Zidane si racconta: «Alla Juve bisognava solo vincere, sempre. Agnelli mi chiamava alle 6 del mattino. Champions difficile da vincere, sul mio ritorno da allenatore a Torino…» | OneFootball

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·12 ottobre 2025

Zidane si racconta: «Alla Juve bisognava solo vincere, sempre. Agnelli mi chiamava alle 6 del mattino. Champions difficile da vincere, sul mio ritorno da allenatore a Torino…»

Immagine dell'articolo:Zidane si racconta: «Alla Juve bisognava solo vincere, sempre. Agnelli mi chiamava alle 6 del mattino. Champions difficile da vincere, sul mio ritorno da allenatore a Torino…»

Zidane, ex leggenda della Juve, ha parlato al Festival dello Sport di Trento. Queste le sue dichiarazioni anche sui bianconeri

Al Festival dello Sport di Trento, Zidane Zidane ha ripercorso le tappe della sua carriera. Non poteva non parlare anche del capitolo Juventus: ecco le sue parole.

GLI INIZI – «Come tutti i bambini ho imparato ad amare il calcio per strada. 45 anni fa a Marsiglia giocavo sempre con il pallone, ero appassionato di questo. Tifavo proprio Marsiglia. I miei genitori sono dell’Algeria, si sono trasferiti in Francia per lavorare ma in quell’epoca era difficile. Io sono contento dei miei figli, perché sono rispettose e questa per me è la cosa più importante».


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CALCIO PASSATO E CALCIO MODERNO – «Penso che rispetto al passato oggi mi manca qualcosa. Quando vedo le partite voglio vedere un gioco più offensivo, è vero che mi manca un po’ il calcio del passato»

JUVEGli anni lì sono stati bellissimi. Sono arrivato dalla Francia, in cui il calcio era bello ma non come alla Juve. A Torino ho sentito che bisognava solo vincere, sempre. Sia in casa che in trasferta. La cosa che mi è rimasta maggiormente dell’avvocato Agnelli è che quando giocavo bene mi chiamava alle 6 del mattino per farmi i complimenti. Lui era un signore, si vedeva che era un appassionato di calcio. La Champions è complicata da vincere. Noi siamo arrivati due volte in finale perdendo, non so a cosa fosse dovuto. Dipende anche dalla società, da quello che si vuole fare: per vincere la Champions ci vuole tanto».

DEL PIERO – «Era bravissimo, uno dei giocatori più forti in Italia. Ho avuto la fortuna di giocare 4-5 anni con lui e con tanti altri. Avevamo veramente una bella squadra, ma Del Piero aveva qualcosa di particolare».

RITIRO DAL CALCIO – «Io lo avevo scelto, era quello che volevo fare. Quello che non mi piaceva più erano le trasferte, gli alberghi e tutto quello che stava attorno. Quando hai 20 anni va bene, ma quando sei grande diventa ingestibile. Avrei potuto giocare altri 2-3 anni».

ALLENATORE – «Quando ho smesso ho cambiato la mia vita. Dopo tre anni non sapevo cosa fare, ho provato tante cose fin quando non mi sono iscritto al corso da allenatore. Tra tutti gli allenatori che ho avuto, quello da cui ho imparato di più è stato Lippi: è stato molto importante, perché quando sono arrivato in Italia all’inizio era difficile per me ma lui ha sempre creduto in me. Ancelotti l’ho prima avuto da mister, poi sono diventato il suo vice: lui è un amico, è stato importante per la mia carriera. Era un bravo allenatore, perché ascoltava noi giocatori».

LE DOTI DI UN BUON ALLENATORE – «Deve essere appassionato al calcio, in maniera forte. Non solo chi vince è bravo, ci sono bravi allenatori che non possono vincere. La cosa più importante per me è trasmettere qualcosa ai giocatori. Quando sei appassionato, allora trasmetti qualcosa ai giocatori».

TORNARE AD ALLENARE«Sicuramente tornerò».

ESCLUDE UN RITORNO ALLA JUVE – «Non lo so. Non è successo, ho fatto anche delle altre scelte. La Juve ce l’ho sempre nel cuore, mi ha dato tanto quando sono arrivato. Poi per il futuro non lo so. La mia sensazione è che quello che voglio fare in futuro è di poter allenare la Nazionale, anche se non parlo di ora. Lo vorrei fare un giorno, ma vediamo»,

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