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·27 ottobre 2025

Inter, Sportmediaset, la lezione di Chivu non è a Conte ma all’Italia intera

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In Italia tecnico dell’Inter appare un alieno: non accusa gli arbitri, non cerca scuse, tiene la comunicazione esclusivamente sul campo

Inter, Sportmediaset, la lezione di Chivu non è a Conte ma all’Italia intera

Mentre la polemica su Napoli-Inter infiammava il Paese, l’unico a mantenere lucidità è stato Cristian Chivu. Da lui parte una riflessione che va oltre il calcio.


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Mentre l’Italia calcistica continua a discutere del contatto Di Lorenzo-Mkhitaryan e delle decisioni di Mariani in Napoli-Inter 3-1, una parte del Paese sembra bloccata in un eterno replay. Si discute ovunque – sui social, in tv, in radio, nei bar – come se ogni episodio arbitrale fosse una ferita nazionale. Ed è vero: fa parte del gioco, perché il calcio vive anche di opinioni, emozioni e contrasti.

Ma il problema è quando tutto si riduce solo a questo. Quando le polemiche diventano l’unico centro di gravità del nostro calcio.

Chivu, l’unico a mantenere la calma

In mezzo al rumore generale, Cristian Chivu ha scelto un’altra strada. Dopo una sconfitta pesante, in una serata segnata da tensioni e accuse, il tecnico nerazzurro si è presentato ai microfoni con una serenità che ha spiazzato tutti.

Non era una calma costruita, figlia di qualche “camomilla da spogliatoio”, ma un atteggiamento autentico. Chi lo conosce bene sa che è sempre stato così: riflessivo, equilibrato, mai incline al vittimismo.

Già da calciatore, anche nei momenti più difficili – come il celebre episodio del 2011 in Bari-Inter – Chivu ha sempre saputo guardarsi dentro e prendersi le proprie responsabilità.

Le tre frasi che raccontano una mentalità diversa

Nel post partita del Maradona, Chivu ha pronunciato parole che andrebbero rilette e comprese fino in fondo. Tre dichiarazioni che sintetizzano una filosofia sportiva e culturale che, forse, abbiamo dimenticato.

Sulle polemiche: “La società ha il diritto di fare quello che pensa sia giusto, io da allenatore per coerenza non verrò mai a lamentarmi qua. Ho una dignità e un approccio diverso da quello a cui molti sono abituati.”

Sulla squadra: “I giocatori devono pensare solo a giocare. Abbiamo sprecato energie a discutere con la loro panchina e da lì non siamo più riusciti a mantenere la lucidità. Dovevamo capire meglio i momenti della partita.”

Sul sistema calcio: “Io sto cercando di cambiare le cose ma per ora lotto da solo. Siamo sempre abituati a piangere e lamentarci, ma dobbiamo evolverci. Finché sarò qui continuerò a provarci.”

Tre concetti semplici, ma rivoluzionari nel contesto di un calcio che vive di accuse, alibi e reazioni emotive.

Una lezione per il calcio e per il Paese

Chivu non ha lanciato una frecciata a Conte, a Marotta o agli arbitri. Ha fatto qualcosa di più difficile: ha dato una lezione di equilibrio e responsabilità a tutto il sistema.

Le sue parole non erano un atto di resa, ma un invito a crescere, ad andare oltre il riflesso condizionato della lamentela. Un messaggio che vale per chi scende in campo, per chi commenta e, più in generale, per un Paese che spesso fatica ad accettare l’errore e la complessità.

Ripartire da qui

Forse, la vera rivoluzione del calcio italiano parte da atteggiamenti come questo. In un ambiente dove gridare paga più che riflettere, la calma di Chivu è un atto di coraggio.

Sta a noi decidere come leggerla: come una predica, o come un’occasione per evolvere. Perché, altrimenti, ci ritroveremo tutti – ancora una volta – a discutere del prossimo rigore dubbio, senza aver imparato nulla.

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