Calcio e Finanza
·16 gennaio 2025
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La Corte di Giustizia dell’Unione Europea va verso un ridimensionamento del ruolo del TAS, il Tribunale Arbitrale dello Sport. Oggi infatti l’avvocata generale della Corte UE Tamara Ćapeta ha infatti espresso un parere (non vincolante) sul caso che riguarda in particolare un club belga all’interno di uno scontro con la FIFA: l’opinione tuttavia è che i lodi arbitrali del TAS debbano essere soggetti al controllo anche da parte dei giudizi nazionali, al contrario di quanto avviene oggi.
«Una società calcistica belga, il Royal Football Club Seraing, ha concluso con una società maltese, la Doyen Sports, un contratto di trasferimento dei diritti economici di diversi calciatori», si legge nella nota con cui la Corte di Giustizia UE ha ricostruito il caso. «La commissione disciplinare della Fédération internationale de football association (FIFA) ha ritenuto che tale accordo violasse le norme della FIFA che vietavano la proprietà da parte di terzi dei diritti economici dei giocatori. Tale commissione ha imposto talune misure disciplinari al Royal Football Club Seraing, confermate dal Tribunale arbitrale dello sport (TAS) e dal Tribunale federale svizzero».
«Al fine di far dichiarare che le norme della FIFA che vietano la proprietà da parte di terzi dei diritti economici dei giocatori violano il diritto dell’Unione, la Doyen Sports ha adito i giudici belgi. Tali giudici hanno declinato la loro competenza per il motivo che il diritto belga attribuisce autorità di cosa giudicata a taluni tipi di lodi arbitrali commerciali, ivi compresi i lodi del TAS. Investita di un ricorso, la Corte di cassazione del Belgio chiede alla Corte, in particolare, se il diritto dell’Unione osti all’applicazione di siffatte disposizioni nazionali a un lodo arbitrale che è stato verificato unicamente da un giudice di uno Stato che non è uno Stato membro dell’Unione europea».
«Nelle conclusioni presentate in data odierna, l’avvocata generale Tamara Ćapeta considera che gli operatori sportivi dell’Unione soggetti al sistema di risoluzione delle controversie della FIFA devono poter disporre di un accesso diretto e di un controllo giurisdizionale completo, da parte di un giudice nazionale, di tutte le norme del diritto dell’Unione, e ciò nonostante un lodo definitivo del TAS».
«L’avvocata generale distingue l’arbitrato sportivo dall’arbitrato commerciale per due motivi. In primo luogo, ella chiarisce che una caratteristica essenziale dell’arbitrato commerciale è la libera accettazione della clausola compromissoria da entrambe le parti. Tale caratteristica giustifica la limitazione del controllo dei giudici nazionali, nell’ambito dell’arbitrato commerciale, alle questioni di ordine pubblico».
«Tuttavia, tale giustificazione non si applica al tipo di clausola compromissoria sportiva di cui trattasi nel caso di specie. Le clausole arbitrali sportive della FIFA sono obbligatorie. Gli operatori sportivi soggetti alle norme della FIFA non hanno altra scelta se non quella di sottoporre le loro controversie alla commissione disciplinare della FIFA e, successivamente, al TAS. I lodi emessi nell’ambito di tale sistema non possono quindi limitarsi a questioni di ordine pubblico e devono poter essere oggetto di un controllo giurisdizionale completo».
«In secondo luogo, l’avvocata generale Ćapeta chiarisce che il sistema di risoluzione delle controversie istituito dallo statuto della FIFA è caratterizzato dal suo carattere autosufficiente. Contrariamente a una controparte in un arbitrato commerciale, la FIFA può eseguire autonomamente il lodo arbitrale vietando ai giocatori o ai club o associazioni di partecipare alle proprie competizioni».
«In altri termini, la FIFA non ha bisogno di rivolgersi a un giudice. Gli Stati membri devono quindi consentire un accesso diretto a un giudice che disponga del potere di controllare giudiziariamente la compatibilità delle norme della FIFA con il diritto dell’Unione, anche qualora un lodo arbitrale del TAS che applica tali norme sia stato confermato dal Tribunale federale svizzero», conclude la nota della Corte UE.
Va ricordato, tuttavia, che il parere dell’avvocatura generale non è vincolante per la sentenza della Corte di Giustizia UE: al tempo stesso, è raro che la Corte si esprima in maniera nettamente opposta rispetto al parere dato dall’avvocatura generale.