Calcionews24
·5 agosto 2025
Júlio César: «Mi dispiace per la Juve, non vedo talenti. Douglas Luiz? Sembra fuori contesto. E oggi guardo più il Borussia…»

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·5 agosto 2025
Un difensore brasiliano con la “garra” di uno stopper tedesco e la classe di un regista. Júlio César è stato un pilastro della Juventus di Trapattoni all’inizio degli anni ’90, un centrale elegante e tecnico che ha guidato la difesa bianconera alla conquista della Coppa UEFA nel 1993. La sua storia, però, è legata a un destino beffardo: passato al Borussia Dortmund, ha alzato al cielo la Champions League nel 1997 proprio in finale contro la sua ex squadra. Oggi, nella settimana che porterà all’amichevole tra i suoi due ex club, il “doppio ex” brasiliano, in una lunga intervista a Tuttosport, riapre l’album dei ricordi e analizza la Juventus di oggi, con uno sguardo critico ma sempre lucido, da chi conosce bene entrambi i mondi.
IL PRIMO RICORDO IN BIANCONERO – «Quando abbiamo vinto la Coppa Uefa nel 1993. Ero in difesa con Massimo Carrera, Jurgen Kohler e Marco De Marchi, all’andata. Poi Torricelli al ritorno. 6-1 in totale, Dino Baggio ne fa 3 nelle due partite. Poi c’era Roby Baggio: e che vuoi dire? Uno dei momenti più belli della mia carriera».TORINO GLI PIACEVA – «Certo. E molto. Anzi: tantissimo. Abitavo in pieno centro, in via Roma. La città era molto diversa da come posso immaginarla ora. Però sono stato davvero bene».DORTMUND – «Altro luogo del cuore. Rispetto a Torino, un posto differente, però non posso dire migliore o peggiore. Semplicemente, sono città diverse, e sono stato bene pure lì. Anche se al primo anno ho avuto qualche difficoltà in più rispetto all’Italia. Un po’ per la lingua, un po’ per la mentalità che c’era in Germania. Le persone erano più chiuse, almeno inizialmente. Ho girato tanto».PER CHI TIFA OGGI – «Devo essere onesto: guardo di più il Borussia. Questione di rapporti, più che di fede. Ho ancora un legame forte con Dortmund anche perché abbiamo una squadra di vecchie glorie. Siamo spesso insieme, in Europa e nel mondo. Ed è comunque la squadra con cui ho vinto la Coppa dei Campioni».UN GIUDIZIO SULLA JUVE ATTUALE – «Le dico la verità: a me, per la Juve, dispiace proprio. Nell’ultimo anno ha trovato delle difficoltà evidenti, non riuscendo a trovare quella continuità che è fondamentale per stare a certi livelli».UNA SPIEGAZIONE ALLA CRISI – «Una ce l’ho, o almeno mi è più chiara: il calcio italiano non ha più un numero forte di giocatori azzurri, che siano nati e prodotti da voi».I TALENTI IN SERIE A E ALLA JUVE – «No, ne vedo pochi. Perché c’è meno tecnica, mi sembra chiaro. Vale un po’ il discorso generale. Ce ne sono alcuni di bravi, ma se devo indicare uno dalla qualità sopraffina, non riesco. Non c’è davvero uno che mi faccia dire: sì, questo è da Juve».IL CASO DOUGLAS LUIZ – «Anche io ne ho fatta qualcuna, soprattutto sui ritardi e sui ritiri. Oggi magari te la fanno pesare di meno, comunque lui mi sembra più fuori contesto. Come se non si fosse adattato. E in generale oggi vedo più personalismi, il pensiero è meno rivolto al gruppo, all’idea di squadra. Meno serietà, ecco».IL RIENTRO DI BREMER – «Con Gleison ci vuole tempo, l’obiettivo dev’essere tornare a giocare al massimo, cioè al livello a cui era prima abituato. Per me ci sono ancora dei giocatori davanti a lui [nella Seleção], anche perché gioca in un campionato magari meno visto. Penso a Marquinhos, a Gabriel Magalhaes. Sono calciatori che hanno già dimostrato».L’ADDIO DI DANILO – «Beh, ma Danilo è Danilo. Quanti anni è stato alla Juventus? Cinque. Ed è stato il capitano della squadra. Appunto. Ha detto tutto lei. Poteva fare ancora di più, poteva essere utile a questa Juve in ricostruzione, specialmente con un percorso fatto di giovani».