Calcionews24
·31 de dezembro de 2025
De Canio si racconta: «Tanti ricordi. Udinese capolista? Un sogno e potevo firmare addirittura per quella squadra»

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Luigi “Gigi” De Canio, una vita per il calcio, è tornato a casa nella sua Matera. Ecco l’intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport.
L’INIZIO IN PANCHINA «Era la società dell’allora presidente della Regione Basilicata, il professor Gaetano Michetti, un politico democristiano, grande persona. Mi disse: “Vieni al Pisticci, fai l’allenatore-giocatore. Non ti posso pagare, ma ti do un lavoro, ti faccio entrare in banca”. Il posto fisso però non arrivava e chiesi perché al presidente. “Perché tu sei bravo a fare l’allenatore – mi rispose – e devi continuare su questa strada”. Scherzando, mi disse che l’avrei ricompensato con la metà del primo ingaggio in Serie A. Morì nell’estate del 1999, poche settimane prima del mio esordio in Serie A, da tecnico dell’Udinese. Ho sempre pensato a lui: ci aveva visto lungo, sul mio conto».
L’UDINESE CAPOLISTA «Un momento bellissimo che pagammo caro. La società voleva andare in Europa, partimmo presto in estate, vincemmo l’Intertoto. Arrivarono gli infortuni e i cali. Poi presero a girare certe voci. Io però dalla Juventus non ricevetti nessuna chiamata. Qualcuno mi assicurò che era tutto vero, che la Juve avrebbe voluto prendermi per l’anno successivo. Qualcun altro mi disse che Braida, dal Milan, aveva chiesto informazioni su di me. Nel frattempo, la squadra perdeva quota per le troppe assenze. Arrivò un filotto di sconfitte, il presidente Pozzo disse che, se non avessimo battuto il Parma, sarei stato esonerato. Perdemmo e venni cacciato (al suo posto, Spalletti, ndr) tra le perplessità di tutti. Da allenatore del momento a licenziato, in un attimo. È il calcio».
IL NAPOLI IN SERIE B «Non diamo addosso a Quadrini, che non c’entrava nulla. Il presidente era Giorgio Corbelli, il proprietario di Elefante Tv. Al primo colloquio, Corbelli mi disse che aveva pronti miliardi di lire da investire sul mercato. Bene. Anzi, no. In ritiro, si fece male Stellone, il centravanti, e chiesi una punta di livello per sostituirlo. “Tranquillo”, mi rassicurarono. Passato qualche giorno, aprii un quotidiano e lessi: “Napoli, acquistato Graffiedi”. Che era una bella promessa e niente più, reduce pure lui da serio infortunio. Rispolverammo Artistico, che aveva smesso. Corbelli prometteva delle cose, la realtà era un’altra. I tifosi contestavano la società, alla prima partita in casa il San Paolo era vuoto, appena 2.750 spettatori. Piano piano li riportammo allo stadio, fino all’esaurito o quasi al derby contro la Salernitana. La situazione era difficile, il club era sull’orlo del fallimento. I ragazzi furono straordinari. Arrivammo quinti, sei punti sotto la zona promozione. La gente capì le nostre difficoltà. Io rinunciai al contratto pluriennale perché non volevo gravare sui conti disastrati del Napoli. In città mi vogliono bene».
LA SALVEZZA A REGGIO «Ci salvammo allo spareggio contro l’Atalanta. Dovevamo vincere perché loro erano messi meglio in classifica e vincemmo: 0-0 a Reggio Calabria e 2-1 a Bergamo. Mi capitò una cosa singolare Avevo come difensore Stefano Torrisi, ex Torino, Bologna e Parma, un giocatore moderno. Gli chiesi di darmi una mano, di pilotare la squadra in campo, ma lui prese l’incarico alla lettera, urlava e sgridava i compagni, così chiesi alla società di metterlo fuori rosa perché temevo risse in spogliatoio. Ottenni però che continuasse ad allenarsi con un nostro preparatore perché sapevo che alla fine ci sarebbe stato utile. E così andò, nel ritorno dello spareggio Torrisi fu tra i migliori».
CONTE VICE A SIENA «Gian Piero Ventrone, il preparatore atletico, aveva lasciato la Juve, lo volli con me e lui mi disse: “Vengo, ma prendi anche Antonio Conte. Alla Juve gli fanno allenare gli Allievi provinciali, ma è bravo”. Antonio si presentò così: “Non è che mi fai mettere i cinesini e basta?”. Lo coinvolsi, lo facevo lavorare sui singoli reparti. Aveva una ambizione enorme: “Un giorno allenerò la Juve”, diceva. Però non c’erano equivoci, l’allenatore ero io».









































