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·18 settembre 2024

Lazio, Luis Alberto: “Non sarei mai andato via”

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Luis Alberto ha parlato ai microfoni di Cronache di spogliatoio della sua avventura alla Lazio, dichiarando tutto il suo amore per i colori biancocelesti e il rammarico per quell’annata del 2020.

Adesso in forza ai qatarioti dell’Al-Duhai, Luis Alberto non smette di ricordare con un sapore dolce e amaro la sua bellissima e lunga parentesi alla Lazio: “Non sarei mai andato via dalla Lazio. Sarei rimasto a vita. E ci ripenso spesso: chissà se nel 2020 avremmo potuto vincere lo Scudetto. Eravamo lì. Poi è arrivato il Covid, è arrivato il lock-down. Senza, ce la saremmo giocata fino all’ultima giornata.


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ROME, ITALY – APRIL 27: Luis Alberto of SS Lazio reacts during the Serie A TIM match between SS Lazio and Hellas Verona FC at Stadio Olimpico on April 27, 2024 in Rome, Italy. (Photo by Marco Rosi/Getty Images)

Lazio, Luis Alberto: “Non so cosa sia successo quell’anno”

L’ex numero 10 biancoceleste continua a non darsi pace per quello Scudetto sfumato nel 2020: “Eravamo lì per vincere, sicuramente. Perché non so cosa sia successo. Appena il campionato è ripreso, abbiamo perso Leiva e Cataldi per infortunio, ma anche Marusic e Patric. Siamo rimasti in pochi, dopo due mesi fermi, e il nostro ritmo non era più lo stesso. Fino a febbraio, le partite in casa le vincevamo al 20′. Eravamo in testa con la Juventus, con 17 vittorie su 22 partite, e avevamo alzato la Supercoppa Italiana. Era normale che ne parlassimo in spogliatoio. Siamo arrivati ad affrontare il Milan senza Ciro e Caicedo. Nella prima partita dopo il lockdown, vincevamo 0-2 contro l’Atalanta. Abbiamo fallito lo 0-3 e alla fine abbiamo perso 3-2. Ne abbiamo parlato tante volte nello spogliatoio. E anche dopo, di come sarebbe potuta andare. Alla fine siamo arrivati in Champions League, che era importante per i tifosi e la società. Sono stato contento che, almeno mister Inzaghi, alla fine sia riuscito a vincere lo Scudetto. Per noi non era soltanto un allenatore, era come un padre calcistico. Con lui anche chi non giocava era contento. Fa la differenza sotto l’aspetto umano“.

Di seguito sono riportati i pezzi salienti dell’intervista.

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ROME, ITALY – JANUARY 15: Luis Alberto of Lazio celebrates with SS Lazio coach Simone Inzaghi after scoring his team’s third goal during the Serie A match between SS Lazio and AS Roma at Stadio Olimpico on January 15, 2021 in Rome, Italy. (Photo by Paolo Bruno/Getty Images)

Su Inzaghi…

Inzaghi era alla Lazio da 21 anni. Quando non vincevamo una partita, la mattina successiva era distrutto. Lo vedevi, il calciatore ne rimaneva colpito. Dentro di te, dicevi: ‘La prossima partita dobbiamo vincere per lui’. Ti dava tutto e con lui, facevamo ciò che volevamo: ‘Mister, per favore, possiamo cambiare orario di allenamento che domani abbiamo una cena? ‘, oppure ‘Mister, domani devo portare mio figlio in un posto, posso arrivare leggermente dopo? ‘. Lui è stato giocatore e ha figli, ti rispondeva: ‘Nessun problema, vai. Il calcio è una cosa, la vita un’altra‘. E alla fine quello ti rimane dentro“.

Perché sei andato via?

Ditemi uno che è uscito bene dalla Lazio. Fanno così: guardate ora proprio Cataldi… era lì fin da piccolo. È un peccato perché poi vedi altre squadre che si comportano diversamente: almeno ti fanno fare un saluto o una conferenza stampa. Radu, ma anche con Lulic e Milinkovic-Savic, a nessuno di loro è stato concesso. Tutti escono male perché non parlano in faccia, è un peccato. La Lazio è una società speciale, però non per le persone che ci sono dentro, ma per quello che c’è fuori, che è una roba pazzesca. Noi eravamo felici dentro perché c’erano Inzaghi e Tare. Con Igli ho litigato mille volte, ma sapevamo che eravamo due persone giuste e trovavamo la ragione. Dopo quel periodo è finito tutto. Quella è stata la differenza, anche quando è andato via Sarri, era finito il ciclo. Avevo appena rinnovato, per me l’idea era restare a vita. Non mi andava però di rimanere in un posto in cui non vedevo niente di pulito. Non sono mai stato zitto. Era il momento di andarmene

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Lazio’s Italian headcoach Maurizio Sarri (L) speaks with Lazio’s Spanish midfielder #10 Luis Alberto during the Italian Serie A football match between SSC Napoli and SS Lazio at the Diego Armando Maradona Stadium on September 2, 2023. (Photo by CARLO HERMANN / AFP) (Photo by CARLO HERMANN/AFP via Getty Images)

La fine definitiva?

La fine definitiva è stata la partenza di Sarri. Aveva un carattere particolare. lo pure. lo volevo andare al Cadice in prestito perché non ero contento. Torno dopo 10 giorni in Spagna, era durante la sosta per il Mondiale. Volevo andare al Cadice, mi allenavo come un matto. Lui lo nota e io gli dico: ‘Voglio andare al Cadice’, al mio paese. Mi risponde: ‘No, non vai da nessuna parte. Se ti alleni così, giochi ovunque con me. Ho capito il tuo carattere’. Mi dice così e io gli ho dato fiducia. Ho iniziato a giocare. Gli ho detto dell’offerta dal Qatar, mi ha detto che avrei dovuto rinnovare. Parlavamo tutti i giorni. Mi dicevano che parlavo tanto dentro al campo, ma cercavo di aiutare il mister dentro al campo. Quando è andato via, mi è dispiaciuto. Le sue sedute video erano durante la siesta, per noi spagnoli con tanti video c’era il rischio di addormentarsi! Tatticamente il migliore che ho avuto“.

Gli spogliatoi che hai vissuto…

L’unico anno in cui mi sono divertito in carriera, però, è stato un altro. Tanti anni fa, a Barcellona. Mi sono allenato alcune volte con i grandi. Il più forte era senza dubbio Messi, ma mi impressionava Busquets, come si allenava, oppure Iniesta. Xavi era già allenatore in campo. Era bello allenarsi con loro perché capisci tante cose. È stato l’unico anno divertente della mia carriera. Anche a Liverpool lo spogliatoio era bellissimo. Avrei potuto fare di più: sarei potuto rimanere li, ma ero giovane e volevo giocare, quindi sono andato. Suarez per me è stato come un padre lì, è una bellissima persona. Un fenomeno. Ero sempre con lui. Non ho giocato tanto ma ho imparato“.

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