Calcio e Finanza
·11 de setembro de 2025
Dalla finanza ai media: da dove arrivano i CEO dei club nei top campionati d’Europa

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·11 de setembro de 2025
Il calcio moderno si plasma tanto nelle sale dei consigli di amministrazione quanto sul campo. Al centro di questa trasformazione c’è la figura dell’Amministratore Delegato (CEO), incaricata di guidare i club attraverso le complessità della finanza globale, della crescita commerciale e delle ambizioni sportive. Un tempo dominata da presidenti o dirigenti part-time, la leadership dei club si è professionalizzata, e il ruolo del CEO è diventato centrale per tradurre la visione della proprietà in azione quotidiana e strategia di lungo termine.
Football Benchmark, società attiva nel settore della consulenza calcistica, ha realizzato uno studio in cui esamina lo scenario dei CEO nei cosiddetti “Big Five” (Premier League, LaLiga, Bundesliga, Serie A e Ligue 1) a settembre 2025, con particolare attenzione ai percorsi professionali e alle carriere.
I risultati rivelano che i CEO tendono a rimanere in carica per oltre il doppio del tempo rispetto ai Direttori Sportivi, che l’expertise commerciale ha ormai superato le competenze specifiche calcistiche e che l’esperienza precedente all’interno dei club rappresenta il percorso più comune verso la carica. Allo stesso tempo, i dati confermano che tradizioni e strutture di governance di ciascun mercato continuano a influenzare fortemente chi guida i club europei.
La durata media di un CEO nelle “Big Five” è di 7,2 anni, basata su un’analisi di 95 CEO complessivi. Un contrasto netto rispetto ai 2,6 anni medi dei Direttori Sportivi. I CEO sono inoltre mediamente più anziani, con un’età media di 53,4 anni contro i 48,6 dei Direttori Sportivi, rafforzando la percezione del ruolo come posizione di maggiore stabilità e seniority.
Esistono tuttavia differenze rilevanti tra le leghe. LaLiga registra la durata media più lunga con 9,4 anni, seguita dalla Serie A con 7,9. Entrambe si caratterizzano per un numero relativamente alto di proprietari di lungo corso direttamente coinvolti nella gestione. La Bundesliga, con 7,5 anni medi, riflette anch’essa un’enfasi sulla continuità della governance.
Al contrario, la Premier League presenta la media più bassa, solo 5 anni. Dietro questa cifra si nascondono estremi: leader di lunga data come Paul Barber al Brighton o Ferran Soriano al Manchester City, accanto ad almeno otto club in cui il CEO è in carica da meno di un anno. La Ligue 1 si colloca leggermente sotto la media generale, a 5,8 anni.
I profili professionali dei CEO dei club mostrano ulteriormente le mutate esigenze della leadership calcistica. L’analisi di 72 casi individuali evidenzia che il gruppo più numeroso – 22 CEO, pari al 31% del totale – proviene dall’ambito media e commerciale. Ciò riflette l’orientamento sempre più commerciale del calcio.
La Premier League è particolarmente rappresentata in questo senso, con nove CEO provenienti da questa categoria, conseguenza naturale della portata globale della lega e della sua dipendenza dai ricavi televisivi. Billy Hogan, passato da Chief Commercial Officer a CEO del Liverpool, e James Holroyd, arrivato al Burnley dopo incarichi commerciali senior al Manchester United e adidas, sono due esempi emblematici. Gli specialisti della finanza (17 CEO) rappresentano la seconda categoria più comune, con il 24% del totale, con forte concentrazione in Italia. Ciò è coerente con il contesto della Serie A, dove i club sono spesso caratterizzati da spese importanti sul mercato ma devono operare con strutture snelle ed efficienti fuori dal campo.
I profili specifici calcistici (cioè tecnici) – 16 casi – costituiscono un ulteriore 22% del gruppo. Questi sono più diffusi in Francia e Germania, due mercati in cui la dipendenza da economie prevalentemente domestiche può rafforzare il valore delle conoscenze calcistiche rispetto alle sole competenze commerciali. Olivier Létang del LOSC Lille e Stefan Hofmann del Mainz 05 ne sono esempi. I restanti profili includono professionisti legali, manager operativi e altri percorsi, ciascuno con una quota minore.
I percorsi che portano alla posizione di CEO sono anch’essi influenzati dalla governance e dal contesto di mercato. La nostra analisi mostra che la leadership guidata dalla proprietà (23 dei 95 CEO analizzati) rimane diffusa in Europa, in particolare in Spagna, Italia e Francia. In questi casi, figure di lungo corso spesso garantiscono continuità e una chiara direzione strategica, come Luca Percassi all’Atalanta, Aurelio De Laurentiis al Napoli, Fernando Roig Negueroles al Villarreal o Ángel Torres Sánchez al Getafe. Alcuni di questi leader guidano i propri club da oltre un decennio, a testimonianza di come il coinvolgimento diretto della proprietà possa assicurare stabilità difficilmente replicabile in altro modo.
Tra i CEO nominati (cioè non proprietari), due percorsi dominano. Il primo è la promozione interna: in totale 29 CEO provengono dallo stesso club. La Bundesliga spicca con undici casi, riflettendo il modello tedesco di stabilità, continuità culturale e identitaria. Il secondo è l’assunzione esterna di dirigenti con esperienze di leadership in altri club (28 CEO). Questo percorso è particolarmente visibile in Premier League, la cui forza finanziaria e attrattiva globale la rendono una destinazione appetibile per dirigenti affermati. Esempi recenti includono Vinai Venkatesham, passato dall’Arsenal al Tottenham, Francesco Calvo all’Aston Villa dopo esperienze al Barcellona, Juventus e Roma, e Lina Souloukou al Nottingham Forest dopo incarichi alla Roma e all’Olympiacos.
Altri percorsi, seppur meno frequenti, restano rilevanti. Markus Schutz all’Hoffenheim, ad esempio, è entrato nel ruolo nel 2024 dopo una carriera legale, mentre Jon Varney guida il Brentford dal 2019 dopo una carriera nel marketing sportivo. In alcuni casi, i CEO provengono dalle aziende del gruppo proprietario, come Maurizio Scanavino alla Juventus, arrivato dal GEDI Group di EXOR.
Oltre a percorso e background professionale, pur ancora sottorappresentata, la leadership femminile nel calcio europeo è in crescita. Nomine recenti come Michelle Kang all’Olympique Lione, Lina Souloukou al Nottingham Forest e Marian Mouriño al Celta Vigo segnalano una tendenza positiva destinata a rafforzarsi negli anni a venire.
Un’altra tendenza emergente è quella di dirigenti di lungo corso che acquisiscono quote di minoranza nei club che guidano, rafforzando impegno e influenza. Paul Barber al Brighton & Hove Albion (1,5%) e Giuseppe Marotta all’Inter (2%) ne sono due esempi recenti.
L’analisi mette in luce tratti comuni e distinzioni di mercato. L’esperienza pregressa all’interno dei club emerge come attributo più importante, a conferma di quanto l’industria si affidi a leader che comprendono le peculiarità del calcio: lo scrutinio pubblico, la dipendenza dai risultati sportivi e la necessità di bilanciare operazioni complesse con risorse limitate.
L’expertise commerciale, nel frattempo, è diventata sempre più importante in Europa, soprattutto in Premier League. Al contempo, la conoscenza calcistica resta centrale in Germania e Francia, dove tradizioni culturali e strutturali continuano a modellare i requisiti di leadership.
È evidente che non esista un modello universale per il ruolo di CEO nel calcio europeo. Strutture di governance, contesto culturale e priorità strategiche – che si tratti di crescita commerciale, player trading o efficienza operativa – determinano chi guida e per quanto tempo. In pratica, un CEO in LaLiga appare spesso molto diverso da uno in Premier League, Serie A o Bundesliga.
Con l’ulteriore professionalizzazione del calcio, i profili dei CEO continueranno a diversificarsi. Tuttavia, le realtà locali e le tradizioni restano decisive nel definire la posizione. Per investitori e proprietari, riconoscere queste dinamiche è essenziale: scegliere il modello di leadership giusto è tanto cruciale quanto una strategia di mercato efficace.