Gonzalez: "Alla Lazio gli anni più belli. Dal 26 maggio a Klose vi racconto tutto…" | OneFootball

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LazioPress.it

·14 de novembro de 2025

Gonzalez: "Alla Lazio gli anni più belli. Dal 26 maggio a Klose vi racconto tutto…"

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Ci sono giocatori che restano nell'immaginario collettivo dei propri tifosi per le proprie qualità tecniche e gesta sul rettangolo verde di gioco, mentre altri che vengono ricordati per il sudore e la grinta che mettevano in campo o chi addirittura per un soprannome. Il “Tata” Gonzalez viene ancora oggi ricordato affettuosamente dai tifosi della Lazio innanzitutto per essere uno degli eroi del 26 maggio e per quella cavalcata pazzesca che ha condotto a quella finale.

Alvaro Gonzalez ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni ufficiali della S.S. Lazio.


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Alvaro Gonzalez - Via onefootball  (Photo by Paolo Bruno/Getty Images)

Come nasce il soprannome "Tata"?

Un mio compagno nel settore giovanile del Defensor Sporting mi diede questo soprannome perché da noi "Tata" vuol dire saggio, diceva che avevo la voce di un vecchio, di un nonno. E così mi ha accompagnato per tutta la carriera.

Quando sei arrivato non ti conosceva nessuno?

Mi conoscevano solamente i sudamericani, come Muslera ad esempio. Poi anche Zarate e Scaloni. Gli italiani e mister Reja invece no. Lo sapevo e arrivai convinto di dimostrare il mio valore. C’erano tanti calciatori forti, soprattutto a centrocampo, come Ledesma, Matuzalem e Brocchi. La concorrenza era alta. Diedi tutto e andò bene. Nelle prime partite non venivo praticamente mai convocato, andavo sempre in tribuna. Poi iniziò la Coppa Italia, segnai contro il Portogruaro e giocai anche il derby contro la Roma. Da quel momento la situazione cambiò. Reja mi vedeva solo come centrocampista, gli dissi che avrei potuto giocare anche come terzino ma mi rispose che poi avrei dimenticato la fase difensiva (ride, ndr).

La svolta arrivò grazie al gol contro il Brescia, con la tua esultanza che simulava una chiamata con lo scarpino.

Fu importante per tanti aspetti. Giocai da esterno alto, lo ricordo benissimo. Dimostrai di poter essere utile in ogni zona del campo. Così mister Reja mi diede più spazio e nella stagione successiva mi ritagliai un ruolo fondamentale. Esultai in quel modo perché mi mancava la mia famiglia, la foto della mia esultanza è famosa ancora oggi. Era la prima volta che mi trovato così lontano da casa, fu un gesto molto bello.

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