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·9 marzo 2023
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A 700 km a nord-ovest di Buenos Aires, ai piedi della catena montuosa delle Sierras Chicas e sulle rive del fiume Primero, c’è Córdoba: la seconda città più popolata d’Argentina, con tre squadre come Talleres, Instituto e Belgrano rinomate per essere un serbatoio di talento nell’Interior. Soprattutto per quanto riguarda i trequartisti, un ruolo in via d’estinzione: dal Mudo Vázquez al Flaco Pastore, fino a Paulo Dybala che nel 2013 passò al Palermo senza debuttare in Primera Division.
E adesso la storia potrebbe ripetersi. “La passione per il calcio è stata immediata: il primo regalo dei miei genitori è stata una palla, ci giocavo nel giardino di casa con mio zio e poi con i miei cugini Julian Ceballos (Boca Juniors, 2005), Franco ed Ezequiel che giocano nel Carlos Paz, nella stessa squadra e nello stesso campo di terra dove ho iniziato io quando mi hanno accompagnato lì all’età di 6 anni”, a parlare ai microfoni di Grandhotelcalciomercato.com è Bruno Zapelli, il gioiellino classe 2002 di proprietà del Belgrano, uno dei migliori prospetti della Primera Nacional (seconda divisione).
Photo credit: Club Atletico Belgrano
28 presenze, 2 gol e 4 assist dal debutto in Prima Squadra per Zape, come lo chiamano abitualmente i suoi compagni. Ha sempre giocato da enganche per la tecnica e la visione di gioco superiore al resto dei suoi coetanei. Qualità che hanno attirato l’interesse delle big di Buenos Aires e non solo. “A 11 anni provai per diverse squadre: avevo convinto sia il Boca che il Racing Avellaneda, ma in attesa di poter giocare con una di queste, il padre di un mio amico mi invitò a giocare alcune partite nell’Adiur, una squadra di Rosario e lì mi vide il Villarreal”.
Nel 2013 ecco la prima esperienza nel calcio europeo: 2 anni nel settore giovanile del Submarino Amarillo, lo stesso club in cui aveva giocato Juan Román Riquelme: “Qualcuno mi paragona a lui per lo stile di gioco lento e per il fisico, ed è un onore: mi ricordo quando lo guardavo con la maglia del Boca e anche al Villarreal in tanti me ne parlavano, mi dicevano che era un crack, un maestro, nonostante avesse litigato col presidente”.
Due stagioni in Spagna che gli sono servite per capire l’importanza della famiglia: “Adesso che li ho vicini li apprezzo molto di più e cerco di viverli al massimo. I miei genitori si alternavano per venirmi a trovare, io soffrivo quando tornavo dalle vacanze, ma poi mi ci sono abituato. Senza di loro non sarei arrivato dove sono oggi. Mi hanno sempre supportato, così come mia sorella che mi ha accompagnato in Spagna quando aveva 8 anni lasciando la scuola e le amiche. Li ringrazio di cuore".
"Per quanto riguarda il calcio devo dire che in Spagna hanno un’altra metodologia di allenamenti e ho imparato molte cose che qui in Argentina non avevo mai visto. Nel 2015 sono tornato in Argentina a causa della norma Fifa che non permetteva il trasferimento di giovani minorenni e relativo anche al posto di lavoro dei miei genitori: il Villarreal ha detto che stavano investigando e non volevano avere problemi”.
Il ritorno a Cordoba per vestire la camiseta celeste del Belgrano, lo stesso club con cui si è affermato Franco Vázquez in Argentina. “Mio padre andava a scuola con quello del Mudo e tuttora continuano parlare, di me, di Franco e delle somiglianze che ci sono”. Una somiglianza che ricorre anche nelle parole del suo allenatore Guillermo Farré, che era stato compagno dell’attuale 10 del Parma: “Da quando è arrivato mi ha aiutato molto a recuperare la fiducia, perché stavo giocando poco. Mi disse che aveva vissuto il processo di crescita di Vázquez e che ero un giocatore simile a lui perché negli allenamenti mi vedeva fare le sue stesse giocate, ma dovevo interpretare meglio alcuni aspetti come la fase di non possesso. Sta cercando di accorciare il mio percorso di crescita per farmi diventare indiscutibile nella formazione titolare e quest’anno sono riuscito a giocare la maggior parte delle partite. Ma devo migliorare tanto”.
El Mago o La Joya ha vestito anche la maglia della nazionale Sub-15 e Sub-17 allenate da Placente e dal Payaso Aimar, ma in entrambe le categorie non è stato inserito nella lista che ha vinto il Sudamericano. “Mi sarebbe piaciuto prendere parte a quelle spedizioni ma dovevo migliorare alcune cose: Placente mi disse che tecnicamente avevo le qualità, ma mi mancava l’aggressività in fase di non possesso”. Un aspetto da migliorare assolutamente per giocare ad alti livelli, a cui si aggiunge la necessità di saper interpretare anche altri ruoli. Un percorso simile a quello di De Paul, da rifinitore a esterno a uomo a tutto campo. “Con l’arrivo di Farré ho iniziato a giocare anche sulla fascia e nei due di centrocampo e mi sento migliorato in fase di marcatura. Sono disponibile ad ascoltare quello che mi chiede l’allenatore perché oggi si gioca poco con i trequartisti e basta guardare il Manchester City: tutti aiutano in fase difensiva, quindi cosa dovrebbero fare gli altri?”.
Photo credit: Club Atletico Belgrano
A due giornate dalla fine della stagione, il Belgrano è già fuori dai giochi per la lotta alla promozione e rimarrà in Primera Nacional per il secondo anno consecutivo. “Dopo un inizio difficile, con l’arrivo di Farré siamo migliorati, prima di avere un nuovo calo. Il mio sogno era ottenere la promozione col Belgrano, ma purtroppo non ci siamo riusciti. Vedremo se continuerò qui o se dovrò lasciare il club, ma devo continuare a lavorare per riuscire a giocare ad alti livelli e poter competere con i migliori. Io credo di poterci riuscire attraverso il lavoro quotidiano”.
Da bambino guardava Messi, Riquelme e soprattutto Iniesta, oggi invece: “Oltre al campionato argentino mi piace vedere la Champions, la Premier e la Liga quando giocano il Barca e il Real, e da un po’ di tempo anche il Psg. Delle italiane guardo sopranzi le partite dell’Inter. Mi piace molto guardare le partite in generale, analizzarle e studiare i gesti tecnici”.
Lo scorso luglio ha rinnovato il contratto fino al 2024, anche se le varie squadre d’Argentina come il San Lorenzo e alcuni club tedeschi hanno chiesto informazioni per un talento col passaporto italiano che sogna di ripercorrere le orme di alcuni suoi connazionali, da Córdoba al calcio europeo.
A cura di Mattia Zupo