Calcio e Finanza
·16 de novembro de 2024
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“Quando parliamo di senso di appartenenza è normale che una squadra abbia uno stadio, che è un po’ la seconda casa in cui vivi ed esplichi la passione non solo in partita, ma durante tutta la settimana. Si può spaziare da qualsiasi punto di vista, anche culturale. Non necessariamente deve servire solo alla partita. Il calcio è fenomeno di aggregazione, per cui l’esigenza c’è. È la burocrazia italiana che porta a rallentare l’iniziativa”. Lo ha detto il presidente dell’Inter Giuseppe Marotta, intervenuto a margine della presentazione del nuovo libro di Beppe Severgnini.
“Lo stadio rappresenta un investimento minimo di un miliardo, per cui bisogna tener conto degli effetti positivi che produce. Bisogna eliminare tanti step inutili da affrontare. Milan e Inter hanno volontà di costruire lo stadio, le ultime convergenze sono sul sito di San Siro. L’importante è superare le difficoltà burocratiche. Il sindaco ci sta lavorando e sono fiducioso si possa risolvere il problema”.
“Lo sport è competizione e cercare di arrivare più in alto del tuo avversario. Ritengo che una società come l’Inter, per storia, blasone e palmares non può dire che vuole vincere il campionato o la Champions, ma deve partecipare sempre per vincere. Sento dire da altri che l’importante è arrivare nelle prime quattro, ma non è così”, ha proseguito.
“L’importante è vincere. Poi, se non si vince benissimo, vuol dire che gli avversari sono stati più bravi. L’asticella però deve essere sempre alta. Così come se tratto un giocatore forte, un tentativo devo sempre farlo, poi magari non lo prendo perché non ci sono le condizioni. Dipende da noi: se saremo all’altezza, riusciremo a essere protagonisti. Senza paura”.
“Essere presidente dell’Inter è come toccare il cielo con un dito veramente. Sognavo tante cose belle da piccolo, ho preferito la carriera da dirigente a quella da calciatore, infatti ho smesso prima, ma non pensavo di poter diventare presidente dell’Inter. Mi porto dentro da sempre la voglia di vincere, mi considero ambizioso perché abbiamo tanto ancora da vincere. Abbiamo qualche sfizio ancora da toglierci: Istanbul insegna”.