Joe Jordan strizza l’occhio alla Juventus: «Era la squadra più forte in quegli anni, aveva sia stranieri che italiani di altissimo livello…» | OneFootball

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·10 novembre 2025

Joe Jordan strizza l’occhio alla Juventus: «Era la squadra più forte in quegli anni, aveva sia stranieri che italiani di altissimo livello…»

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Joe Jordan ha ricordato così la Juventus nel corso di un’intervista. Cosa ha detto sulle sfide contro i bianconeri

Joe Jordan, lo “Squalo” del calcio italiano, ha rilasciato un’intervista a La Gazzetta dello Sport ricordando suoi anni in Serie A tra Milan e Verona, parlando anche della Juventus. Ecco le sue parole.


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PERCHÉ SCELSE L’ITALIA – «Volevo giocare all’estero. Nel 1975 mi voleva il Bayern di Beckenbauer, ma il mio club di allora disse no. Nel 1981 ero al Manchester United ed ero felice: si erano interessati a me un paio di club inglesi, io volevo giocare all’estero e quando seppi del Milan decisi di andare».

IL SUO IMPATTO – «Arrivai con mia moglie e i miei tre figli e la società, allora il proprietario era il signor Colombo, si prese cura di me. La moglie del signor Colombo portava spesso mia moglie al supermercato. Adattarsi alla vita in Italia avrebbe potuto essere un problema, invece non lo fu mai. Il problema era vincere le partite: il Milan era un grande club, ma quello era un momento difficile. Prima che arrivassi io erano stati in Serie B (retrocessi per il Calcioscommesse, ndr) ed erano appena tornati in A».

IL MILAN RETROCESSE IN SERIE B«Penso che tutti, me compreso, dobbiamo accettare la responsabilità di non aver fatto meglio, perché avremmo decisamente potuto fare meglio. Non ci fu un singolo fattore a determinare la nostra retrocessione, ma un insieme di tante cose».

CHI ERANO I PIU’ FORTI «La Juve, che aveva sia stranieri che italiani di altissimo livello. Ma i giocatori italiani di quegli anni…l’Italia vinse il Mondiale nel 1982. E io ricordo che andai a quella finale. Ero a Marbella con degli amici, Franco Baresi mi procurò i biglietti e andammo a Madrid, nel ritiro dell’Italia. Incontrai Franco, Marco Tardelli e tanti altri. Era difficile scegliere il migliore di quell’Italia, erano tutti fortissimi. Tifai Italia ovviamente, dopo la finale andai a festeggiare ma eravamo nello stesso albergo della Germania: incrociai 5 giocatori in ascensore e non erano felici. Quella finale la vinse la squadra migliore».

PERCHÉ LA CHIAMAVANO LO SQUALO «Non lo so, forse perché non avevo due denti davanti, persi per un calcio in bocca nella mia prima partita in Inghilterra, dove ero arrivato a 18 anni dalla Scozia. Ho aspettato fine carriera per una soluzione permanente, quando arrivai al Milan ne avevo perso anche un altro».

IL SUO BILANCIO ITALIANO«Gli stranieri fino al 1980 in Italia non potevano giocare. Se non fossi venuto, sarebbe stata una perdita enorme per me: sotto tanti aspetti, è stata la mossa migliore che potessi fare. In Inghilterra ho giocato per ottimi club come Leeds e Manchester United, ma l’esperienza di giocare in un paese diverso, di vivere in modo diverso, è qualcosa che sono felice di aver potuto fare e che sarebbe stato un rimpianto enorme non fare».

LA LITE CON GATTUSO NEL 2011«Penso che lui abbia perso un po’ la testa: era stato espulso, doveva uscire dal campo, mi passò davanti e ci fu un faccia a faccia. Per nessuna ragione avrei permesso si andasse oltre: come giocatore, quando sei in preda alle emozioni, puoi fare cose di cui poi ti penti, ma da allenatore devi avere sempre disciplina. Sono sicuro che adesso che è allenatore anche lui la pensa allo stesso modo. Per me comunque era già tutto finito dopo la partita».

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