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·20 novembre 2025

Tod's, tre manager indagati per caporalato da pm Milano

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Tre manager di Tod‘s SpA, la società guidata dai fratelli Diego e Andrea Della Valle (ex proprietari della Fiorentina), sono indagati per caporalato e la stessa società è stata iscritta per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, in relazione allo stesso reato, in un’inchiesta della Procura di Milano che già nei mesi scorsi, come emerso ad ottobre, aveva portato a chiedere l’amministrazione giudiziaria per il colosso della moda per omessi controlli nella catena dei subappalti della produzione in opifici cinesi.

Ora il pm di Milano Paolo Storari, come risulta da una richiesta al gip Domenico Santoro di interdittiva per Tod‘s dal pubblicizzare i propri prodotti per sei mesi, anticipata sulle pagine economiche de Il Corriere della Sera, ha individuato non più solo responsabilità omissive dei responsabili dell’azienda ma anche ipotesi dolose. In particolare, i manager della società dei Della Valle, come si legge negli atti delle indagini del Nucleo ispettorato lavoro dei carabinieri, non avrebbero tenuto «minimamente conto dei risultati di alcune ispezioni» negli opifici cinesi – sei tra le province di Milano, Pavia, Macerata e Fermo – e di «audit» su quei fornitori che «davano atto di numerosi indici di sfruttamento» dei lavoratori, per quanto riguardava, tra l’altro, gli orari di lavoro, le paghe, le norme di sicurezza e le «condizioni alloggiative degradanti».


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Lo scorso 8 ottobre, si era saputo che a dicembre 2024 il pm Storari, che aveva già chiesto e ottenuto l’amministrazione giudiziaria per altre cinque griffe del lusso per responsabilità colpose in omissioni di controlli sul caporalato in opifici-dormitorio, aveva chiesto lo stesso provvedimento alla Sezione misure di prevenzione del Tribunale per Tod‘s. Si è creata, però, una questione di competenza territoriale e la Cassazione (udienza ieri) deve decidere se il procedimento di prevenzione può rimanere a Milano o deve essere trasferito ad Ancona.

Nel frattempo, però, il pm con un atto di 144 pagine ha depositato al gip una richiesta di interdittiva, con cui chiede che Tod‘s per sei mesi non pubblicizzi più i suoi prodotti. Il giudice Santoro dovrà decidere dopo l’udienza di discussione fissata per il 3 dicembre. Proprio da quell’istanza emerge che ora la società è indagata, così come i suoi manager e dirigenti Simone Bernardini, Mirko Bartoloni e Vittorio Mascioni, i quali, scrive la Procura, avrebbero utilizzato «manodopera in condizioni di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno di cittadini cinesi», che lavoravano nei sei opifici per la produzione in particolare delle divise per i commessi dei negozi del brand, ma anche tomaie delle scarpe.

Nell’atto sono ripercorse tutte le presunte violazioni, dalla «normativa» sull’orario di lavoro alle «retribuzioni» sotto soglia. E ancora sulla sicurezza e l’igiene e poi quei dormitori «degradanti». Il tutto, secondo la Procura, nella «iena consapevolezza» dell’azienda della «condizione di sfruttamento», anche perché i responsabili del brand avrebbero ignorato gli audit di un certificatore esterno che, tra 2023 e quest’anno, davano conto delle «gravi violazioni». «Il nostro è un gruppo rispettato nel mondo, facciamo dei valori etici una bandiera. Non siamo quelle porcheriole. Il pm Paolo Storari venga a vedere le nostre aziende», aveva detto Diego Della Valle in una conferenza stampa il 10 ottobre.

Tod‘s si sarebbe avvantaggiata di un «sistema illecito» che ha «generato enormi profitti grazie allo sfruttamento della manodopera cinese (pesantemente sottopagata)» e non ha «ad oggi modificato in alcun modo il proprio modello organizzativo e continua ad avere come fornitori alcuni soggetti coinvolti in questo procedimento». C’è, dunque, un «grave pericolo di reiterazione» del caporalato. Lo scrive il pm di Milano Paolo Storari, che ha chiesto per il brand della moda il divieto di pubblicizzare i propri prodotti per sei mesi, indagando la stessa società e tre manager. La stessa Procura, diretta da Marcello Viola, parla di una «cecità intenzionale da parte di Tod‘s, la quale sembra effettuare audit» affidati ad una società esterna «per poi non prendere minimamente atto dei contenuti» sulle presunte violazioni che configurano, per l’accusa, il caporalato.

Tra gli elementi che hanno portato alla richiesta al gip, il pm elenca anche un «contratto d’appalto» per la produzione tra la società di Diego Della Valle e la «Evergreen», che ha «4 dipendenti e locali inidonei per un’attività produttiva». Un contratto in cui, secondo il pm, vengono indicati dati «palesemente» falsi, perché «Evergreen non ha alcuna linea di produzione». E quest’ultima viene autorizzata da Tod‘s «a delegare parte dell’attività» a fornitori, tra cui due laboratori «dove avviene – scrive la Procura – lo sfruttamento lavorativo». Nell’istanza della Procura viene ripercorso il quadro già venuto a galla ad ottobre: si parlava, tra l’altro, di lavoratori «pagati 2,75 euro all’ora», di un lavoro che «si svolge prevalentemente di notte, nei giorni festivi (Natale compreso) in una condizione di para schiavitù».

Negli atti anche le dichiarazioni a verbale dei lavoratori degli opifici, poco più di una cinquantina in totale. «Se non lavoro non vengo retribuita, perché vengo pagata in base alle tomaie che realizzo», ha spiegato un’operaia cinese. Altri hanno raccontato che dormivano in camere sopra i laboratori e che dovevano pagare anche circa «150 euro» per l’alloggio. La manodopera, segnala il pm, «è attinta a ciclo continuo, h24, con particolare produttività nelle ore notturne e nelle giornata festive», quando non ci sono «controlli».

Un audit del maggio 2024, ad esempio, aveva già segnalato ai responsabili Tod‘s, tra le altre cose, che gli operai lavoravano «a cottimo», che i loro contributi erano «meno della metà» di quelli previsti dalla «contrattazione collettiva», che c’era «materiale infiammabile accatastato» con pericolo di incendi. Il 23 ottobre è stato ascoltato dagli investigatori anche colui che fece quell’audit, il quale ha riferito che già nel dicembre 2023 «avevo contestato queste ed altre violazioni». Sempre negli atti le immagini di «12 camere da letto e due servizi igienici, anche essi in pessime condizioni igieniche», ambienti «abitativi» connessi ad uno degli opifici ispezionati dal Nucleo ispettorato lavoro dei Carabinieri. Il «sistema», secondo il pm, ha riguardato la produzione «in serie» e a «bassissimo costo» di «abbigliamento, tomaie in pelle e cuoio e parti di calzature a marchio Tod‘s». Tod‘s prende atto che la Corte di Cassazione ha rigettato ieri le richieste e il ricorso del dottor Paolo Storari: «In merito alle nuove contestazioni sulla medesima vicenda, la società sta ora esaminando con la stessa tranquillità l’ulteriore materiale prodotto, con preoccupante tempismo, dal dottor Storari».

La Cassazione, infatti, era stata chiamata a sciogliere il nodo giuridico sulla competenza territoriale, dopo la richiesta della Procura di Milano alla Sezione misure di prevenzione di amministrazione giudiziaria per un anno per Tod‘s per omessi controlli in merito al caporalato nella catena di subappalti della produzione. Il tema era stabilire se il procedimento spettasse a Milano o ad Ancona, in quanto i laboratori-opifici, al centro degli accertamenti, sono due in Lombardia, a Baranzate (Milano) e Vigevano (Pavia), e due nelle Marche, dove ha sede la società.

La Cassazione, dopo l’udienza di ieri, come segnala Tod‘s, ha respinto il ricorso del pm, dopo che Tribunale e Corte d’Appello avevano indicato Ancona come sede competente. Il procedimento sulla richiesta di misura di prevenzione (nel quale né società né responsabili sono indagati) è distinto da quello penale, che ora la Procura di Milano ha portato avanti con richiesta al gip di interdittiva sulla pubblicità per l’azienda. In questo filone penale sono stati iscritti sia Tod‘s che tre manager per responsabilità dolose (non colpose come in quello di prevenzione) nel caporalato, perché, secondo l’accusa, è stato accertato che i responsabili dell’azienda sarebbero stati informati con decine di audit negli anni delle presunte violazioni e dello «sfruttamento» dei lavoratori negli opifici.

(Image credit: Depositphotos)

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