Generoso Rossi: «I calciatori sono diventati ormai un cattivo esempio per i bambini. Sul calcioscommesse dico una cosa» | OneFootball

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·2 dicembre 2025

Generoso Rossi: «I calciatori sono diventati ormai un cattivo esempio per i bambini. Sul calcioscommesse dico una cosa»

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Generoso Rossi in una lunga intervista a ‘La Gazzetta dello Sport’ ha affrontato diversi temi e ripercorso anche la sua avventura. I dettagli

Generoso Rossi è stato un portiere di provincia. Oggi su La Gazzetta dello Sport racconta la sua carriera.IL CALCIO DI OGGI – «Onestamente mi fa schifo, è senza valori. I calciatori sono diventati cattivi esempi per i bambini. Ai miei ragazzini cerco di trasmettere qualcos’altro, ovvero di non seguire le mode, di non simulare, di non ambire al capo firmato, all’auto di lusso, alla bella vita. Cerco di insegnare a guardare oltre proprio perché da giovane ero così».I SOLDI SPERPERATI – «Ahimè, sì. Anche se i primi stipendi, ai tempi del Bari, li mandavo a mia madre. A 12 anni ho perso mio padre e sono diventato l’uomo di casa, in quanto ho sei sorelle. Sono sempre stato uno a cui piaceva uscire e fare serata. Spesso il giovedì o il venerdì rientravo alle tre, ma in campo davo tutto e loro lo sapevano».L’ESORDIO CON FASCETTI – «Settembre 2000, contro il Verona. Lui era un sergente buono. In campo c’era anche Cassano, mio compagno di stanza. Già allora vedeva dozzine di partite di campionati sconosciuti e non mi faceva dormire. Ma organizzavamo scherzi a chiunque. In aeroporto urlavamo i nomi della gente a casaccio, poi accusavamo gli altri compagni e ci nascondevamo. Una volta, a Lecce, imbottii l’ovatta di alcool, la misi sotto la sedia del massaggiatore e diedi fuoco a tutto».LA RESCISSIONE A SIENA – «Colpa di una lite con Papadopulo. Prima di un Roma-Siena il preparatore dei portieri mi disse di stare concentrato, io non capii e continuai ad allenarmi. Avevo giocato 21 partite da titolare, concentrato di cosa? Alla fine, non giocai. Perdemmo 6-0 e tornai da solo, non con il pullman».COSA DISSE A PAPADOPULO – «Che non lo sopportava nessuno e che non era sincero. Ci fu un battibecco forte, lasciai dei soldi sul tavolo e gli dissi di andarsi a comprare ciò che voleva. Ovviamente da lì non giocai più».LA SQUALIFICA PER CALCIOSCOMMESSE – «Ero un pesce piccolo e me lo misero in quel posto. Mi hanno bruciato una carriera che prometteva bene. Ero di proprietà del Palermo. Senza quella squalifica sarei andato alla Lazio a giocarmela con Peruzzi».LE SCOMMESSE – «Sì, ma non sulla mia squadra. Scommettevo sulla Serie C, ma non potevo farlo. Non mi sono mai venduto una partita, come altri che invece giocano ancora. Uno di questi è Masiello, ma penso anche a Fagioli. Io li avrei radiati tutti».L’IRRUZIONE DELLA POLIZIA – «Alle 4 di mattina la polizia entrò in casa mia coi mitra e sequestrò conti bancari, telefono e computer. Fui accusato di associazione a delinquere di stampo camorristico. Non trovarono nulla».LE INTERCETTAZIONI – «In realtà confusero espressioni dialettali con chissà cosa. Io sono napoletano, parlando con lui dicevo “hai capito, sì?”. Ma non era ciò che intendevano loro. Lo facevo per togliermelo di torno. Fui accusato di aver manovrato un Chievo-Siena finito 1-1 del 2004, e io non giocavo nemmeno. La più grande soddisfazione me la diede Delio Rossi, però. Fu chiamato a testimoniare in merito e parlò di Lecce-Palermo di Serie B, stagione 2002-03, dove centrammo la promozione. Io ero già dei rosanero, ci giocavamo tutto con loro. Vincemmo 3-0 e ne uscii da migliore in campo. Per Rossi era impossibile che uno come me potesse vendersi una partita»

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