Juventusnews24
·20 de outubro de 2025
Bergomi critica Tudor: «Juve unica squadra di vertice che non è riconoscibile. Per Yildiz è difficile incidere per questo motivo»

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·20 de outubro de 2025
Una sconfitta che fa male, ma soprattutto un’identità smarrita. La caduta della Juventus a Como ha acceso i riflettori sulla crisi profonda della squadra di Igor Tudor, e l’analisi di Beppe Bergomi, dagli studi di Sky Calcio Club, è stata impietosa. L’ex capitano dell’Inter ha messo a nudo le difficoltà dei bianconeri nel trovare una direzione tattica chiara, un problema che, a suo dire, li distingue nettamente dalle rivali.
Bergomi ha sottolineato come, a differenza di Milan, Inter e Napoli, la Juve attuale sia una squadra indecifrabile, priva di un’identità di gioco riconoscibile. Una confusione che si riflette anche nell’utilizzo dei suoi uomini migliori, a partire dal talento di Kenan Yıldız.
«La può ritrovare la sua direzione, ma in questo momento non è riconoscibile. Guardiamo il Milan: ora sai come gioca. L’Inter lo sai, il Napoli anche ma la Juve no. Non so i motivi perché se parli con Tudor lui ti dice ‘Io ho sempre giocato 3-4-2-1’ però se hai Yildiz che è il tuo miglior giocatore e lo emargini troppo a sinistra… Parte sempre molto esterno ed è difficile per lui poi creare qualcosa. Viene servito di spalle ed è costretto ad appoggiarsi. Vi ricordate i gol con l’Inter? Sempre dentro al campo, secondo me così è troppo aperto».
L’affondo di Bergomi è preciso. Pur riconoscendo la coerenza di Tudor con il suo modulo preferito, ne critica l’applicazione pratica. Sacrificare Yıldız sulla fascia sinistra, costringendolo a giocare lontano dalla porta e spalle alla porta, significa depotenziare il giocatore di maggior talento della rosa. L’opinionista ricorda come le giocate migliori del turco siano nate quando agiva più centralmente, “dentro al campo”.
La critica di Bergomi è un monito severo: la Juventus deve ritrovare una sua identità, ma per farlo deve mettere i suoi giocatori migliori nelle condizioni di rendere al massimo. Continuare a insistere su un sistema che sacrifica il talento rischia solo di prolungare una crisi che si fa, di partita in partita, sempre più preoccupante.
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