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·20 febbraio 2025
Mihajlovic Lazio, il fratello Drazen: «Era meticoloso e preciso, a sei anni si prendeva cura di me: è stato belle vedere quanto era amato in Italia»
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·20 febbraio 2025
Drazen Mihajlovic, fratello del compianto Sinisa, ex bandiera della Lazio, ha rilasciato una lunga intervista a la Gazzetta dello Sport oggi che ricorre il suo compleanno.
IL RUMORE – «Il rumore delle pallonate sulla serranda del garage fuori casa. Mirava sempre agli incroci e l’ha rotta tante volte. Le sue punizioni vincenti sono nate lì, con decine di migliaia di tiri».
L’ORDINE – «Sinisa era meticoloso, preciso, teneva tutto in ordine. Io invece smontavo e rompevo tutto. I palloni, però, non me li faceva mai toccare. Li curava come figli, metteva il grasso la sera per non rovinarli».
LE SCARPE – «A nostro padre la ditta regalava un paio di scarpe a Natale e lui ci permetteva di cambiarle con la nostra misura. Anche se non avevamo lo stesso numero, ce le dividevamo».
LA DISCIPLINA – «Mamma era il vero generale di casa. Ha cresciuto noi due da sola, lavorando tanto. Papà, invece, ha fatto una vita difficile, senza svaghi. Passava il tempo al bar e quando tornava era complicato».
IL RICORDO DEL PADRE – «Sinisa diceva che per ricordarlo ordinava sempre due grappe, una per lui e una per papà. Ora io ne ordino tre».
LA CARRIERA – «Io sono entrato in polizia, il calcio non faceva per me. Credo che in Italia non si sia mai capito cosa sia stato Sinisa per il nostro Paese. È un mito assoluto, non solo per i tifosi della Stella Rossa».
LA GUERRA – «La guerra ha distrutto famiglie, lasciato ferite indelebili. Mio cugino croato, figlio del fratello di mamma, era nell’esercito nemico. Quando tutto è finito, ci siamo ritrovati, ma non è mai stato più lo stesso».
IL CORAGGIO – «A sei anni si prendeva cura di me mentre i nostri genitori lavoravano. Andava a comprare il latte e il pane, ma restava immobile davanti alla porta con lo sguardo fisso, per la paura che entrasse qualcuno. Ha imparato a vincere la paura da bambino».
LA MALATTIA – «Sono stato io a dover informare mamma quando la diagnosi di Sinisa è diventata chiara. È stata la cosa più difficile della mia vita».
IL COMBATTENTE – «Sembrava avercela fatta, poi la ricaduta. Il coraggio e la forza di volontà di Sinisa sono stati incredibili. Ha combattuto fino alla fine, senza mai perdere la speranza».
IL SACRIFICIO – «Ho donato il midollo per il suo secondo trapianto, sperando di salvarlo. So che non è colpa mia, ma il fatto di non esserci riuscito è una ferita che non si rimarginerà mai».
L’AMORE DELLA GENTE – «Il giorno del funerale ho capito quanto fosse amato. Le strade piene, la gente fuori, il tributo di sportivi e politici. È stata una dimostrazione incredibile di affetto».
IL RICORDO – «Sto lavorando per pubblicare in Serbia la sua autobiografia e intitolargli uno stadio, affinché nessuno dimentichi mai chi è stato Sinisa Mihajlovic».
IL LEGAME – «L’ultima notte l’ho passata con lui. Gli ho detto cose che tra uomini non si dicono mai»