Ivan Zazzaroni: «Pallone d’Oro, l’Italia non produce più stelle ma anche all’estero… Guardate i campioni del passato, dove sono quelli di oggi?» | OneFootball

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·8 agosto 2025

Ivan Zazzaroni: «Pallone d’Oro, l’Italia non produce più stelle ma anche all’estero… Guardate i campioni del passato, dove sono quelli di oggi?»

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Zazzaroni si esprime così su quelle che sono state le selezioni per il Pallone d’Oro

Un confronto impietoso, una provocazione che suona come una sentenza. Nel suo editoriale per il Corriere dello Sport, Ivan Zazzaroni analizza la lista dei 30 candidati al Pallone d’Oro 2025 e la mette a paragone con quella di diciotto anni fa, arrivando a una conclusione amara: il calcio moderno ha perso i suoi “tenori”, e la qualità generale si è notevolmente abbassata.Il direttore parte da una domanda tanto semplice quanto brutale: chi, tra i candidati di oggi, avrebbe meritato un posto nella lista del 2007?

La sua risposta è un’accurata selezione, in cui, pur cercando di essere «particolarmente generoso», salva solo la metà dei nominati attuali: «Donnarumma, Doué, Haaland, Kvara, Mbappé, Nuno Mendes, João Neves, Palmer, Pedri, Raphinha, Salah, Vinicius, Wirtz, Vitinha e Yamal». Quindici nomi, a fronte di una lista del 2007 che, secondo Zazzaroni, era un’autentica parata di stelle.


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È qui che il confronto diventa spietato. Il direttore elenca una serie di campioni che, in quell’edizione, sarebbero stati intoccabili: «Kakà, che vinse, e di seguito Ronaldo, Messi, Drogba, Pirlo, van Nistelrooy, Ibra, Fabregas, Robinho, Totti, Ronaldinho, Gerrard, Dani Alves, Inzaghi, Ribery, Maldini, Buffon, Cech, Henry, Seedorf, Cannavaro, Rooney, Casillas, Eto’o, Giggs, Tevez e van Persie». Sono 27 leggende, il che lascerebbe posto solo per tre dei fenomeni di oggi. Un verdetto che porta a una conclusione inequivocabile: «Non produciamo più tenori noi, ma anche all’estero la qualità è notevolmente calata».L’editoriale si chiude con una stoccata velenosa e diretta alla FIFA e al suo presidente, accusati di essere più interessati al business che alla salute del gioco.

«Pensate che Infantino se ne preoccupi? C’è sempre un altro bel Mondiale da organizzare, magari per club il cui nome comincia per “c”, e passa la paura». Un’accusa che non lascia spazio a interpretazioni, il ritratto di un calcio che ha perso la sua magia, ma non la sua capacità di generare profitti.

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