Lazio, la riflessione di Maurizio Sarri: «Tanti cambi in panchina, non un gran segnare. Tra club e Nazionale non c’è connessione» | OneFootball

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·23 de junho de 2025

Lazio, la riflessione di Maurizio Sarri: «Tanti cambi in panchina, non un gran segnare. Tra club e Nazionale non c’è connessione»

Imagem do artigo:Lazio, la riflessione di Maurizio Sarri: «Tanti cambi in panchina, non un gran segnare. Tra club e Nazionale non c’è connessione»

Lazio, la riflessione di Maurizio Sarri: «Tanti cambi in panchina, non un gran segnare. Tra club e Nazionale non c’è connessione»

Maurizio Sarri ha parlato ai microfoni di Sky Sport in un’intervista in cui il neo tecnico della Lazio ha svariato tra la situazione attuale della Serie A e in contemporanea del nostro paese. Queste le sue parole.

TALENTO IN ITALIA – «La verità è che non c’è più una grande connessione fra il movimento dei club e il movimento della Nazionale, lo penso da diversi anni. Non so quanti saranno i giocatori italiani elegibili per la Nazionale in Serie A, ma penso non più del 15-20%. Questo succede anche in altri campionati. Noi a livello di club negli ultimi anni abbiamo fatto bene: nel ranking UEFA un secondo posto due anni fa e un terzo posto quest’anno. Niente lascerebbe far pensare a una Nazionale che sta fuori per dodici anni dai Mondiali. Però purtroppo penso che questa forbice fra i club e le nazionali si stia allargando».


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DEFINIZIONE DEL SUO CALCIO – «È un calcio che punta molto su grandi livelli di organizzazione, su una squadra corta e compatta che si muova con un unico pensiero. In fase offensiva mi piacerebbe avere il predominio del gioco, ma non sempre alleni squadre che hanno questa caratteristica. E tutti mi chiedono perché la mia squadra attuale non è come il Napoli del 2018… Perché ha caratteristiche completamente diverse. Noi allenatori dobbiamo sì avere un’idea di calcio, ma dobbiamo anche essere a disposizione nell’esaltare le qualità dei giocatori che abbiamo, altrimenti rischiamo di tirare di fuori i difetti e mascherare i pregi».

TANTI CAMBI ALLENATORE IN SERIE A – «Non è che sia un gran segnale. Vuol dire che a tanti allenatori è concesso poco tempo. Una volta Klopp disse: ‘Chi giudica un allenatore dopo un solo anni di lavoro non capisce niente di calcio’. Qui si giudica dopo tre partite. Il ciclo lungo in Italia è sempre stato difficile, è riuscito a sconfiggerlo solo Gasperini. Però solo in un ciclo lungo tiri fuori veramente un modo di fare calcio. L’Atalanta è un esempio di come ormai una città intera viva di quella mentalità. Questo in Italia purtroppo è difficile, ma sono le storie più belle di calcio. Il Manchester United con Sir Alex Ferguson, il Liverpool con Klopp, il City con Guardiola… Sono quegli allenatori che poi hanno inciso non solamente nel modo di fare calcio, ma nel modo di pensare di un intero ambiente e di un’intera tifoseria che probabilmente innescano poi cose più importanti. In Italia è tutto più difficile».

VISIONE EUROPEA – «Non so di chi sia questo sport, penso che sia di chiunque abbia delle idee che poi diventano efficaci. In Italia si sta lanciando un messaggio, in Europa se ne sta lanciando un altro un po’ diverso. O perlomeno, i risultati vanno in una direzione un po’ diversa. In Italia si dice che il calcio moderno sia quello fatto dall’uomo contro uomo, soprattutto nella fase difensiva, ma in Europa poi il predominio è principalmente di squadre che difendono guardando la palla e che hanno tante qualità di palleggio. A livello di nazionali, mi riferisco al Portogallo e alla Spagna; a livello di club, al Paris Saint-Germain. Diciamo che i messaggi non sono univoci in questo momento».

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