Calcionews24
·18 dicembre 2024
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Marco Macina è stato uno dei ragazzi giovanissimi che nel Bologna d’inizio anni ’80 si era messo in luce insieme a un certo Roberto Mancini. Un talento evaporato presto, con la decisione di dare l’addio al calcio a soli 24 anni. Oggi su La Gazzetta dello Sport c’è una sua intervista.
IL MIGLIORE – «Dai 14 ai 19 anni ero il migliore di tutti. Un giorno un dirigente della nazionale giovanile azzurra mi disse: sei il più forte dei fortissimi. Era vero».IL PUNTO DI FORZA – «La tecnica, la padronanza del pallone. Più di Cristiano Ronaldo, più di Ibra. Giocavo ala sinistra, facevo la differenza. Il grande Nils Liedholm sosteneva che ero l’unico calciatore al mondo a correre più forte con il pallone che senza»TRE VITE – «Ho vissuto tre vite. La prima fino ai 19anni, poi dai 19 ai 24 e infine quella che sto vivendo da quando ho smesso».IL DEBUTTO IN A – «Juventus-Bologna, fine novembre 1981. Un evento storico e mai più capitato, due sammarinesi contro. Io e Massimo Bonini. Perdemmo 2-0, ma ero contento, mi sembrava tutto scontato, il calcio mi veniva facile».IN CHI SI RIVEDE – «Leao: sono onorato quando qualcuno che mi ha visto giocare dice che ci somigliamo. Lui potenzialmente è un fenomeno, ma in giro non ce ne sono poi tanti. Il livello si è abbassato drasticamente. Qualche giorno fa guardavo Borussia Dortmund- Barcellona in tv: ecco, per come giocava la difesa del Barca, io sarei andato in porta da solo almeno una decina di volte».DOPO L’ADDIO AL CALCIO – «Niente, per anni non ho fatto niente. A 37 anni ho cominciato a lavorare, impiegato all’Ufficio Turismo di San Marino. Ora, a 60 anni, sto pensando alla pensione. Ho una compagna che amo, Simona, e una figlia 17enne, Alessandra. Lei mi chiede se sono felice? Certo, avrei potuto fare una carriera diversa, ma è andata così».