Juventusnews24
·27 de novembro de 2025
Bonini: «Nella Juventus troppi giocatori stranieri e troppe rivoluzioni. Algoritmi? Preferisco le emozioni»

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·27 de novembro de 2025

A Torino per la proiezione del docufilm “Decennio d’Oro” sulla Juventus dal 1975 al 1985, Massimo Bonini, storico mediano bianconero, ha rilasciato un’intervista a Tuttosport. Con 294 presenze, 3 scudetti e una Coppa dei Campioni, il “Maratoneta” è ricordato per la sua abnegazione, che permetteva a campioni come Platini di brillare.
IL CALCIO CHE CAMBIA – «Ho avuto la fortuna di giocare in una Juventus stellare. E una Juventus in cui c’erano tanti italiani, con qualche straniero fortissimo. Ora il calcio è cambiato».
PROBLEMI – «Forse, ecco, di stranieri ce ne sono troppi. O almeno così mi sembra. Ma chiarisco: è giusto che ci siano, sono fonte di insegnamento e ti danno la possibilità di migliorare. Ma in questo numero no, non si può. Vedo Juve, Inter, Milan: avranno due giocatori italiani al massimo nell’undici titolare».
LE DIFFICOLTA’ DELLA JUVE – «In effetti può essere un discorso di personalità. Ma penso che un giocatore debba essere messo nelle condizioni di rendere al massimo, ed è responsabilità anche della società. Evidentemente, quando cambi tanto in una stagione – e la Juve l’ha fatto per più anni -, diventa poi difficile riprogrammare e fare una squadra competitiva a lungo termine. Credo sia il problema più grosso in questo momento».
TROPPE RIVOLUZIONI – «Non aiuta a trovare la continuità che magari riescono ad avere le altre squadre. Così si fa effettivamente dura, gli obiettivi poi restano gli stessi».
IL CALCIO DEGLI ALGORITMI – «Mah, purtroppo ci dobbiamo adeguare. Non che sia una critica, però se il calcio, e in generale lo sport, se non ti dà emozioni e ti stimola a guardare il campo, poi perdi anche un po’ di interesse».
IL CENTROCAMPO BIANCONERO – «Il centrocampo non è importante, è proprio fondamentale. E serve che collabori, che giochi insieme, che si crei un gruppo di giocatori che si muovono insieme. Non basta un solo calciatore a fare la differenza».
LOCATELLI – «Ripeto: nessun singolo fa la differenza, almeno non da solo. L’allenatore dovrà dare esattamente questo, coalizzare il reparto».
LA COSTRUZIONE DEL GIOCO – «Sono convinto che molto possa in realtà partire dalla difesa: è la retroguardia a comandare davvero il reparto di mezzo, ma perché è tutto collegato. E così si fa un gruppo vero, e così si arriva all’obiettivo finale. Non solo essere squadra, ma giocare come una vera».
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