Calcionews24
·5 gennaio 2025
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Dario Marcolin oggi è una delle voci di Dazn. Nel 2000 era insieme a Simone Inzaghi e Sergio Conceiçao parte di quella Lazio che ha vinto lo scudetto. Oggi racconta su La Gazzetta dello Sport come vede il derby di Supercoppa tra Inter e Milan.
IL PRIMO DERBY – «Quello di Riad sarà solo il primo di tanti derby. Perché Sergio è un allenatore pratico, che non fa rivoluzioni e non è divisivo, uno di quelli che possono aprire un ciclo, lo abbiamo visto al Porto. E Simone è… Simone, un vincente che il suo ciclo all’Inter lo ha già aperto da un po’».CHE GARA SARA’ – «Partiamo dalla trama: appassionante, apertissima, sarà una partita equilibrata. Il titolo potrebbe essere “Un affare di famiglia”, perché calcisticamente parlando Simone e Sergio sono figli dello stesso pare. Da Eriksson Inzaghi ha ereditato la gestione del gruppo: grandi campioni, tutti partecipi. All’Inter non ci sono scontenti, come nella nostra Lazio. Per Conceiçao direi l’importanza degli esterni da uno contro uno: nel suo calcio sono fondamentali, come lo erano lui e Nedved per Eriksson».DIFFERENZE TRA I DUE MISTER – «Sono diversi, sì. Sergio è di poche parole, diretto, e questo carattere lo trasferisce alle squadre che allena: il suo Porto era solido e verticale, il Milan probabilmente lo diventerà ed è quello che serve ai rossoneri in questo momento. Simone ha una bella empatia, che nasce anche dal percorso all’Inter: in quattro anni ha via via scremato i giocatori fino a guidare un blocco che sente suo. A Inzaghi piace dialogare di più perché argomenta di più, proprio come l’Inter, che sul campo costruisce e attacca con tanti uomini. Entrambi però hanno un punto in comune. Costruiscono squadre attentissime dietro senza perdere il Dna offensivo che li ha contraddistinti da calciatori. Simone ha trasformato il 3-5-2 in un modulo ultraoffensivo, le squadre di Sergio cercano la profondità in maniera diciamo più essenziale, e creano sempre pericoli nell’area avversaria. La strada maestra resta quella del gol, come quando giocavano: ognuno dei due ci arriva seguendo percorsi differenti».LAUTARO – «Io ho l’impressione che segnare meno non lo disturbi: corre, lavora per i compagni, non si risparmia nemmeno all’ultima azione della partita. Che faccia gol o meno, Lautaro resta funzionale al gioco dell’Inter, conta questo».