Calcio e Finanza
·2 agosto 2025
Processo ultras Milan, le motivazioni: il sodalizio criminoso ha minato l'immagine di club e Lega

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·2 agosto 2025
«Da molti anni, in modo stabile ed organizzato, la Curva aveva posto in essere, accanto ad attività di tifoseria lecita, un insieme di azioni illecite», queste sono alcune delle considerazioni della giudice di Milano Ilaria Simi nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso giugno ha condannato in abbreviato tre ultras milanisti nel processo scaturito dalla maxi inchiesta sulle curve di San Siro.
Il processo ha visto le condanne di Christian Rosiello (4 anni e 20 giorni), Francesco Lucci, fratello dell’ex capo ultrà milanista Luca (5 anni e 6 mesi), e Riccardo Bonissi (3 anni e mesi) in un contesto che, secondo quanto scritto nelle motivazioni, scaturiva all’interno di un «programma criminale indeterminato, finalizzato a mantenere, anche con condotte di estrema violenza, il monopolio della gestione della tifoseria milanista».
Come scrive la giudice, l’obiettivo dei condannati era quello di «preservare il potere assoluto di questa associazione», senza dover «spartire con altri gli introiti correlati alla passione calcistica, introiti che non sempre venivano realizzati in modo lecito e che sono risultati certamente ingenti».
Nella sentenza del processo scaturito dall’inchiesta coordinata dai pm Paolo Storari e Sara Ombra e condotta dagli agenti della Squadra Mobile e della Gdf per associazione per delinquere e diversi episodi di lesioni, percosse e aggressioni, si fa riferimento anche al presunto pestaggio ai danni del personal trainer Cristiano Iovino, alla quale avevano partecipato anche Fedez (non indagato) e il suo ex bodyguard Rosiello (entrambi poi archiviati) dopo una lite iniziata in una famosa discoteca di Milano. In merito al rapporto tra il rapper e l’ex capo ultrà Luca Lucci «emergono elementi (…) che rendono evidente come, approfittando del prestigio derivatogli dal fatto di essere capo assoluto della Curva, Lucci si prospettasse nuovi lucrativi affari».
«L’eco dell’esistenza del sodalizio criminoso» all’interno della tifoseria milanista «integra di per sé un fatto lesivo dell’immagine di A.C. Milan e Lega Nazionale Professionisti Serie A». Al termine del processo in abbreviato, la giudice ha stabilito che i tre ultras dovranno versare provvisionali da 40mila e 20mila euro rispettivamente per Milan e Lega di Serie A, parti civili nel processo.
Per quanto riguarda il club rossonero in particolare, il fatto che «il sodalizio criminoso» abbia una «connotazione identitaria evidentemente riferibile alla squadra Milan determina un ineluttabile accostamento tra l’associazione per delinquere e la società A.C. Milan, con conseguente pregiudizio alla reputazione di quest’ultima».
Un danno di immagine è stato riscontrato anche per la Lega di Serie A: «Non v’è dubbio infatti di come la sistematica violenza che ha animato l’attività del sodalizio criminale de quo abbia minato la percezione di sicurezza all’interno dello stadio, sicurezza che Lnpa, in prima persona, s’impegna a garantire, assicurando una corretta organizzazione delle attività di campionato». Infine «l’accertata esistenza di un’organizzazione criminale volta alla commissione di delitti a connotazione violenta» negli stadi di calcio «mina ineluttabilmente il prestigio dell’organizzazione sportiva».
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