Calcionews24
·26 novembre 2025
Renato Sali si racconta: «Chi mi piace oggi? Dimarco dell’Inter. Io mi ispiravo a Breitner, il calcio oggi mi delude. Ho marcato le migliori ali destre: ecco chi erano»

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Renato Sali ha giocato 134 partite in Serie A tra Foggia e Bologna. Oggi apre l’album dei ricordi degli anni ’70 che lo hanno visto protagonista. Ecco il suo racconto a La Gazzetta dello Sport.
TERZINO CON IDEE DI SINISTRA COME IL SUO IDOLO – «Paul Breitner del Bayern Monaco. L’avevo visto al Mondiale del 1974 con la Germania Ovest, mi era piaciuto e mi immedesimavo in lui. C’era una discreta somiglianza di lineamenti, mi sono acconciato la capigliatura alla sua maniera e sono diventato il Paul Breitner della Bassa».
LE DISCUSSIONI POLITICHE NELLO SPOGLIATOIO – «Nello spogliatoio del Bologna mi scontravo con Mauro Bellugi. Lui era per il Msi, il Movimento sociale italiano. Mi diceva: “Tu fai il comunista, ma guadagni più soldi di un operaio”. Allora i calciatori discutevano anche di politica».
CON L’UNITÀ E L’ESKIMO ALLO STADIO – «Anche a Foggia andavo allo stadio con l’Unità e l’eskimo, ma con Fesce non ho mai avuto alterchi, il presidente era una persona civilissima e rispettosa. I politici avevano un altro spessore, negli anni Settanta».
DELUSO DALLA POLITICA DI OGGI – «Non l’ho mai fatta, non sono mai stato iscritto a niente. Votavo per Enrico Berlinguer e stop. Oggi il Pd mi sembra un partito debole. La gente non partecipa più, sono sempre meno i cittadini che vanno a votare. Ho scelto il sociale, sono in pensione e faccio volontariato: accompagno i bambini a scuola, aiuto chi ha bisogno. Continuo a leggere i giornali e a fare i miei ragionamenti, ma sono deluso».
SCAMBIATO PER UN TERRORISTA – «Succedeva durante i viaggi. Erano gli anni delle Brigate Rosse e in effetti avevo un certo aspetto. Mi identificavano, scoprivano che ero un calciatore».
DOVEVA ANDARE AL MILAN – «Si diceva, ma a me nessuno ha mai detto nulla. Ero un terzino combattivo, non mollavo mai, andavo avanti e indietro sulla fascia sinistra, ci mettevo l’anima, però il mercato non mi interessava».
CHI GLI PIACE OGGI – «Mi piace Dimarco dell’Inter. Ero un tipo così, spingevo per arrivare a crossare dal fondo, la cosa più difficile. Da ragazzo mi ispiravo a Facchetti».
JUVE NEL CUORE – «No, sono sempre stato juventino. Salvadore e Furino erano i miei juventini preferiti».
IL CALCIO SCOMMESSE DEL 1980 – «Non sapevamo niente, poi a pranzo ho visto un signore attorno ai tavoli, mi sembrava che nel cappotto avesse delle buste. Io ho detto: “Non ci sto, non partecipo a questa cosa”. Savoldi ha fatto gol e io mi sono battuto per difendere l’1-0. È finita 1-0 e nel sottopassaggio ci sono state delle discussioni, diciamo. Poi ho saputo che il signore al ristorante era Trinca. Io ero pulito, estraneo a certi traffici. A me piaceva stare in solitudine. Mi estraniavo dal gruppo, ero taciturno».
TELEFONATE – «Ero sempre l’ultimo a scendere per la colazione perché mi addormentavo tardi, facevo le parole crociate fino a notte fonda. Quando arrivai nella sala, mi parlarono di una telefonata di due giocatori juventini per concordare un pareggio. Queste cose le ho dette anche alle “Iene” e ho ricevuto molte critiche. Dissi che non volevo saperne niente e giocai la mia solita partita. Su un mezzo cross, il nostro portiere fece una mezza papera. Poi pareggiammo. Verso la fine la Juve ebbe una grossa occasione e la sbagliò. Questo è tutto quello che so. Non sono mai stato chiamato in causa nei processi».
L’AVVERSARIO PIÙ DIFFICILE – «Ho marcato le migliori ali destre: Causio, Claudio Sala, Bruno Conti. Me la sono quasi sempre cavata. Chi mi ha fatto passare un pomeriggio da incubo è stato però Cerilli del Vicenza».









































