Carrozzieri, il racconto senza filtri: «Mi ha scoperto Paratici. Ho sbagliato, ma non ho mai truccato partite. Nel 2006 sarei dovuto andare da loro! Al Milan sarei arrivato» | OneFootball

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·16 de novembro de 2025

Carrozzieri, il racconto senza filtri: «Mi ha scoperto Paratici. Ho sbagliato, ma non ho mai truccato partite. Nel 2006 sarei dovuto andare da loro! Al Milan sarei arrivato»

Imagem do artigo:Carrozzieri, il racconto senza filtri: «Mi ha scoperto Paratici. Ho sbagliato, ma non ho mai truccato partite. Nel 2006 sarei dovuto andare da loro! Al Milan sarei arrivato»

Carrozzieri, ex difensore, intervistato da La Gazzetta dello Sport, ripercorre una carriera fatta di occasioni mancate, errori personali, cadute e nuove prospettive

Moris Carrozzieri è stato un buon difensore che ha toccato anche la Serie A. Su La Gazzetta dello Sport ha aperto l’album dei ricordi con una lunga intervista.

LA SFIDA DI SAN SIRO«Nell’estate del 2003 saltai dalla C1 alla Serie A. Quando Novellino mi chiese se me la sentissi di giocare titolare contro l’Inter risposi a tono: “E che problema c’è?”».


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CHI L’HA SCOPERTO IN C«Fabio Paratici. Il presidente del Teramo mi promise che a fine campionato mi avrebbe venduto in Serie A. “Questo è pazzo…”, pensai. Ma era tutto vero. Il salto di categoria fu tosto, davanti a me ne avevo 4, ma Novellino aveva fiducia e restai».

LA TOURNÉE COL MILAN«Sì, 25 giorni. Finì coi complimenti di Ancelotti, poi rinnovai il contratto con la Sampdoria grazie alla Gea, l’agenzia con cui avevo firmato, e questo segnò la fine del rapporto con Novellino».

NOVELLINO«Non sopportava quelli della Gea. Non so come mai, ma giocai solo 6 partite in tutto l’anno. Poi un giorno mi multò di cinquemila euro: sosteneva che fossi andato in discoteca e non era vero. Bazzani confermò la mia versione, ma Novellino continuava. Così non ci ho visto più e gli ho dato un pugno in faccia. Da lì in poi non ho più giocato».

CALCIOPOLI E LA JUVE SFUMATA«Novellino mi aveva fatto terra bruciata, ma la vera delusione fu un’altra. A fine stagione, nel 2006, sarei dovuto andare alla Juventus. Andai tre volte a cena a casa di Moggi e firmai un precontratto di cinque anni, ma scoppiò Calciopoli… e tanti saluti a Torino. Alla fine, scelsi l’Atalanta».

SCOMMESSE: LA SQUALIFICA INGIUSTA«Mai scommesso in vita mia, tutto montato ad arte. Ero con un amico che ha un negozio d’abbigliamento. Il Pisa giocava col Frosinone in C, dove avevo diversi amici dei tempi del Teramo. Ne chiamai uno e parlammo un po’: stop. La Sampdoria prese Giulia Bongiorno, l’avvocato di Andreotti, ma niente: 25 mila euro di multa e due mesi per omessa denuncia. Un’assurdità di cui non mi pento».

LA COCAINA«La squalifica di due anni per cocaina arrivata nel momento migliore. Sì, sono stato un coglione. Io quella maledetta gara col Torino neanche avrei dovuto giocarla, ma un altro si fece male durante la rifinitura e toccò a me. La verità è che avevo chiuso col Milan, cinque anni di contratto. A fine stagione sarei andato lì. Qualche sera prima avevo assunto droga, ma era la prima volta. Una serata stupida, folle. Avevo 28 anni, era fatta al Milan e pensai: “Festeggiamo”. Me ne vergogno».

CHI RIMASE VICINO«A parte la mia famiglia, Miccoli e Flachi, sparirono tutti. Prima ti cercano, poi ti voltano le spalle».

LA SOLITUDINE«Mi allenavo da solo, poi andavo nelle scuole a raccontare la mia storia e a dire ai bambini di non ripetere i miei stessi errori. Zamparini, un signore, mi continuò a pagare a stipendio ridotto e mi è sempre stato vicino. Ero incazzato con me stesso, col mondo. Ma a Palermo sono stato bene».

CHI HA TRUCCATO LE PARTITE È ANCORA NEL CALCIO«E lo confermo. Andrea Masiello è stato squalificato due anni e oggi gioca ancora. Io invece sono stato escluso da tutto per l’immagine, ho danneggiato solo me stesso. Chi si è venduto le partite, invece, ha fatto un danno ai tifosi, alla gente».

SE FOSSE ANDATO AL MILAN«Forse in Nazionale. L’anno della squalifica ero stato preconvocato per Italia-Svezia».

IL RIMPIANTO PIÙ GRANDE«Aver deluso la mia famiglia, in primis mio padre. È morto tre anni fa e mi manca tutti i giorni. È stato il faro della mia vita. A 14 anni rimasi fermo un anno per un infortunio. Pagò venti milioni di riabilitazione a Bergamo, lontano da casa. “Prima riprendi a camminare, poi torni”. Il giorno del debutto in Serie A perse il portafogli sul treno, ma se ne fregò. Vederlo così deluso e preoccupato fu una mazzata».

SE NON AVESSE FATTO IL CALCIATORE«Avrei lavorato nell’azienda di mio padre, imprenditore edile. All’anagrafe sbagliò e scrisse ‘Moris’ al posto di “Maurice”: per questo mi chiamo così. Avevamo un patto, se fossi arrivato in A mi avrebbe regalato un’auto. Chiesi una Porsche, ma mi comprò una Mercedes usata. Aveva dei valori».

IL GOL AL MILAN PER IL COMPLEANNO DI PAPÀ«Il gol partita nella finale del campionato Primavera contro il Milan, col Bari. Era l’8 giugno 2000, il suo compleanno: segnai l’1-0 al 112’ minuto. Chiesi all’allenatore di non convocare Cassano, quel giorno. Non si era presentato in semifinale perché voleva riposare. Vincemmo lo stesso».

IL FUTURO«Avevo dei locali a San Benedetto, ma li ho venduti. Ora io e Donato Di Campli stiamo mettendo su un’agenzia per seguire i ragazzi, ma mi piacerebbe fare anche il direttore sportivo o lavorare coi giovani. Intanto mi godo le cose più belle che ho: mia figlia Nina, di 5 anni, e la mia compagna Ilaria. A proposito: si è parlato di un presunto flirt fra me e Antonella Mosetti. Falsità: è solo un’amica».

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