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·4 giugno 2025

Voeller: “Dino Viola è il motivo per cui sono rimasto cinque anni alla Roma”

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Un legame profondo, quello tra Rudi Voeller e la Roma, fatto di ricordi, affetto e riconoscenza. L’ex attaccante tedesco è tornato a parlare della sua esperienza in giallorosso, soffermandosi in particolare sulla figura di Dino Viola, storico presidente del club capitolino, che ha lasciato un segno indelebile nella storia romanista.

In un’intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport, Voeller ha dichiarato: “Dino Viola è stato il motivo principale per cui sono rimasto a Roma per cinque anni. Aveva una visione chiara, era ambizioso e mi fece sentire importante sin dal primo giorno. Aveva costruito una Roma grande e mi sentivo parte di quel progetto”. Un tributo sentito, quello del tedesco, che ha evidenziato la grandezza umana e sportiva di un presidente ancora oggi molto amato dalla tifoseria.


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Voeller ha poi ricordato anche la sua breve parentesi da allenatore della Roma, durata meno di un mese nel 2004: “Fu un periodo complicato, ma sono tornato per riconoscenza verso il club. Allenare la Roma, anche se per poco, è stato comunque un onore”. Un’ulteriore dimostrazione di quanto il legame tra Voeller e la Capitale sia rimasto intatto nel tempo. Ecco il suo intervento:

Quando Dino Viola la portò a Roma. Che persona era?

“Sembrava una persona dura, era molto diretto. Da subito ho avuto un rapporto eccezionale ed è stato il motivo per cui sono rimasto 5 anni. Se non fosse stato per lui, sarei tornato indietro dopo appena una stagione”.

Le voleva così bene che la spinse anche al Mondiale del ’90.

“Abbiamo vinto la coppa all’Olimpico, che per me era casa, ma siamo stati a Roma solo dalla vigilia. Atterriamo, andiamo alla Borghesiana e chi trovo? Viola, il mio presidente, che mi aspettava. Abbiamo bevuto un caffè e parlato. Era orgoglioso e tifava per noi dopo che l’Italia era uscita”.

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“Persona splendida con tutti, non alzava mai la voce, si faceva intendere, senza urlare. Con lui sono stato bene”.

Boniek?

“Il mio primo compagno di stanza. Ne parliamo ancora, e ridiamo”.

Il mese come allenatore della Roma lo ha definito come il momento sbagliato nel posto sbagliato.

“Era il 2004 e non potevo dire di no dopo che Prandelli si dimise per la malattia della moglie. Erano in difficoltà: mi hanno chiamato il presidente Sensi, Totti, Baldini è venuto in Germania a convincermi. Forse si aspettavano il tedesco che sistemasse le cose ma non sono così. Ho capito che non andava, ho detto: meglio che prendiate un italiano”.

Lei si definisce mezzo romano e non mezzo italiano. Quando esce la sua romanità?

“Mi escono delle battute, anche con i tedeschi, poi penso e dico: questa è la classica battuta romana”.

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