ESCLUSIVA PSB – Pafundi raccontato da chi lo ha allenato. Moras: “Simone alla Samp per Mancini, ma lui è da Serie A. E sulla Nazionale…” | OneFootball

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·27 de outubro de 2025

ESCLUSIVA PSB – Pafundi raccontato da chi lo ha allenato. Moras: “Simone alla Samp per Mancini, ma lui è da Serie A. E sulla Nazionale…”

Imagem do artigo:ESCLUSIVA PSB – Pafundi raccontato da chi lo ha allenato. Moras: “Simone alla Samp per Mancini, ma lui è da Serie A. E sulla Nazionale…”

Simone Pafundi è uno dei migliori talenti italiani in circolazione e si è messo in mostra fin da quando era giovanissimo. A 16 anni ha esordito in Serie A con l’Udinese e in Nazionale maggiore, grazie a Luca Gotti e Roberto Mancini. Ora il classe 2006 è in prestito alla Sampdoria e punta a continuare la sua crescita per tornare al più presto a calcare campi sempre più prestigiosi e a vestire la maglia azzurra.

Il suo ex allenatore nella Primavera dell’Udinese, Massimiliano Moras, è intervenuto IN ESCLUSIVA per parlarci proprio di Pafundi, tra aneddoti, curiosità e focus sul percorso del ragazzo. Di seguito l’intervista completa:


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Quali sono i suoi ricordi più stretti legati a Simone Pafundi?

“Mi ricordo che sono andato a vederlo in una partita di Under16 tra Udinese e Cagliari, e lui era Under 15. Era l’inizio di campionato. L’ho visto giocare e ho subito pensato che non avesse avversari, qualunque squadra delle due l’avesse avuto avrebbe vinto la partita. Lui prendeva la palla in un’area e arrivava nell’altra, ed era già un anno sopra. Allora ho parlato con il direttore e ho chiesto di farlo allenare con la Primavera, è un talento naturale, nasce così, a cui non devi insegnare tante cose. Bisognava costruirlo fisicamente ho pensato di portarlo dove c’è una preparazione con un grado superiore”.

IL PROBLEMA DELL’ETÀ – “Il direttore Trevisan mi ha però detto che non aveva ancora l’età per giocare in Primavera e allora abbiamo deciso di farlo allenare con noi, facendolo giocare con l’Under 16. Infatti, la sera fa gli anni e il giorno dopo l’ho fatto esordire contro il Parma, partita in cui ha sfiorato anche il gol”.

Cosa l’ha colpito di lui?

“Vedevi subito un giocatore con un qualcosa in più, come movenze, tecnica, visione di gioco, dettare la palla con anticipo e sapersi muovere negli spazi. Un gioco che ha un talento naturale, quando non ha la palla poi è un giocatore intelligente che sa come muoversi”.

E poi è arrivato il passaggio alla prima squadra…

“Ho parlato con Gotti, De Paul e Pereyra e gli avevo detto di avere un ragazzo molto bravo, che ho mandato a provare con loro successivamente. Ai due giocatori ho anche chiesto di dire a Simone che il calcio è fatto di una fase con la palla e di una senza, loro sono andati da lui e alla fine Pafundi è andato via braccetto con De Paul e Pereyra, che per un ragazzino penso sia l’apoteosi”.

LA CRESCITA TRA PRIMA SQUADRA E PRIMAVERA – “È stata una crescita continua di un ragazzo molto serio e umile, non montato di testa, per tutto quello che ha passato. Ha poi iniziato a fare un percorso fisico con i preparatori e giocava anche con me, facendo sempre la differenza. È stato premiato con l’esordio in Serie A, poi ci sono stati alcuni intoppi”.

E si ricorda il momento dell’esordio, tra le emozioni del ragazzo e le sue?

“Lui ti fa vedere pochissime emozioni, è un ragazzo che forse tiene dentro. È entrato bene in campo, ha fatto vedere subito le sue qualità. Infatti, si vedeva che fosse un talento che ha bruciato le tappe giocando sempre con le categorie sopra”.

E la chiamata di Mancini in Nazionale…

“La chiamata di Mancini non ha tolto niente a Pafundi, Mancini ha fatto bene perché si parlava di lanciare i giovani e ha deciso di portare uno dei migliori talenti in circolazione per dare una risposta. Pafundi non passa dall’Under 21 e va direttamente in Nazionale A, Mancini ha anticipato i tempi, una cosa che dovrebbero fare tutti. Mancini ha dato il segnale alle società che era il momento di iniziare a lavorare ancora di più nelle società per fare crescere giocatori giovani e forti italiani. È stata fatta una mossa per far capire che i ragazzini che potevano essere convocati in nazionale maggiore erano quelli…”.

Secondo è lei è giusto per Pafundi ripartire dalla Sampdoria o più in generale dalla Serie B?

“Pafundi è stato preso in una squadra con una storia, indossa la maglia più bella in Italia, ma la Serie B la soffre più della Serie A. Per lui è un campionato difficile, perché la cadetteria è molto fisico. Pafundi giocherebbe tranquillamente nella nostra Serie A, così come in Spagna sarebbe un signor giocatore. C’è un’altra cultura, un’altra mentalità e un altro modo di fare calcio lì, il nostro è più tattico, attento e studiato. Se non lo vedevo a Udine, lo avrei visto in Spagna”.

LA SERIE B – “Quando una neopromossa sale incontra subito grandi difficoltà, perché c’è un gap tanto alto tra Serie B e Serie A, c’è una tecnica superiore. La Serie B poi è diventato un campionato molto competitivo, frenetico e lungo. È un’anticamera per arrivare al Paradiso che chi è bravo la sa sfruttare. Pafundi è un 2006 e gli si può dare anche questa chance per farsi le ossa, anche se ci credo poco. Bisognava farlo con giocatori importanti in categorie superiori. È stato preso alla Sampdoria grazie a Mancini”.

Ci racconta invece Martin Palumbo? Anche lui era nel suo Udinese e ora gioca nell’Avellino

“È un giocatore dal piede sinistro eccezionale e una forma caratteriale ben definita. Voleva essere allenato in una certa maniera quando era con me ed era già un giocatore con grande mentalità. Lui si allenava in prima e aveva esordito anche in Coppa Italia con Gotti. Ha un calcio con il sinistro e un cambio di gioco che se ne vedono pochi in categoria. Forse ciò che lo penalizza di più è il passo. Non è veloce, ma fisicamente è forte e in un campionato come la Serie B ci sta tranquillamente”.

Come è cambiato da quando lo ha lasciato?

“L’esperienza lo ha portato a diventare un giocatore sempre più importante, già da ragazzo in Primavera era un giocatore che ti dava la qualità e la marcia in più. Si allenava già con il ritmo da prima squadra e quello che aveva superiore agli altri era la visione di gioco, per quello poi diventa un giocatore importante. Quando ti incontra va forte e quando gioca con la palla ha una buona tecnica”.

Quanto è cresciuto in questi anni?

“È migliorato perché ha acquisto ancora più sicurezza, però vi dico che le stesse cose che gli ho visto fare in Serie A e in Nazionale le faceva con me in allenamento da quindicenne in Primavera. Ora è cambiato perché si è irrobustito e ha messo su più fisico, ha una protezione della palla diversa anche”.

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