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·2 settembre 2025
Venti anni di troppe promesse e poca sostanza: auguri, “presidente” Cairo!

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·2 settembre 2025
Per i tifosi del Torino, il 2 settembre segna sempre una data molto importante (anche se poco gradita), e quello di quest’anno lo è ancora di più. Oggi, infatti, sono esattamente 20 anni da quando Urbano Cairo è diventato presidente del Torino.
Negli ultimi anni il rapporto tra i tifosi granata e il proprio patron è ai minimi storici, con continue richieste di vendere il club e abbandonare il Toro; nulla a che vedere con il modo in cui fu accolto quel famoso 2 settembre 2005 dai tifosi granata appostati sotto il balcone di piazza Palazzo di Città, quando decise di accogliere la richiesta di aiuto del sindaco di Torino Sergio Chiamparino, e di iniziare l’avventura come patron del Toro. Eppure, il salvataggio del Torino non è avvenuto solo grazie a Cairo, anzi: prima del suo arrivo, un gruppo di imprenditori definiti lodisti, tra cui ricordiamo soprattutto Sergio Rodda e Pierluigi Marengo, salvò il Toro dal fallimento grazie al “Lodo Petrucci”, che permetteva alle società fallite di iscriversi in B, procedimento definito il 16 agosto 2005.
Quando arrivò il presidente, la nuova dirigenza guidata dai lodisti aveva già pronta la squadra di B, con il presidente Cairo che intervenne per acquistare sette dei 24 calciatori che poi formarono la rosa promossa in A dopo appena un anno. Da quel momento sono successe tantissime cose, alcune positive, altre meno, e molti dei proclami fatti il primo giorno non furono rispettati, anzi…
Le prime frasi pronunciate dal presidente granata quel famoso 2 settembre 2005 furono: “Voglio portare il Torino in Champions”. Un proclamo che fece schizzare l’entusiasmo alle stelle, ma che non durò molto: già prima dell’inizio del campionato di Serie A (conquistata dopo un’incredibile promozione) vi fu il primo esonero (De Biasi sostituito da Zaccheroni) e per tanti anni il Toro navigò nei bassi fondi della Serie A, oscillando sempre tra la massima serie e la cadetteria.
La situazione che i lodisti trovarono dall’ex patron Cimminelli era disastrosa: una società al collasso, ad un passo dal fallimento, una Primavera che non sfornava talenti come prima e strutture abbandonate, come lo storico Filadelfia, ora invece tornato a essere la casa del Torino, con la squadra granata che prepara lì le partite di campionato, in attesa del Robaldo, che sta per essere completato dopo tantissimi anni, forse troppi, di attesa, soprattutto considerando che si alleneranno solo le giovanili.
Un primo momento di “tranquillità” lo si ebbe con mister Ventura: in quel periodo, a cavallo tra il 2013 e il 2016, i tifosi del Torino poterono davvero sognare un ingresso in Europa, che in alcuni casi si concretizzò. Il 3-5-2 di marca venturiana divenne quasi un must, utilizzato in quegli anni solo da lui, Conte e Mazzarri, mentre oggi è il modulo più in voga, tanto da meritarsi anche la chiamata in Nazionale (che tutti sappiamo come è andata a finire).
Il tandem d’attacco Immobile-Cerci, prima, e Quagliarella-Maxi Lopez, poi, avevano fatto sognare i tifosi del Toro, che poterono vedere dal vivo anche una delle imprese del Toro di Ventura in Europa League. Il 26 febbraio 2015 è ancora una data storica non solo per il calcio granata, ma per quello nazionale: il Torino espugnò il San Mamés di Bilbao nella gara valida per i sedicesimi di finale e si qualificò agli ottavi di Europa League. Quel match entra nella storia non solo per il traguardo raggiunto dal Toro, ma perché ancora oggi la squadra di Ventura è l’ultima italiana ad aver vinto a Bilbao. Un’impresa che fece sognare veramente in grande i tifosi del Toro, ma che alla fine si rivelò una mera illusione.
Negli anni successivi, infatti, quasi mai il Toro si qualificò per le competizioni europee, e nell’unica occasione in cui ci riuscì, nella stagione 2018-19, fu eliminato ai preliminari di Europa League dagli inglesi del Wolverhampton per 3-5, in quella che ancora oggi resta l’ultima partita europea del Torino.
Se i tifosi del Toro hanno potuto esultare per le gioie della propria squadra in Europa a cavallo tra il 2013 e il 2015, sono molte di più le delusioni che hanno dovuto vivere i sostenitori granata. Dal record di derby non vinti contro la Juventus (quello vinto per 2-1 nel 2014 con i gol di Belotti e Darmian rimane ancora l’ultimo derby vinto contro i bianconeri), alle umiliazioni casalinghe contro Milan e Atalanta nella stagione 2019-20 (due 0-7 casalinghi durissimi da digerire).
Ormai, come detto, il rapporto tra tifoseria e presidente è ai minimi termini, e chi non è dentro al mondo Toro si chiede come mai un presidente che ha portato un club dal fallimento quasi certo a essere una squadra stabilmente in Serie A venga contestato così tanto. I motivi sono molti: per quanto riguarda il Fila, è vero che è stato riaperto, ma non è completo e, soprattutto, è stato restaurato grazie soprattutto al lavoro e ai fondi del comune; il Torino, in questi 20 anni, non ha né uno stadio né un centro di allenamento di proprietà, e di un nuovo stadio non si parla nemmeno; oltre alle strutture sportive, il Toro non ha nemmeno una sede di proprietà, con la dirigenza granata che deve pagare due affitti diversi, e infine ogni anno i granata vendono i loro migliori giocatori (quest’anno Ricci e Milinkovic-Savić) per rimpiazzarli con giocatori in prestito con diritto di riscatto, che in molte occasioni non è stato esercitato e non lo sarà.
Questo senza considerare i tantissimi acquisti a caro prezzo di giocatori che, per usare un eufemismo, non hanno reso come ci si aspettava: ciò anche a causa di un eccessivo protagonismo da parte del presidente, che molto spesso ha voluto sostituire il direttore sportivo, dando loro poco margine di movimento, come successo con Sartori, che firmò con il Toro e poi si tirò indietro dopo aver capito l'ambiente in cui avrebbe lavorato (negli anni il DS ha portato l’Atalanta prima e il Bologna poi stabilmente in Europa). Insomma, la mancanza di progettualità e idee per il futuro rende oggi il Torino una squadra difficile da tifare, perché risulta complicato sognare qualcosa di più del solito decimo/undicesimo posto, nonostante ogni estate venga accompagnata da proclami da parte di Cairo che promette una squadra divertente da vedere e da tifare.
Proprio questa mancanza di progettualità e di ambizione è stata un tema di dibattito con diversi allenatori, come ad esempio Juric, al quale era stato promesso un mercato importante e il mantenimento di tutti i big (promessa puntualmente disattesa), e anche lo scorso anno con il caso Bellanova, con Cairo che disse esplicitamente: “Bellanova non è sul mercato. È giusto che resti, vogliamo fare una squadra ambiziosa” (sappiamo poi come è andata a finire). I tifosi sono ancora più delusi sapendo che il presidente è comunque il patron di una delle società di comunicazione più importanti in Italia, che gestisce due colossi come Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport.