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·18 dicembre 2025
Montali: «Elkann è indispensabile ma deve avere voglia di Juve. La scelta di prendere Comolli non mi è piaciuta. Marotta è arrivato grazie a me»

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·18 dicembre 2025

Gian Paolo Montali è un uomo dalle mille esperienze: plurivittorioso ct della nazionale di volley, dirigente di Juventus e Roma nel post-Calciopoli, advisor nel calcio inglese e organizzatore della Ryder Cup di golf in Italia. In questa intervista a Tuttosport, ripercorre la sua carriera, svelando retroscena del suo passato nel mondo del pallone e offrendo il suo punto di vista sul presente della Juve
L’APPRODO AL CALCIO: LA CHIAMATA DI ELKANN – «Tutto parte da John Elkann: mi chiama alla Juve per ridisegnare lo stile del club dopo Calciopoli. Stavo raccogliendo delle ciliegie: sento il telefono che squilla, pensavo ad uno scherzo. Capii che fosse lui. Mi convinse a cambiare vita: dovevo rivoluzionare lo stile della società. Mi chiese di creare un progetto a medio-lungo termine, di dare un volto nuovo al club, un’immagine moderna dopo Calciopoli».
L’ADDIO ALLA JUVE – «Sarei rimasto, ma fece tutto Blanc: pensava che non potessero esserci tre persone diverse a fare il presidente, l’amministratore delegato e il direttore generale. Prima di andare via, però, gli consigliai di incontrare Beppe Marotta, un uomo di calcio che mancava in quella Juve. Fu lui la chiave per far svoltare il club».
IL PRESENTE DELLA JUVE – «Per stare nella Juve ci vuole una leadership forte. Ci vogliono manager abituati a vincere. Non so se questo management sia pronto a primeggiare».
COMOLLI – «Non lo conosco, ma questa scelta non mi piace. Non mi stuzzica l’idea che i dati vengano prima degli uomini. Gli algoritmi li utilizzano le outsider, non la Juve. Alla Juve si deve vincere. Mi meraviglia che Elkann abbia preso un dirigente dal Tolosa, dunque di fatto da un’outsider».
ELKANN E IL FUTURO DELLA JUVE – «Elkann è indispensabile, ma deve avere ancora voglia di Juve. Solo in questo caso può fare la differenza. Se John ha deciso di dare forza alla tradizione, allora deve strutturarsi per vincere».
IL RIMPIANTO – «Mi pento solo di non aver accettato l’idea di fare il manager all’inglese al Leyton Orient. Potevo provarci, non ho avuto il coraggio di farlo».
L’EREDITA’ ALLA JUVE – «Ho portato uno stile e ho contribuito al passaggio di Marotta alla Juve: mi sembra tanto. La Juve ti trasforma, solo chi ha dentro qualcosa di speciale può lavorarci. Faccio l’esempio di Fabio Paratici: l’ho visto con gli occhi spiritati, tipici di chi ha l’ossessione della vittoria».
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