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·11 giugno 2025

Una Nazionale senza futuro

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È l’apice (per ora) del periodo più nero del calcio italiano. La Nazionale è diventata un tormento: una mediocre combricola che, goffamente, tra una figuraccia e l’altra, cerca di evitare la terza mancata qualificazione ai Mondiali consecutiva. Giocatori stanchi, demotivati, impauriti. Per carità, gli Azzurri ci mettono la faccia e il fiato, provano a fare il loro dovere, sul campo. Da soli. Privati di un commissario tecnico che con la propria cocciutaggine ci ha messo anche del suo ma che, quantomeno, non si sarebbe tirato indietro. Esonerato, con una partita da giocare. Abbandonato in conferenza stampa dai veri responsabili del tracollo: Gabriele Gravina e gli organi direttivi della FIGC.

In un Paese che eccelle in molte discipline olimpiche – dall’atletica al nuoto, dalla pallavolo al tennis – il calcio, lo sport più seguito, non ha futuro. Ha solo, incessantemente, il presente. O, meglio, un passato che non si vuol lasciare andare, da spremere, prolungare, tenere in vita finché… finché boh. Finché non ci penserà qualcun altro, finché non ci saranno alternative alla “bancarotta” di un sistema obsoleto, immobile, demoralizzante. Ma fino ad allora, serve un difensore centrale? Speriamo che Acerbi, 37 anni, “appena” 33 partite nell’ultima stagione per uno stiramento alla coscia, risponda alla convocazione. Alternative non ne abbiamo. Serve anche un allenatore: speriamo che Ranieri, 73 anni, un ruolo da direttore sportivo nella Roma, una carriera infinita, ascolti il richiamo della bandiera.


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Ma l’amor proprio viene prima dell’amore per una Nazionale che non vuole ricambiarlo. Giocatori, allenatori: accessori di un’amministrazione improvvisata e confusionaria che vuole tutto e subito e si ritrova senza niente. Senza CT, persino, perché è stato cacciato prima ancora di avere un sostituto. Senza tifosi: perché un’atmosfera come quella di Oslo è, oggigiorno, inimmaginabile. Senza futuro: perché nelle primavere (figuriamoci nelle prime squadre) non v’è neanche l’ombra di un Yamal o di un Doué. È un problema che – come ripetuto allo sfinimento – parte da molto lontano. Da scuole calcio elitarie e da infrastrutture antiquate.

A proposito di rifondazione, il giornalista Lapo De Carlo riporta l’esempio del tennis: nel 2010, il progetto Campi Veloci avviò un percorso di rifondazione dell’attività giovanile, della vita dei circoli sportivi e della Federazione Italiana Tennis e Padel. Borse di studio, programmi appositi, centri tecnici, un percorso di collaborazione con i circoli. Investimenti sugli istruttori, affinché trasmettessero ai ragazzi la passione e il gesto tecnico. Da qui nacquero i Berrettini, Arnaldi, Musetti, Sonego, Paolini, e i fenomeni come Sinner. Ci vuole pazienza, quella che non ha chi richiama Ranieri per un progetto a brevissimo termine che lo avrebbe scaricato dopo l’eventuale qualificazione al Mondiale. È questione di orgoglio. È questione di amore.

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