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·23 settembre 2025
Rummenigge: «Il gol più bello me l’hanno rubato. Dovevo andare alla Juve. Il Trap al Bayern? Così l’ho convinto»

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·23 settembre 2025
Karl-Heinz Rummenigge compie 70 anni giovedì e da sette decenni convive col pallone: da ragazzino “artigiano del calcio” a stella di prima grandezza da calciatore, quindi dirigente di riconosciuta fama internazionale. Oggi ha parlato a La Gazzetta dello Sport ricordando una carriera da Pallone d’Oro, che in Italia ha avuto una proiezione importante quando ha vestito la maglia dell’Inter.
DALL’INFANZIA AI GOL DI SAN SIRO – «Quando eravamo bambini, ci costruivamo i campi, a Lippstadt; tagliavamo l’erba, assemblavamo le porte di legno, e quando le scuole chiudevano per le vacanze per sei settimane, ogni giorno, solo pallone». E cosa la diverte del calcio? «Proprio il calcio in sé, perché vedo delle cose nuove, che ogni tanto funzionano e ogni tanto no, ma il calcio è stata sempre la mia vita fin da bambino, mi diverto a guardarlo. Quando giocavo, da giovane, era la cosa più bella, anche in uno stadio come San Siro, dove per un gol c’erano esplosioni di gioia, per i tifosi, per me stesso e per i compagni».
IL GOL PIU’ BELLO – «Quello che mi annullarono, in acrobazia, in Inter-Rangers, nel 1984. Ho visto una foto in cui il mio piede era a mezzo metro dal difensore. Poi segnai un altro gol, facile, di testa, ma l’altro era stato un capolavoro, rubato da un arbitro tedesco».
GLI AVVERSARI PIÙ DURI – «Parecchi, soprattutto in Italia. Ma tra i più duri metto Beppe, intendo Bergomi, come nella finale mondiale 1982. Anche Claudio Gentile non era un amico stretto in campo. E poi stranamente un tedesco, Karl-Heinz Förster, molto veloce, concentrato; però nell’ultima stagione al Bayern ho realizzato una doppietta, era arrabbiato nero. Poi ricordo un incontro abbastanza duro con Franco Baresi. Derby di Milano, si giocava senza parastinchi, entrata del milanista, taglio allo stinco. Nello spogliatoio, il dottor Benazzi voleva farmi un’iniezione di antidolorifico, ma non avrei potuto giocare al mercoledì successivo in Coppa a Colonia. Mi sono fatto cucire senza puntura, con un asciugamano in bocca per il dolore. Al mercoledì ho giocato con un parastinco speciale, ho segnato due gol e abbiamo vinto 3-1. I punti mi avevano fatto bene».
L’ARRIVO IN ITALIA – «Sono arrivato nel 1984, ma già prima avevo in mente l’Italia, se avessi lasciato il Bayern. Mi voleva il Barcellona, al fianco di Maradona, ma avevo fatto delle vacanze nel vostro Paese e mi ero molto piaciuto. Avevo anche un contatto stretto con il signor Boniperti, ogni tanto passava a Monaco per prendere un caffè con me e mia moglie. Un gentiluomo di grande classe. Mi voleva portare alla Juve, io dicevo che se avessi deciso di partire, l’avrei informato».
L’HA TRADITO PER L’INTER – «No, non l’ho tradito. Mi sono sempre comportato in modo serio. È venuto Sandro Mazzola a Monaco per offrirmi il contratto con l’Inter, quindi ho informato Boniperti. Lui aveva bisogno di tempo perché doveva parlare con l’Avvocato Agnelli, però mi disse:“se vuoi troviamo la soluzione”, ma nel frattempo avevo già il contatto con Ernesto Pellegrini. Mi sono deciso perché Milano come città e l’Inter come club mi sono piaciuti, mi sono sentito subito bene anche per come la gente mi ha accolto allo stadio».
MAZZOLA – «Sandro era furbo, veniva a casa mia, è andato nel mio ufficio a telefonare a Pellegrini, poi è tornato in soggiorno, mi ha detto “il presidente è d’accordo, possiamo fare”».
L’ERA TRAPATTONI AL BAYERN – «Io, Franz Beckenbauer e Uli Hoeness andiamo a casa sua a Cusano. Discutiamo, poi mi chiede di andare noi due soli in cucina. Mi spiega di non capire il mio comportamento, perché lui era il mio allenatore all’Inter quando mi ero fatto male al tendine e mi era saltato il prolungamento di contratto, c’era già un preaccordo. Si sentiva responsabile, mi chiedeva se non ero arrabbiato con lui. Rispondo di no, perché era una decisione professionale. Lui dice che un italiano non si sarebbe comportato così. Stretta di mano ed è venuto al Bayern».
LA LINGUA – «Sì, da noi faticava per la lingua, veniva da me e mi diceva che non ce la faceva con il tedesco, e io da vicepresidente sono sceso in campo per dargli una mano come interprete, capivo che faticava. È andata bene con lui, soprattutto nella seconda avventura al Bayern. Ed è diventato un pupillo dei tifosi per quella la conferenza stampa famosa»
LA CONFERENZA DI STRUNZ – «Sì, è venuto l’addetto stampa e ci ha detto di accendere la tv perché Trap aveva fatto una conferenza stampa incredibile. C’era anche Franz, era la prima volta che una conferenza di un tecnico veniva data poi anche dal tg. Abbiamo un po’ riso, però abbiamo anche detto: finalmente qualcuno che parla chiaro ai giocatori».
I CALCIATORI PREFERITI – «Gli attaccanti, sono il sale nella zuppa, come diciamo noi. Soprattutto leali, tipo Ribery, Robben, adesso Olise. E i centravanti. Anche Luca Toni. Che non era tanto convinto di venire al Bayern». Come si è convinto? «Siamo andati a Brescia, a casa del suo procuratore, e alla fine abbiamo riso molto, tutti, anche Beckenbauer che non capiva l’italiano. Siamo andati via contenti. Luca è stato un giocatore azzeccato, per i gol e per il suo atteggiamento nello spogliatoio».
GLI ANNI ’80 – «Era diverso. Gli Anni 80 erano il decennio migliore che ho avuto io, come vita. Germania, Italia, esperienza eccezionale. Anni che non vorrei dimenticare. Anche in Italia tutto andava bene, calcisticamente ed economicamente. Il mondo era sorridente».