Footbola
·2 ottobre 2020
In partnership with
Yahoo sportsFootbola
·2 ottobre 2020
Se siete ancora scettici riguardo l’applicazione di modelli statistici nel calcio, probabilmente non avete mai sentito parlare di Matthew Benham. Laureatosi in fisica a Oxford, Benham è arrivato a essere tra i vicepresidenti della Bank of America prima di lanciarsi nel mercato delle scommesse nel 2001, inizialmente come trader per Premier Bet – di proprietà di Tony Bloom, attuale presidente del Brighton -, poi con la fondazione di Smartodds, una società che fornisce servizi di ricerca e consulenza per scommettitori il cui grande successo lo ha portato a rilevare il controllo di Matchbook, un portale di betting exchange. Nel 2009, Benham decide di “scendere in campo”, diventando azionista di maggioranza del Brentford FC (la squadra di cui è tifoso) e poi, cinque anni dopo, del Midtjylland, club danese con sede a Herning – che, come dice il nome della squadra, si trova al centro dello Jutland – nato nel 1999 dalla fusione tra Ikast FS e Herning Fremad e già stabilmente tra le migliori squadre della Superliga, dove aveva raccolto due secondi e quattro terzi posti in quattordici stagioni.
La sua storia si lega a doppio filo a quella di Rasmus Ankersen, ex calciatore danese autore di un libro sull’utilizzo delle statistiche nello sport (in particolare nello scouting) e tifoso della squadra di cui, dopo l’incontro con Benham, divenne presidente, carica che ricopre tuttora oltre a essere diventato direttore dell’area scouting del Brentford.
L’obiettivo era importare un modello in stile “Moneyball” nel mondo del calcio, palesemente in ritardo, in particolare rispetto agli sport americani, nell’adozione di strumenti analitici al passo con il progresso tecnologico; ciò è dovuto in parte alla sua natura di sport a basso punteggio, dove la scarsa frequenza degli eventi decisivi (i gol) rende più complesso valutare l’efficacia degli altri eventi che occorrono nei 90 minuti, e in parte alla mentalità conservatrice e retrograda di molti addetti ai lavori (dirigenti, staff tecnici e giornalisti) anche ai massimi livelli. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: il Brentford pochi mesi fa è arrivato a un passo dalla prima storica promozione in Premier League, mentre il Midtjylland ha vinto tre degli ultimi sei campionati, formando un ormai stabile duopolio con il ben più blasonato FC Copenhagen, che ha conquistato gli altri tre.
I successi sportivi sono sempre stati accompagnati da una sana crescita economica, finanziata dalle cessioni di giocatori spesso acquistati a poco – o cresciuti nel florido settore giovanile – e rivenduti a cifre importanti. Alcuni esempi: il centravanti Paul Onuachu, prelevato 18enne in Nigeria dall’FC Ebedei e ceduto l’anno scorso per 6 milioni al Genk, dove attualmente è il miglior marcatore della Pro League; il centrale difensivo gambiano Bubacarr Sanneh, acquistato per 200mila euro dall’Horsens e ceduto pochi mesi dopo per 8 milioni all’Anderlecht; l’enorme centravanti norvegese Alexander Sörloth, capocannoniere dello scorso campionato turco (col Trabzonspor) appena trasferitosi al Lipsia, che fu preso dal Groningen per 450mila e ceduto al Crystal Palace per 9 milioni.
A volte, poi, i giocatori ritornano dopo qualche anno, come nel caso del capitano Erik Sviatchenko, difensore centrale di origini ucraine nel giro della nazionale danese, ceduto al Celtic nel 2016 e riacquistato due anni dopo dal club nel quale era cresciuto, e dell’esterno offensivo Pione Sisto, tornato a casa a 25 anni per conquistarsi un posto ai prossimi Europei dopo quattro anni al Celta Vigo, dove ha raccolto 135 presenze e 18 gol ma nelle ultime due stagioni era gradualmente scivolato tra le riserve.
Mai però, prima di quest’anno, il Midtjylland era riuscito a qualificarsi per i gironi di Champions League: l’impresa è particolarmente ardua in quanto il quattordicesimo posto nel ranking UEFA concede alla Danimarca una sola squadra, che deve inoltre affrontare tre turni preliminari. Nelle scorse settimane la squadra guidata da Brian Priske è riuscita a vincere di misura sul campo dell’ostico Ludogorets (campione di Bulgaria), poi in casa sui campioni svizzeri dello Young Boys per 3-0 (entrambe in gara secca causa Covid) e infine ha avuto la meglio in 180’ sullo Slavia Praga, altro campione nazionale e tra le squadre più sorprendenti nelle ultime due stagioni europee, in cui aveva prima raggiunto i quarti di Europa League (eliminato dal Chelsea) e poi giocato per larghi tratti alla pari contro Inter, Barcellona e Borussia Dortmund in un girone di Champions ai limiti dell’impossibile.
Il primo tempo si chiudeva quindi con un solo tiro in porta – un fiacco tentativo dalla distanza del centrale difensivo Scholz. Il secondo tempo è iniziato sulla stessa falsariga, ma a sorpresa la svolta è arrivata con la sostituzione simultanea, all’ora di gioco, dei due uomini più attesi – Sisto ed Evander – per l’ingresso di due centrocampisti offensivi: il bulgaro Kraev e il danese Dreyer.
L’impressione era che servisse il classico “episodio” a favore, e la dea bendata è stata particolarmente generosa. Il pareggio è arrivato con un colpo di testa dell’attaccante guineano Sory Kaba, che sul cross del neo-entrato Dreyer ha staccato altissimo sfruttando l’uscita a vuoto del portiere Kolář e riscattando le tante sponde imprecise della sua partita.
Poi, a dieci dal 90’, l’episodio-chiave: un rigore concesso per uno sfortunato fallo di mano, calciato dallo stesso Kaba, viene respinto da Kolář, ma qualche secondo dopo l’arbitro viene richiamato dal VAR; il portiere si è mosso in anticipo e il rigore va ripetuto, stavolta sul dischetto si presenta Scholz che segna il gol del vantaggio.
I successivi gol di Onyeka e Dreyer (con un meraviglioso tiro da fuori) sono diretta conseguenza del crollo psicologico dei boemi, che abbandonano il campo e la competizione con un passivo assolutamente immeritato.
Il Midtjylland propone un calcio ambizioso e offensivo, e sarà interessante vedere se, contro avversari teoricamente fuori portata come Liverpool, Ajax e Atalanta terranno fede alla propria filosofia cercando di pressare alto, o se adotteranno una strategia più reattiva. Una componente fondamentale del 4-3-3 del Midtjylland è proprio pressing ad alta intensità, aspetto a cui si lega la bassa età media della rosa: esclusi il portiere e i centrali difensivi, nessuno dei giocatori schierati contro lo Slavia ha più di 25 anni.
Altro grande punto di forza della squadra è la solidità difensiva, come testimonia l’unico gol subito nelle quattro partite dei playoff: l’esperto portiere Hansen e i centrali Sviatchenko e Scholz sono ormai alla terza stagione insieme, e nella Superliga 2019/20 hanno incassato soltanto 20 gol in 32 partite, escludendo le ultime quattro in cui avevano già conquistato il titolo.
Le modalità di scouting all’avanguardia si riflettono in una composizione molto eterogenea della rosa dal punto di vista delle nazionalità (al momento dieci) e dei campionati di provenienza. Oltre alla stella Evander – per cui si parla di un interessamento del Porto dopo una stagione da 8 gol e 9 assist – ci sono altri due brasiliani: il 25enne terzino sinistro Paulinho, molto veloce e discretamente tecnico, e il 21enne attaccante di riserva Júnior Brumado, presi entrambi dal Bahia.
In mezzo al campo è ormai un titolare fisso lo svedese classe ‘99 Jens Cajuste, giocatore principalmente di rottura con un’importante struttura fisica e una buona tecnica nello stretto; probabilmente sbarcherà presto in un campionato d’élite. Al suo fianco dovrebbero alternarsi Bozhidar Kraev – mezzala bulgara dinamica e d’inserimento, 8 gol in prestito al Gil Vicente nell’ultima Primeira Liga portoghese – e Frank Onyeka, 22enne nigeriano bob-to-box con buone doti atletiche e tecniche ma dal rendimento ancora discontinuo.
Davanti l’arrivo di Sisto – che partendo sulla carta da esterno sinistro si sta in realtà comportando spesso da “tuttocampista”, un po’ come il Papu Gómez nell’Atalanta – porta vitalità nel reparto forse meno attrezzato: i centravanti Kaba e Brumado vedono poco la porta (7 e 2 gol nello scorso campionato), mentre sull’altra fascia si giocano una maglia l’australiano Awer Mabil (nato in Sud Sudan e poi trasferitosi come rifugiato), dinamico e veloce, e il danese Anders Dreyer, brevilineo ma più dotato tecnicamente e, come abbiamo visto, anche nel tiro dalla distanza.
Il presidente Ankersen, intervistato ieri, ha rivelato di essersi ritrovato parecchi messaggi al suo risveglio, da parte di agenti “improvvisamente” interessati a portare in Danimarca i propri assistiti. La Champions è una vetrina straordinaria per un club di queste dimensioni, oltre a portare ricavi che aiuteranno a ridurre ulteriormente il gap di risorse con il FC Copenhagen, naturalmente dotato di un bacino d’utenza molto superiore. Ankersen non ha voluto fare promesse ai tifosi, ma ha lasciato intendere che ci sono tante situazioni di mercato aperte e, probabilmente, arriveranno dei rinforzi.
Il girone sulla carta è proibitivo e anche il terzo posto sembra fuori portata, ma il Midtjylland non parte per fare la comparsa e, comunque vada, è un grande passo in avanti per collocare sulla mappa del grande calcio europeo una cittadina di 90mila abitanti che si trova, per usare le parole dello stesso Ankersen, “in the middle of nowhere”.