiva che, a tratti, è apparsa limitata e prevedibile. Nelle sue esperienze all’estero, come a Valencia o Marsiglia, si è visto come la sola “grinta” non sia bastata per superare ostacoli complessi. In una Nazionale che negli ultimi anni, con Mancini prima e Spalletti poi, ha cercato di costruire un’identità basata sul possesso e sulla proattività, un ritorno a un calcio più diretto e meno elaborato potrebbe rappresentare un passo indietro dal punto di vista dell’evoluzione del gioco.


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Daniele De Rossi: l’innovatore dal futuro scritto ma dall’esperienza tutta da scrivere

Pro: L’impatto di Daniele De Rossi sulla Roma è stato folgorante e ha mostrato a tutti il potenziale di un allenatore moderno, preparato e con idee chiare. La sua principale qualità è la flessibilità. Ha dimostrato di saper adattare la squadra all’avversario, passando da una costruzione dal basso a un approccio più verticale, valorizzando il talento a disposizione. Gli addetti ai lavori, primo fra tutti un’icona come Arrigo Sacchi, ne hanno lodato “l’intelligenza calcistica e la volontà di proporre un calcio europeo”. La sua gestione del gruppo, empatica ma ferma, ha rivitalizzato giocatori che sembravano persi, un’abilità cruciale per un CT che deve gestire equilibri delicati tra campioni affermati.Contro: Il dubbio su De Rossi è tanto semplice quanto pesante: la sua carriera da primo allenatore è ancora troppo breve. Una metà di stagione eccezionale a Roma, per quanto indicativa, non costituisce un campione di prova sufficiente per reggere l’urto e la pressione disumana della panchina della Nazionale. Un conto è gestire un club, con il lavoro quotidiano, un altro è guidare un paese intero in un Europeo o un Mondiale. La critica più logica, e condivisa da molti dirigenti ed ex allenatori, è che un’investitura così importante potrebbe essere prematura, rischiando di “bruciare” un talento che sembra destinato a una grande carriera, ma che forse necessita di qualche altro anno di rodaggio.

Fabio Cannavaro: il capitano mondiale di fronte alla sua scommessa più grande

Pro: Fabio Cannavaro è un’icona. Pallone d’Oro, capitano dell’Italia campione del mondo, il suo nome ha un peso specifico enorme a livello globale. Questo carisma e questa credibilità internazionale rappresentano un biglietto da visita ineguagliabile. In teoria, nessuno meglio di lui sa cosa significhi giocare e vincere con la maglia azzurra. Il suo punto di forza potenziale risiede nella sua leggendaria competenza difensiva. L’idea di affidargli la panchina si basa sulla speranza che possa costruire una fase difensiva imperforabile, tornando alla tradizione che ha reso grande l’Italia. Il successo ottenuto in Cina, con la vittoria del campionato, dimostra che in determinati contesti ha saputo imporsi.Contro: Questa è la ragione più forte e quasi insormontabile contro la sua candidatura. Mentre le esperienze in Cina hanno un valore relativo, il suo unico vero banco di prova nel calcio europeo, al Benevento in Serie B, si è risolto in un fallimento cocente. La squadra non ha mai avuto un’identità chiara e i risultati sono stati disastrosi. L’opinione unanime degli addetti ai lavori è che, ad oggi, Cannavaro non abbia ancora dimostrato di essere un tecnico pronto per il calcio d’élite in Europa, men che meno per una delle nazionali più prestigiose al mondo. Affidargli l’Italia sarebbe, al momento, una scommessa enorme, un vero e proprio salto nel vuoto basato più sul suo passato da calciatore che sulle sue reali e certificate competenze da allenatore.

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