Riccardo Maspero: «La buca a Salas? Fui lucido. Gli juventini mi maledicono ancora. Il rimpianto più grande della mia carriera è questo… Oggi mi somiglia Mandragora» | OneFootball

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·10 agosto 2025

Riccardo Maspero: «La buca a Salas? Fui lucido. Gli juventini mi maledicono ancora. Il rimpianto più grande della mia carriera è questo… Oggi mi somiglia Mandragora»

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Riccardo Maspero: «La buca a Salas? Fui lucido. Gli juventini mi maledicono ancora. Il rimpianto più grande…»

Un gesto di astuzia, un piccolo solco scavato nel dischetto del rigore che è diventato un pezzo di storia della Serie A. Diventare famosi per una “buca”, senza essere un giocatore di golf, è il destino di Riccardo Maspero, centrocampista di grande qualità che ha legato il suo nome a uno dei Derby della Mole più incredibili di sempre. Era il 14 ottobre 2001: la Juventus, avanti 3-0, si fa rimontare da un Torino eroico, che trova il 3-3 proprio con Maspero. Nel finale, un rigore per i bianconeri sembra spezzare il sogno granata, ma è lì che entra in scena la sua furbizia: mentre gli animi si accendono, scava una piccola buca che farà calciare altissimo a Salas il pallone della vittoria. Oggi, a distanza di quasi 24 anni, l’ex centrocampista si racconta in un’intervista esclusiva a Tuttosport, un viaggio tra i ricordi di quel pomeriggio indimenticabile e molto altro.

LE SENSAZIONI SU QUEL MOMENTO – «Era una partita strana e noi dovevamo vincere. Stavamo perdendo 3-0 dopo mezz’ora. Ma nella ripresa abbiamo cambiato registro in maniera incredibile. Il mio gol sotto la Maratona è rimasto un ricordo pazzesco, la gioia era indescrivibile. Poi quell’episodio della buca ha fatto la storia. Era ingiusto quel rigore lì, allora ho pensato che reclamare fosse inutile: non esisteva un modo per far cambiare idea all’arbitro. Col Var magari non ricorderemmo quel momento. Ricordo le facce di Bucci, Galante, Delli Carri e Fattori. Li guardavo: erano inviperiti, non li avevo mai visti così. Trovai la chiave giusta per trarre vantaggio da quella situazione, fui molto lucido».LA REAZIONE NELLO SPOGLIATOIO – «Ci siamo solo guardati in faccia. Ma eravamo tutti zitti. Eppure si respirava una grande serenità, perché eravamo forti come gruppo. Ci siamo compattati. Ci abbiamo messo il cuore, la Juve qualcosa aveva mollato sul piano mentale e noi siamo stati bravi ad approfittarne».IL RAPPORTO CON I TIFOSI – «In particolare gli juventini, sì. Mi maledicono ancora. Me lo ricordano tutti quell’episodio. Mentre i tifosi del Toro sono stati sempre fantastici con me: ho passato un periodo molto bello della mia vita in granata».IL GIOCATORE IN CUI SI RIVEDE – «Penso a Rolando Mandragora. Ha qualità, talento e mezzi offensivi importanti. Sa anche fare gol come me. Io quando ero un giovane venivo schierato a centrocampo perché nessuno se la sentiva di farmi giocare da trequartista, mi ritenevano troppo junior per una responsabilità così. Oggi è cambiato tutto. Mandragora ha l’intelligenza tattica per agire in qualsiasi posizione a centrocampo e con qualsiasi modulo».UNA CARRIERA PERFETTA – «Col senno di poi no, ma è normale. A Cremona sono stato un uomo felice, ma avrei dovuto avere più pazienza quando sono passato alla Sampdoria. Volevo giocare, a Genova erano appena arrivati Seedorf e Karembeu, così sono tornato a Cremona per Simoni, che poi mi avrebbe voluto portare a Napoli, ma gli dissi di no. Potevo esserci anch’io, in quel gruppo [dell’Inter]. In generale potevo fare di più, ma alcuni limiti fisici e mentali mi hanno trattenuto. Avrei retto la pressione di grandi squadre: potevo starci. Ma ho sempre dato più retta al cuore che alla testa».IL SOGNO DA ALLENATORE – «Sogno ancora di arrivare in alto. Penso di aver fatto un buon lavoro alla Giana Erminio e al Pavia, ora attendo solo la chiamata giusta che mi faccia tornare in alto. Sono ambizioso e spero di togliermi altre soddisfazioni nel mondo del calcio».GLI UOMINI FONDAMENTALI – «Oltre a Simoni, penso a Bruno Mazzia che mi ha fatto esordire alla Cremonese. E poi Giancarlo Camolese: mi ha dato tanto, anche quando sono diventato allenatore è stato un modello per me».

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