Calcio e Finanza
·12 luglio 2025
Il Decreto Sport sulle lesioni agli arbitri: novità reale o mossa demagogica?

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·12 luglio 2025
Articolo a cura dell’avvocato Nicolò Laitempergher (collabora con Simbari Avvocati Penalisti da ottobre 2024) e Armando Simbari (Founding Partner di Simbari Avvocati Penalisti).
Il Decreto-legge n. 96 del 30 giugno 2025 (che dovrà essere convertito in legge entro 60 giorni), definito “Decreto Sport”, oltre a prevedere una serie di norme finalizzate a supportare logisticamente ed economicamente alcuni grandi eventi sportivi, ha modificato anche il Codice penale, intervenendo in particolare sull’art. 583-quater c.p.[1]
Dal 1° luglio 2025, quindi, viene previsto un sensibile inasprimento della pena prevista per il reato di lesioni agli arbitri “in occasione delle manifestazioni sportive”.
La modifica normativa ha infatti aggiunto un ulteriore comma (il terzo), che estende anche ai direttori di gara l’inasprimento delle sanzioni già previsto in caso di lesioni cagionate a un ufficiale, agente di polizia giudiziaria o a soggetti esercenti la professione sanitaria.
A seguito di questo intervento, in caso di lesioni cd. gravi arrecate ad un arbitro, la nuova cornice edittale va da quattro a dieci anni di reclusione, mentre in caso di lesioni cd. gravissime la sanzione prevista va da otto a sedici anni di reclusione.
Si tratta di un significativo aggravio di pena, pari infatti a circa un terzo della fattispecie ordinaria di lesioni (che è punita con la reclusione da tre a sette anni per le lesioni gravi e da sei a dodici anni per le gravissime).
Questa scelta legislativa si inserisce in un più ampio filone di misure normative dalle finalità marcatamente general-preventive adottate nei mesi scorsi dal Governo (attraverso lo strumento legislativo del decreto-legge) e che sembrano essere dirette a orientare le condotte della comunità in vista di importanti manifestazioni che interesseranno l’Italia nei prossimi anni, come le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina, le ATP Finals di Torino e l’America’s Cup a Napoli.
L’intervento in esame fa infatti il paio con una recente modifica al Codice penale (apportata dalla Legge 9 giugno 2025, n. 80) che ha integrato il catalogo delle “circostanze aggravanti comuni” previsto dall’art. 61 c.p. con il nuovo comma 11-septies, il quale stabilisce un aumento di pena se il fatto è commesso “in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni”.
Alla luce di quanto appena visto, sembra esservi una sostanziale sovrapposizione tra l’art. 583-quater c.p. nella sua nuova formulazione e l’aggravante poc’anzi evocata, prevedendo entrambi un inasprimento di pena nel caso in cui le lesioni siano cagionate in occasione di manifestazioni sportive (l’aggravante introdotta all’art. 61 c.p. è più estensiva dell’art. 583-quater c.p., ricomprendendo qualsiasi condotta di reato anche a danno di soggetti diversi dai direttori di gara).
L’avvocato Armando Simbari (foto Calcio e Finanza)
Insomma, le condotte violente che riguardano arbitri e direttori di gara sono ritenute meritevoli di una specifica tutela e considerate di un disvalore sociale tale da necessitare un’autonoma fattispecie di reato a tutela del bene giuridico.
Ci si deve però interrogare se la scelta di ricorrere alla repressione penalistica di siffatti comportamenti sia davvero giustificata da effettive esigenze di tutela e di deterrenza o piuttosto rappresenti una reazione politica e demagogica a fenomeni sociali che oramai sono – purtroppo – piuttosto diffusi ma che forse meriterebbero, più che una risposta sanzionatoria, un approccio preventivo che porti ad un cambiamento culturale.
Infatti, di recente si assiste sempre più spesso a un approccio pan-penalistico del legislatore che rischia paradossalmente di inasprire il conflitto e di produrre effetti contrari a quelli di prevenzione generale che la normativa penale dovrebbe perseguire.
Ciò sembra valere in modo particolare per soggetti come gli arbitri, i quali, specie in occasione di grandi eventi come le partite di calcio dei massimi campionati, sono costantemente sotto osservazione e particolarmente esposti a pressioni, violente critiche e comportamenti ostili da parte del pubblico e, talvolta, persino dei soggetti appartenenti alle società sportive partecipanti alla manifestazione.
Rimane inoltre qualche dubbio sulla proporzionalità di una pena che, in caso di lesioni gravissime, può arrivare fino a sedici anni di reclusione: una sanzione che si avvicina a quella prevista per fattispecie ben più gravi come, ad esempio, l’omicidio preterintenzionale, punito con la reclusione da dieci a diciotto anni, mettendo così in discussione il principio di proporzionalità della pena rispetto alla gravità del fatto.
In conclusione, invece di inserire nuove fattispecie con una frammentazione della normativa penalistica, il legislatore avrebbe forse potuto privilegiare politiche educative e preventive per contrastare in senso lato la violenza negli stadi, che appaiono sì più complesse e costose da attuare, ma potenzialmente più efficaci a lungo termine.
[1] Cfr. art. 11 del D.L. n. 96/2025.
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